Il parto in ambulanza: è cambiato qualcosa con la chiusura dei punti nascita più isolati?
Il soccorritore è preparato per assistere un parto in ambulanza? Un questionario aiuterà a capire meglio la conoscenza delle situazioni e la gestione delle criticità, dopo la riforma che ha chiuso i punti nascita periferici.
Nei mesi scorsi si è polemizzato molto sulla chiusura dei punti nascita nelle aree remote dell’Italia. Diversi paesi periferici che hanno sempre svolto la funzione di centro sanitario di riferimento, si sono visti togliere i reparti di maternità, ostetricia e neonatologia. Il motivo? Una semplice quanto importante statistica: le realtà che effettuano meno di 500 parti l’anno sono più a rischio e possono offrire meno sicurezza al nascituro, rispetto agli ospedali che hanno un numero maggiore di partorienti da gestire. Questo discorso è valido – a livello statistico – sia per la gestione del parto che per le eventuali complicazioni del neonato o della madre.
In un territorio complesso come quello italiano però la scelta di chiudere i punti nascita ha portato polemiche, per un sospetto aumento delle potenziali emergenze ostetriche o neonatali da gestire in ambulanza. Una situazione non semplice da affrontare, che deve essere indagata al meglio, anche per capire quante competenze e conoscenze hanno gli operatori del soccorso pre-ospedaliero rispetto alla possibilità di curare in modo appropriato una mamma e il suo futuro bimbo.
Per questo motivo presso l’Università degli Studi di Padova è stata approntata una tesi di ricerca nel corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia, per indagare con precisione “l’attuale capacità di risposta del servizio di emergenza territoriale (118) in occasione di emergenze ed urgenze ostetriche e neonatologiche a seguito dell’applicazione delle direttive del Decreto Ministeriale 70 (riorganizzazione dei punti nascita a livello nazionale)”.
Come è stato più volte dichiarato, l’obiettivo del provvedimento è quello di garantire alla donna gravida ed al suo bambino la migliore assistenza sanitaria possibile all’interno della struttura sanitaria più appropriata. Come? Mediante un regolamento che definisce nuovi standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ostetrico/neonatale ospedaliera nella sua globalità.
Manca però un occhio a quanto serve “fuori” dall’ospedale, soprattutto in quelle aree dove ci vogliono fra i 30 ed i 60 minuti di viaggio in ambulanza per raggiungere il reparto maternità.
Il questionario creato dal laureando Filippo Fabio Barbieri – con il supporto del relatore Nicola Bortoli del SUEM118 di Venezia – è rivolto a tutto il personale extra-ospedaliero (medici, infermieri e volontari). Personale professionista e volontario che viene coinvolto nel complesso sistema del soccorso sanitario territoriale in modi differenti. I dati raccolti sono anonimi e verranno utilizzati esclusivamente per lo svolgimento dello studio clinico.
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