La pandemia Covid-19 e l’emergenza dell’antibiotico-resistenza
Covid-19 e antibiotico-resistenza: secondo gli esperti l’eccessivo e scorretto utilizzo degli antibiotici durante la prima fase della pandemia ha provocato un aumento dei batteri resistenti agli antibiotici. Ecco come intervenire da subito
Abbiamo creato gli antibiotici meno di un secolo fa, ma oggi rischiamo che il loro cattivo utilizzo porti all’effetto contrario per cui erano stati inventati: non più sconfiggere con successo i batteri, ma renderli più forti e resistenti, dei super batteri.
Stiamo parlando del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, una minaccia silenziosa che si stima rientrerà tra le prime 10 cause di morte al mondo a partire dal 2050.
Già oggi sono 33 mila i decessi causati ogni anno in Europa da batteri resistenti agli antibiotici e circa un terzo di questi riguardano proprio l’Italia, che è il paese che sta pagando al momento il prezzo più alto.
Durante la pandemia di Covid-19, purtroppo, il fenomeno dell’antibiotico-resistenza ha subito una drastica accelerazione, che osserveremo però nella sua interezza solo nei prossimi mesi.
Che cos’è l’antibiotico-resistenza, che ruolo ha nella malattia da Covid-19?
L’antibiotico-resistenza è la capacità dei batteri di sopravvivere alla presenza di antibiotici in concentrazioni che di norma sono sufficienti per eliminarli o diminuire la loro azione dannosa a carico dell’organismo.
Questa capacità emerge in modo naturale, per adattamento evolutivo, in un ambiente ricco di antibiotici: saranno i ceppi batterici che hanno acquisito questa capacità, tramite mutazioni del loro DNA, a dominare e diffondersi a discapito degli altri.
Il fenomeno diventa preoccupante quando gli antibiotici vengono usati eccessivamente e male, e non solo per curare le malattie umane.
Tra i principali responsabili della situazione in cui ci troviamo ci sono infatti gli allevamenti intensivi, dove per controllare la diffusione delle infezioni è necessario l’impiego massiccio di antibiotici, che poi finiscono nella catena alimentare e nell’ambiente.
Ma se in campo veterinario le regolamentazioni sono diventate più stringenti e l’uso più attento, la stessa cosa non è accaduta in ambito medico, dove l’utilizzo delle terapie antibiotiche è ancora troppo spesso approssimativo: gli antibiotici vengono a volte prescritti inutilmente e assunti in modo inappropriato.
L’antibiotico-resistenza durante la pandemia Covid-19
Durante la pandemia di Covid-19 abbiamo assistito a una preoccupante escalation di questo fenomeno.
Di fronte a una malattia nuova, di cui conoscevamo ancora relativamente poco, sono stati messi in atto alcuni comportamenti che hanno impattato anche sulla diffusione dell’antibiotico-resistenza.
Innanzitutto l’affollamento degli ospedali e delle terapie intensive, ambienti ad alto rischio proprio perché ricchi di antibiotici e di pazienti in condizioni fragili.
E poi l’uso degli antibiotici per trattare i pazienti con le forme gravi della patologia, a volte nel dubbio di un’infezione batterica, che si fosse sovrapposta al Covid-19; altre volte direttamente come terapia sperimentale per il Covid-19, nella corsa per trovare farmaci efficaci tra quelli a disposizione.
È il caso, ad esempio, dell’azitromicina, testata nelle fasi iniziali della pandemia pur in assenza di risultati clinici preliminari: oggi sappiamo che non ha mostrato chiari benefici per la sopravvivenza dei pazienti ricoverati.
Una recente metanalisi, condotta su oltre 3000 pazienti Covid-19 ospedalizzati, ha inoltre mostrato che sebbene solo circa il 7% dei pazienti avesse un’infezione batterica, ben il 70% di loro aveva ricevuto almeno un antibiotico, per profilassi o per trattamento.
A questo, a livello globale, si aggiunge il fatto che le interruzioni o i ritardi nella somministrazione dei trattamenti per malattie quali tubercolosi ed HIV, ancora endemiche in molti paesi, porteranno alla selezione di ceppi resistenti ai farmaci, rischiamo di perdere anni di progressi.
L’impatto che la pandemia da Covid-19 ha avuto sulla diffusione di batteri multi-resistenti diventerà chiaro solo nei prossimi mesi, ma abbiamo buone ragioni per essere preoccupati.
Con o senza Covid-19, che cosa possiamo fare per combattere l’antibiotico-resistenza?
Microbiologi, farmacisti, medici del territorio, infettivologi, ma anche veterinari, ambientalisti, sociologi ed economisti: per arginare l’emergenza dell’antibiotico-resistenza è necessario un approccio trasversale.
Secondo la visione olistica “One Health”, riconosciuta come strategia efficace dal Ministero della Salute Italiano e da tutti gli organismi internazionali più importanti, in un sistema interconnesso come il nostro i problemi sanitari devono essere affrontati in modo integrato in tutti i loro aspetti.
La salute, in particolar modo quando si tratta di malattie infettive, deve essere raggiunta nella popolazione umana e anche negli altri sistemi, come l’allevamento intensivo e l’ambiente.
E, cosa fondamentale, devono essere coinvolti tutti gli attori del processo.
Purtroppo ogni volta che utilizziamo degli antibiotici, una minima parte di batteri capaci di resistere alla loro azione sopravvivono e approfittano dell’eliminazione dei batteri sensibili per proliferare.
Ecco perché è fondamentale utilizzare gli antibiotici correttamente: è una duplice responsabilità, non solo verso se stessi, per curarsi al meglio, ma verso la collettività, per non mettere a rischio la salute di tutti, specialmente di chi è più fragile.
Per approfondire:
Scoperto come i batteri si difendono dagli antibiotici: ce lo spiegano i ricercatori australiani
Simit: “Antibiotico-resistenza possibile prima causa di morte nel 2050”