Infezioni: rischio nel bambino oncoematologico. Cos’è la neutropenia ?
Bambino oncoematologico e infezioni : nei pazienti pediatrici affetti da patologie oncoematologiche le difese immunitarie risultano essere alterate, aumenta così il rischio di infezioni
Il bambino e il ragazzo affetti da una malattia di tipo oncoematologico presentano spesso una ridotta funzionalità del sistema immunitario
Per questa fragilità, sono maggiormente esposti al rischio di contrarre un’infezione.
Questa condizione di deficit immunologico viene determinata dalla malattia stessa oltre e dai trattamenti chemio-immuno-radioterapici utilizzati per la cura.
In questa tipologia di pazienti le infezioni costituiscono un pericolo potenzialmente letale ed è pertanto necessario cercare di prevenirle al meglio.
I globuli bianchi rappresentano la prima linea di difesa dell’organismo contro batteri, virus e funghi. Ne esistono diversi sottotipi, di cui i neutrofili e i linfociti sono senz’altro i più importanti.
I linfociti sono responsabili soprattutto della difesa nei confronti di virus e funghi.
Se il loro numero si riduce (linfopenia) aumenta il rischio di infezioni o riattivazioni virali e fungine, come da:
- Virus respiratori di tipo influenzale;
- Cytomegalovirus (CMV);
- Virus di Epstein-Barr (EBV);
- Herpes virus tipo 6 (HHV6).
Il rischio è decisamente più elevato nei pazienti con malattia ematologica o sottoposti a trapianto di midollo osseo.
I neutrofili invece sono globuli bianchi particolarmente attivi nei confronti delle infezioni batteriche.
La loro riduzione per valori inferiori a 500 cell/µL (neutropenia) espone ad un rischio infettivo, che può manifestarsi con quadri clinici variabili da lievi a molto gravi (shock settico).
Le infezioni da funghi (tipicamente da Candida e da Aspergillo) sono invece più frequentemente riscontrate in soggetti che vanno incontro a periodi prolungati di linfopenia e neutropenia.
È da sottolineare comunque che nella maggior parte dei casi di neutropenia febbrile non è possibile isolare il germe responsabile.
La comparsa di febbre in corso di neutropenia è un’evenienza molto comune, che si manifesta in circa un terzo dei pazienti.
La febbre viene definita come:
- Il singolo riscontro di una temperatura ascellare superiore o uguale a 38.3°C;
- Una temperatura superiore o uguale a 38°C che perdura per più di un’ora o che viene rilevata almeno due volte nell’arco di 12 ore.
Questa condizione viene considerata una vera e propria urgenza medica nei bambini e nei ragazzi oncoematologici perché deve essere ritenuta, fino a prova contraria, segno di un’infezione.
Data la ridotta reattività del sistema immunitario, gli altri sintomi tipici di infezione possono essere assenti e la febbre può costituire l’unico campanello d’allarme.
Inoltre, per la scarsa efficacia dei meccanismi di difesa, germi che per gli individui immunocompetenti sono considerati innocui/poco aggressivi nel paziente neutropenico possono condurre a quadri di infezione anche grave.
Esistono altri fattori che contribuiscono all’aumento della suscettibilità alle infezioni nei pazienti oncoematologici, tra cui i più importanti sono l’interruzione delle barriere cutanee e mucose (orali, gastrointestinali, ecc.) e la traslocazione microbica gastrointestinale.
L’alterazione delle barriere naturali, quali la cute e le mucose, danneggiate e rese fragili dai trattamenti chemio o radioterapici, dall’infiltrazione tumorale o dagli interventi chirurgici, crea infatti una potenziale porta d’ingresso per i microrganismi patogeni.
Anche le procedure invasive, necessarie a fini diagnostici e terapeutici (inserimento di cateteri venosi centrali o ago-cannule, aspirati midollari, punture lombari, biopsie, ecc.) possono favorire la penetrazione di germi nell’organismo.
Fattore di rischio aggiuntivo da considerare è la malnutrizione: tentare di mantenere un adeguato stato nutrizionale nei pazienti in corso di trattamento oncologico è da considerarsi un obiettivo prioritario ai fini di un buon outcome.
In caso di comparsa di febbre, specialmente nelle fasi di neutropenia, è sempre opportuno contattare il medico oncoematologo, specialmente se il rialzo termico si associa ad uno dei seguenti sintomi:
- Stanchezza o debolezza eccessive;
- Dolori muscolari;
- Tosse e/o difficoltà respiratoria;
- Rossore o tumefazione (gonfiore) calda della cute;
- Dolore addominale, diarrea, vomito;
- Afte e ulcerazioni del cavo orale (mucosite);
- Stato confusionale o disorientamento.
Con il medico verrà concordata l’urgenza con cui condurre il paziente in ospedale, perché sia visitato.
Contestualmente alla valutazione clinica, nel bambino oncoematologico verranno generalmente eseguiti
- Esami ematochimici di controllo;
- Esami microbiologici su sangue (prelevato da catetere venoso centrale e da vena periferica) e su qualunque altro materiale prelevato dal sito dove si sospetta l’infezione (urina, feci, liquor, espettorato o catarro, secrezioni di lesioni cutanee, etc.);
- Radiografia del torace, in particolare in caso di presenza di sintomi respiratori. In casi selezionati viene anche eseguita una Tomografia Computerizzata (TC) del torace;
- Ecografia addominale, se sono presenti anche sintomi gastrointestinali;
- Ecocardiogramma, se sono presenti segni di instabilità emodinamica o se si sospetta un’infezione del catetere venoso centrale.
La terapia della febbre in corso di neutropenia si basa sul presupposto che essa sia il segno di un’infezione in atto
Poiché non è immediatamente né sempre possibile isolare l’organismo responsabile, il trattamento prevede l’impiego di farmaci antinfettivi ad ampio spettro, somministrati per via endovenosa, allo scopo di agire sulla maggiore gamma possibile di agenti infettivi.
Il trattamento viene di solito continuato fino alla risalita dei valori dei neutrofili e fino ad almeno 24 ore dalla scomparsa della febbre.
La terapia può essere rimodulata successivamente e gli esami microbiologici consentono di isolare uno specifico germe o quando la febbre periste nonostante il trattamento impostato.
Nel caso in cui invece la febbre non si associa a sintomi clinici di allarme o il paziente non sia neutropenico, l’atteggiamento terapeutico potrà essere meno “aggressivo” e basarsi su una terapia per bocca e un’attenta essere osservazione a domicilio.
Non esistono, al momento, studi che abbiano dimostrato l’efficacia di terapie antibiotiche preventive nei pazienti oncoematologici, ad eccezione della profilassi con sulfametoxazolo+trimetoprim (BACTRIM®).
Quest’ultima consente di prevenire l’infezione polmonare opportunistica da Pneumocystis jirovecii e viene indicata per tutta la durata del trattamento chemio o radioterapico.
Di comprovata efficacia sono invece le profilassi antifungine, per i pazienti che, come detto, vanno incontro a prolungati periodi di linfo/neutropenia.
In corso di neutropenia può essere associato l’utilizzo di fattore di crescita granulocitario (G-CSF), farmaco che non riduce l’incidenza di complicanze infettive, ma promuove una più rapida risalita dei valori dei neutrofili.
Questo farmaco può essere somministrato per via endovenosa o sottocutanea, mediante un dispositivo utilizzabile autonomamente anche a domicilio.
Le misure più efficaci per prevenire le infezioni restano quelle legate a un’attenta igiene del paziente, delle persone che lo accudiscono e dell’ambiente.
Tali misure comprendono:
- Il lavaggio frequente delle mani (con gel igienizzanti o, se visibilmente sporche, con acqua e sapone per almeno 15 secondi
- L’accurata e quotidiana igiene personale e orale;
- L’evitamento di luoghi affollati e chiusi;
- L’evitamento del contatto diretto con persone che presentano sintomi di raffreddore o di influenza;
- L’evitamento di cibi crudi, non pastorizzati, non accuratamente lavati e sbucciati o non adeguatamente conservati;
- L’evitamento del contatto stretto e continuo con animali, domestici e non;
- La medicazione settimanale del punto di inserzione del catetere venoso centrale (realizzata in sterilità da personale infermieristico esperto);
- Il rinvio di qualsiasi procedura odontoiatrica elettiva;
- La vaccinazione delle persone che vivono a stretto contatto con il paziente (specialmente anti-influenzale e anti-COVID).
Le complicanze infettive nei bambini e nei ragazzi affetti da neoplasia costituiscono senza dubbio una delle variabili più frequenti e preoccupanti in oncoematologia pediatrica.
La disponibilità di farmaci antinfettivi sempre più efficaci e la possibilità di eseguire una diagnosi mirata e precoce garantiscono, nella maggior parte dei casi, di attuare una terapia efficace e risolutiva, consentendo di proseguire, nei tempi stabiliti, i trattamenti necessari alla cura della malattia di base.
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