Ipertrofia prostatica benigna: definizione, sintomi, cause, diagnosi e trattamento
L’ipertrofia prostatica benigna (IPB), anche detta iperplasia prostatica benigna o adenoma prostatico, consiste nell’aumento di volume della ghiandola prostatica
Si tratta di un ingrossamento di tipo benigno fisiologico tipico dell’avanzare dell’età.
La crescita della ghiandola può verificarsi già intorno ai 40 anni ma trattandosi di un fenomeno lento e progressivo l’esordio dei sintomi si colloca nella maggior parte dei casi verso i 50 anni.
Interessa circa la metà degli uomini sopra i 50 anni fino al 60-70% degli uomini sopra i 70 anni.
Pur trattandosi di un aumento di dimensioni di tipo benigno, rappresenta comunque una condizione clinica da non sottovalutare in quanto, se trascurata o non trattata, oltre a problemi di natura minzionale può avere ripercussioni importanti anche sulla funzionalità vescicale e renale.
Che cos’è la prostata
La prostata è una ghiandola esocrina dell’apparato genito-urinario maschile avente le dimensioni di una castagna situata al di sotto della vescica e anteriormente al retto.
Contribuisce alla produzione del liquido seminale in quanto secerne il liquido prostatico.
Il liquido prostatico rappresenta circa il 20-40% dell’eiaculato ed ha diversi compiti:
- creare un ambiente favorevole agli spermatozoi
- mantenere fluido lo sperma
- ridurre l’acidità delle secrezioni vaginali migliorando, a tale livello, la sopravvivenza e motilità degli spermatozoi
Cause dell’ingrossamento della prostata
La prostata ha dimensioni pari a quelle di una castagna, ma tende a crescere con il passare degli anni.
La crescita della ghiandola è causata da uno squilibrio di tipo ormonale che determina una variazione del rapporto tra androgeni ed estrogeni ed è responsabile di un’aumentata proliferazione cellulare che a sua volta provoca un ingrossamento della ghiandola.
Ciò determina una progressiva compressione dell’uretra (canale che nell’uomo consente il passaggio di urine dalla vescica all’esterno attraverso il pene) che ostacola il fisiologico flusso di urine e causa un’ostruzione urinaria, responsabile della sintomatologia minzionale lamentata dal paziente.
Inoltre, il ristagno di urine in vescica può dar luogo ad altre problematiche come infezioni delle vie urinarie (IVU), calcolosi vescicale fino a quadri più gravi come la compromissione della funzione renale.
Sintomi dell’iperplasia prostatica benigna
Essendo legato all’avanzare dell’età, l’ingrossamento della prostata è graduale e per questo anche i sintomi ad esso associati solitamente sono sfumati nelle fasi iniziali per poi peggiorare progressivamente.
Molte volte l’aumento delle dimensioni della ghiandola prostatica può non essere percepito finché non si verificano importanti problemi nella minzione.
I sintomi che possono presentarsi in chi soffre di ipertrofia prostatica benigna sono
- getto urinario debole, intermittente , filiforme
- esitazione minzionale ( attesa prima dell’inizio della minzione nonostante presenza di stimolo minzionale)
- tempo di minzione prolungato
- difficoltà a svuotare completamente la vescica
- bisogno impellente di urinare (urgenza minzionale)
- un’aumentata frequenza minzionale (pollachiuria)
- necessità di urinare di notte (nicturia)
- gocciolamento al termine della minzione
- minzione dolorosa
- perdite involontarie di urine (incontinenza urinaria)
- impossibilità minzionale (ritenzione urinaria) fino alla cateterizzazione vescicale
Altri sintomi possono essere:
- ematuria, cioè presenza di sangue nelle urine
- emospermia, presenza di sangue nel liquido seminale
- disturbi della sfera sessuale
La diagnosi dell’ipertrofia prostatica benigna
La comparsa di una sintomatologia minzionale deve spingere il paziente a rivolgersi ad uno specialista urologo per effettuare una visita urologica.
Strumenti utili allo specialista per la diagnosi di ipertrofia prostatica benigna e per la cura sono :
- anamnesi: cioè la storia clinica del paziente, sia quella relativa alla problematica minzionale per cui si giunge a visita sia quella relativa ad altre patologie per le quali il paziente o assume terapie o è stato sottoposto ad interventi chirurgici;
- esame obiettivo del paziente: parte della visita urologica è l’esplorazione rettale della prostata. Inserendo un dito nel retto del paziente, l’urologo potrà valutare la forma, le dimensioni e la consistenza della prostata, eventuale dolore alla palpazione prostatica ed eventuali zone sospette per neoplasie maligne;
- dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico) : prelievo di sangue che dosa un marcatore prodotto dalla prostata. È un marcatore organo specifico ma non tumore specifico. Ciò significa che alterazioni di questo parametro possono verificarsi sia in presenza di una patologia tumorale della prostata sia in presenza di una ipertrofia prostatica benigna, di una prostatite (processo infiammatorio a carico della prostata). Fondamentale è quindi per una sua corretta valutazione, la sua lettura da parte dell’urologo;
- ecografia dell’apparato urinario: esame non invasivo da eseguire a vescica piena, può essere utile per valutare lo stato dell’apparato urinario (reni e vescica) ed avere informazioni sulle dimensioni, ecostruttura e modalità di crescita della ghiandola prostatica. Si invita poi il paziente ad urinare e si ripete l’ecografia della vescica per valutare l’eventuale residuo post-minzionale (RPM), per stabilire cioè se al termine della minzione residuano urine in vescica;
- uroflussometria: test diagnostico non invasivo che consente di studiare il flusso urinario del paziente ed evidenziare un problema funzionale a carico delle basse vie urinarie. Il paziente urina in uno strumento apposito che somiglia ad un normale water, chiamato uroflussimetro che registra la minzione dall’inizio alla fine e ne misura parametri quali: volume di urine prodotto, velocità di flusso urinario e tempo per effettuare la minzione. Al termine dell’esame si valuta poi il residuo post-minzionale (RPM);
- IPSS (International Prostatic Symptoms Score): si tratta di un questionario universalmente accettato ed utilizzato come strumento per valutare in maniera oggettiva i disturbi urinari legati all’ipertrofia prostatica benigna in modo da valutare l’entità della sintomatologia;
- esame urodinamico: esame invasivo che si avvale dell’utilizzo di un catetere vescicale e di una sonda endorettale, indicato in alcuni pazienti affetti da ipertrofia prostatica benigna quando è necessario studiare il ciclo minzionale e il funzionamento della muscolatura vescicale;
- Risonanza magnetica multiparametrica della prostata e/o biopsia prostatica: esami che vengono richiesti dallo specialista nel caso in cui emerga nel corso della visita il sospetto di un cancro della prostata.
Come si cura l’IPB
La terapia dell’ipertrofia prostatica benigna dipende da diversi fattori sia legati alla severità dei sintomi del basso tratto urinario sia legati a complicanze della patologia stessa come calcolosi vescicale, infezioni urinarie ricorrenti , ritenzione urinaria fino alla cateterizzazione vescicale e deterioramento della funzionalità renale.
Gli approcci per la cura dell’ipertrofia prostatica benigna sono fondamentalmente di due tipi: medico e chirurgico
L’approccio medico rappresenta il primo trattamento che viene proposto ai pazienti affetti da IPB e si avvale sia di farmaci cosiddetti “sintomatici” sia di farmaci che inibiscono la proliferazione cellulare prostatica quali gli inibitori delle 5-alfa reduttasi.
I “farmaci sintomatici” determinano un miglioramento della sintomatologia del paziente senza avere effetti sulla crescita della ghiandola prostatica.
Ne consegue che il paziente urinerà meglio ma l’ingrossamento prostatico non viene rallentato.
I farmaci sintomatici appartengono a due classi di farmaci : gli alfa-litici e gli antagonisti dei recettori muscarinici.
La scelta dipende dal tipo di sintomatologia da cui il paziente è affetto.
Gli inibitori della 5-alfa reduttasi invece rallentano la crescita della prostata.
I loro effetti sono meno immediati rispetto ai sintomatici e si palesano dopo alcuni mesi di terapia.
Il ricorso a questo tipo di farmaci dipende oltre che dalla sintomatologia del paziente anche dalle dimensioni della prostata.
Spesso la terapia medica si avvale di una combinazione di farmaci sintomatici e degli inibitori della 5-alfa reduttasi.
Si ricorre invece alla chirurgia quando la terapia medica non è sufficiente a gestire la sintomatologia del paziente, quando il paziente non tollera la terapia medica o quando nonostante la terapia compaiono complicanze dell’ipertrofia prostatica benigna.
L’obiettivo dell’intervento chirurgico è quello di rimuovere la porzione di prostata (adenoma prostatico) responsabile dell’ostruzione urinaria.
Non viene quindi rimossa tutta la prostata ma solo la parte ostruttiva.
Ciò significa che, anche dopo l’ intervento, il paziente dovrà continuare a eseguire dei controlli periodici della prostata poiché, non asportando tutta la ghiandola, il rischio di un cancro alla prostata è presente anche dopo l’intervento.
Il tipo di intervento a cui il paziente sarà sottoposto (endoscopico, a cielo aperto, laser) varia da paziente a paziente e tiene conto di vari aspetti tra cui le dimensioni della prostata, patologie di cui il paziente è affetto, terapie che assume, precedenti interventi chirurgici etc etc…
L’IPB è una condizione fisiologica legata all’avanzare dell’età che può colpire gli uomini già a partire dai 40-45 anni e consiste nell’ingrossamento di tipo benigno della prostata.
In base ai disturbi da essa provocati, può essere necessario il ricorso ad una terapia medica o chirurgica.
Sarebbe opportuno rivolgersi all’urologo prima della comparsa dei sintomi a scopo preventivo o comunque nel momento in cui si presentano in modo da gestire la patologia prostatica adeguatamente e prevenirne le complicanze.
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