Ipertensione polmonare persistente nel neonato: trattamento, prognosi, mortalità
Con “ipertensione polmonare persistente del neonato” o semplicemente “ipertensione polmonare persistente” (in inglese “Persistent Pulmonary Hypertension” da cui l’acronimo “PPH” o “Persistent Pulmonary Hypertension of the Newborn” da cui l’acronimo “PPHN“) è un disturbo respiratorio neonatale caratterizzato da restringimento delle arterie polmonari nel neonato dopo la nascita, con riduzione del flusso ematico ai polmoni e, quindi, dei livelli di ossigeno in circolo
Il trattamento della ipertensione polmonare persistente del neonato si focalizza su due punti fondamentali:
- riduzione delle resistenze vascolari polmonari (PVR);
- aumento delle resistenze sistemiche vascolari (SVR).
Tale manovra dovrebbe portare alla riduzione dello shunt destro-sinistro e ad un aumento del flusso ematico polmonare.
Alcuni neonati possono rispondere in modo favorevole alla supplementazione di ossigeno (ossigenoterapia), ma la maggior parte di essi necessita di essere intubati e della ventilazione assistita.
Il trattamento prevede il collocamento del neonato in un ambiente con ossigeno al 100%.
È possibile per vari giorni aggiungere all’ossigeno inalato dal neonato una piccolissima concentrazione di ossido di azoto che causa vasodilatazione delle arterie polmonari e riduce l’ipertensione polmonare.
L’obiettivo principale della ventilazione assistita nel trattamento della PPHN è quello di provocare una alcalosi respiratoria.
L’alcalosi respiratoria causata dalla iperventilazione dovrebbe, a sua volta, portare alla dilatazione vascolo-polmonare allorquando il pH supera 7.50.
Il mediatore di tale effetto di riduzione delle PVR sembra essere la concentrazione degli idrogenioni e non la PaCO2.
Al ridursi delle PVR, si riduce quindi il flusso ematico attraverso il dotto arterioso pervio (PDA) ed aumenta il flusso polmonare.
Il neonato agitato e non adattato al ventilatore meccanico, può manifestare periodi di ipossia che possono peggiorare lo shunt destro-sinistro.
In tali casi, è consigliabile la paralisi farmacologica dei muscoli respiratori e la sedazione.
L’impiego dei bloccanti neuromuscolari non è comunque universalmente accettato, per cui alcuni centri trattano la PPHN senza ricorrere alla paralisi muscolare.
Al neonato con PPHN possono essere somministrati liquidi e farmaci antibiotici in caso di infezione batterica.
Il trattamento farmacologico della PPHN può, inoltre, includere la tolazolina, farmaco potenzialmente in grado di provocare vasodilatazione polmonare.
La tolazolina è un β-bloccante adrenergico con effetto istamino-simile ed effetto vasodilatatore diretto.
Purtroppo, l’impiego della tolazolina nel trattamento di pazienti con ipertensione polmonare persistente ha fornito risultati contrastanti
La tolazolina non è un vasodilatatore polmonare selettivo, per cui può ridurre sia la pressione arteriosa sistemica che quella polmonare.
Se le pressioni sistemiche vengono ridotte più di quelle polmonari, è possibile addirittura un aumento dello shunt destro-sinistro.
L’impiego clinico della tolazolina è limitato anche dalle sue complicanze che comprendono l’ipotensione ed il sanguinamento gastro-enterico.
Tale farmaco può, inoltre, causare arrossamenti cutanei per una significativa vasodilatazione cutanea.
La severa ipotensione sistemica dei pazienti con PPHN deve essere trattata tempestivamente in quanto essa tende ad aumentare il gradiente pressorio tra l’arteria polmonare e l’aorta e quindi ad aumentare il flusso ematico attraverso il dotto arterioso.
Per correggere l’ipotensione vengono utilizzati farmaci come la dopamina.
Ventilazione ad alta frequenza
Per il trattamento della PPHN è stata anche utilizzata la ventilazione ad alta frequenza.
Essa viene più comunemente utilizzata nei neonati con passaggio di aria attraverso il parenchima e comparsa di enfisema interstiziale.
Il ruolo della ventilazione ad alta frequenza nel trattamento della PPHN non è stato comunque ancora chiarito.
ExtraCorporeal Membrane Oxygenation (ECMO)
L’ossigenazione extra-corporea a membrana (in inglese ExtraCorporeal Membrane Oxygenation da cui l’acronimo ECMO) costituisce una importante (in molti casi salvavita) alternativa terapeutica nel trattamento dei pazienti affetti da PPHN quando falliscono le metodiche terapeutiche convenzionali.
L’ECMO artero-venosa è un metodo attraverso cui il sangue del neonato viene prelevato, mediante un catetere venoso, e quindi fatto ossigenare attraverso un ossigenatore a membrana che ovviamente elimina anche l’anidride carbonica.
Dopo che il sangue si è ossigenato, esso viene riscaldato e reinfuso nel sistema arterioso del paziente.
Come constatato più volte dal nostro staff, tale tecnica può letteralmente salvare la vita a neonati affetti da forme severe di PPHN, in quanto consente una adeguata ossigenazione ed una riduzione delle PVR.
L’ECMO può essere indicata in presenza di segni prognostici sfavorevoli quali una P (A-a) O2 superiore a 600 mmHg che persiste per 12 ore.
La prognosi di una ipertensione polmonare persistente è molto varia in base a molte caratteristiche della patologie e del neonato
Fattori prognostici negativi per l’ipertensione polmonare persistente del neonato, sono:
- bambino nato molto prematuro e con basso peso;
- grave sofferenza fetale durante il parto (ad esempio per una sindrome da aspirazione di meconio, frequente nel nato post-termine o nel nato a termine con parto cesareo senza travaglio);
- sindrome da distress respiratorio;
- tachipnea transitoria del neonato (sindrome del polmone umido neonatale);
- infezione del feto (sepsi del neonato);
- displasia broncopolmonare;
- parto difficile e laborioso;
- ipoplasia polmonare;
- aplasia polmonare;
- grave insufficienza respiratoria;
- malformazioni vascolari e/o polmonari;
- basso indice di Apgar;
- sindrome asfittica intrauterina;
- malattie neurologiche;
- altre patologie: cardiovascolari, polmonarie e/o sistemiche.
La presenza di grave distress respiratorio e di grave displasia broncopolmonare è una complicanza che peggiora molto la prognosi.
Un eventuale interessamento neurologico (frequente nel caso in cui si sia verificata una sindrome asfittica intrauterina) influenza significativamente la prognosi finale del paziente, andando in genere aumentare sia la mortalità, sia la possibilità che l’ipertensione polmonare persistente possa lasciare delle sequele neurologiche anche gravi, debilitanti e persistenti.
La mortalità dei neonati colpiti da ipertensione polmonare persistente del neonato è circa il 10-60%
L’ampia variabilità percentuale dipende essenzialmente dalla causa a monte dell’ipertensione polmonare persistente.
La morte in genere sopraggiunge per insufficienza respiratoria.
Sequele
Circa il 25% dei sopravvissuti ad una ipertensione polmonare persistente del neonato evidenzia:
- ritardi dello sviluppo;
- ritardo mentale di varia entità;
- deficit neurologici motori e/o sensitivi;
- una combinazione delle precedenti.
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