La prima gamba bionica comandata dal cervello
Un gruppo di ricercatori ha creato un’interfaccia che collega direttamente la protesi al sistema nervoso del paziente
Un traguardo storico per la medicina riabilitativa. Un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT), in collaborazione con il Brigham and Women’s Hospital, ha compiuto un’impresa che segna una svolta epocale nel campo delle protesi: la creazione della prima gamba bionica controllata esclusivamente dal cervello.
Come funziona la nuova protesi?
La chiave di questa innovazione risiede in una sofisticata interfaccia che collega direttamente la protesi al sistema nervoso del paziente. Grazie a un particolare intervento chirurgico, i ricercatori sono riusciti a ripristinare la comunicazione tra i muscoli del moncone e il cervello, consentendo così un controllo intuitivo e naturale dell’arto artificiale. “Nessuno è stato in grado di mostrare questo livello di controllo cerebrale che produce un’andatura naturale”, afferma Hugh Herr, coordinatore dello studio e lui stesso utilizzatore di protesi. “È il sistema nervoso umano a controllare il movimento, non un algoritmo di controllo robotico.”
I vantaggi della nuova protesi
I pazienti che hanno partecipato alla sperimentazione hanno dimostrato di poter muovere la protesi con una fluidità e una precisione mai raggiunte prima. Grazie a questa nuova tecnologia, è possibile:
- Camminare in modo più naturale e veloce: I pazienti hanno mostrato una velocità di deambulazione paragonabile a quella di una persona sana, superando ostacoli e adattandosi a diversi terreni con facilità
- Aumentare la qualità della vita: La possibilità di muoversi in modo più libero e naturale riduce significativamente i limiti imposti dall’amputazione, migliorando la qualità della vita dei pazienti
- Ridurre il dolore e l’atrofia muscolare: L’intervento chirurgico utilizzato per collegare la protesi al sistema nervoso contribuisce a ridurre il dolore e l’atrofia muscolare, spesso associati all’amputazione.
Un futuro di nuove prospettive
“Questo lavoro rappresenta un ulteriore passo avanti nel dimostrare ciò che è possibile fare per il ripristino della funzionalità nei pazienti che soffrono di gravi lesioni agli arti.” afferma Matthew Carty, chirurgo del Brigham and Women’s Hospital. Si tratta di una scoperta straordinaria che apre nuove prospettive per il trattamento delle amputazioni. In futuro, potrebbe diventare possibile sviluppare protesi sempre più sofisticate e personalizzate, in grado di restituire ai pazienti una qualità di vita sempre più vicina a quella di una persona sana. Un traguardo storico che apre la strada a un futuro sempre più inclusivo e accessibile per tutti.
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