La carenza di personale fa male? A Torino il caposala finisce in neurologia
E’ forte l’attenzione per i problemi di personale collegati ai picchi di accesso ai Pronto Soccorso dopo il terribile caso avvenuto a Torino, all’Ospedale Martini. Il caposala del reparto, 43 anni, dopo un estenuante turno di 12 ore è stato ricoverato con un aneurisma alla Città della Salute, dove è ancora attualmente ricoverato, secondo quanto si apprende da Repubblica Torino.
Dopo 12 ore di lavoro al pronto soccorso dell’ospedale Martini, intasato sin dal mattino con 40 pazienti in barella, ha avuto un’emorragia cerebrale. Pierangelo Bozzetto, 43 anni, è caposala all’ospedale di via Tofane e per tutto il giorno ieri ha lavorato a ritmi frenetici. È entrato in servizio alle otto del mattino, ne è uscito molto provato alle 19. È andato a casa, ma si è sentito male ed è tornato al pronto soccorso, dove i medici hanno diagnosticato un aneurisma. È stato portato di corsa alla Città della Salute, dove è attualmente ricoverato in neurologia. Ieri, alle 14, i sindacati hanno chiamato la direzione dell’ospedale Martini per segnalare la situazione di emergenza. «Nel pomeriggio tutti i medici erano mobilitati – raccontano sindacalisti e infermieri – gli infermieri in servizio erano otto, cento le persone in fase di ricovero». Da giorni la sanità torinese è in pesante affanno per i picchi dell’influenza e, secondo i sindacati, per i tagli indiscriminati di medici e personale ospedaliero
“Siamo davvero sconvolti per quello che è accaduto – affermano Claudio Delli Carri, segretario del Nursing Up Piemonte, Franco Cartellà della Cgil Città della Salute, e Michele Cutrì della Uil Città della Salute – In molti conoscono il collega che si è sentito male, si tratta di un’ottima persona e di un gran professionista. A lui va tutta la nostra vicinanza, siamo al suo fianco. Siamo, però, anche molto arrabbiati e non possiamo non reagire di fronte a una situazione inaccettabile”. “Abbiamo ripetuto e ripetuto alla Regione che le assunzioni vanno sbloccate – aggiungono i sindacalisti – che la carenza di personale accoppiata a volumi e carichi di lavoro sempre più gravosi avrebbero potuto generare effetti drammatici. Oggi, anche se ancora non vi è una certezza assoluta sulle cause del malore del collega, suona l’ultimo campanello d’allarme. Perchè tutti sappiamo che operare in queste condizioni espone i professionisti a rischi enormi che si ripercuotono anche sui pazienti incidendo sulla loro salute”.