L’apparente paradosso dei vaccinati positivi al Covid-19: storia di un inganno statistico
Vaccinati ma positivi al Covid: ecco perché i numeri della quarta ondata della pandemia confermano l’efficacia dei vaccini
Nel corso delle ultime settimane, sui social media e non solo, si è discusso molto del presunto aumento dei casi di positivi tra i vaccinati per Covid-19
Per molti questi casi dimostrerebbero che i vaccini stanno diventando meno efficaci nel proteggerci dal virus.
Per fortuna, però, si tratta solo di un apparente paradosso, un vero e proprio inganno statistico.
Del resto, se non sappiamo come leggerli, i numeri possono giocarci brutti scherzi.
Il fatto che i vaccinati positivi siano in crescita è normale: significa che la campagna vaccinale sta funzionando, che ci avviciniamo a una circolazione del virus nella popolazione endemica, ma normalizzata e che riusciremo a mantenere basso il numero di ricoveri e decessi.
Cerchiamo di capire perché insieme a Massimo Clementi, professore ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Vaccinati positivi al Covid? Un non sense: i vaccini sono un successo, lo dicono i numeri
Partiamo dalle statistiche sul vaccino, relative proprio ai casi Italiani, pubblicate di recente dall’Istituto Superiore di Sanità.
Secondo questi dati, il vaccino, se somministrato in modo completo (quindi dopo 2 dosi, se richiesto dal tipo di vaccino):
- riduce le diagnosi di Covid-19 di oltre l’88%
- riduce le ospedalizzazioni del 94%
- riduce gli ingressi in terapia intensiva del 97%
- riduce i decessi del 96%.
“I dati confermano che i vaccini a disposizione sono straordinariamente efficaci, non solo nel proteggerci dall’ospedalizzazione e quindi dalle forme gravi della malattia, ma anche dalle sintomatologie più lievi, come dimostra la riduzione della probabilità di diagnosi, ovvero di chiedere un tampone e ottenere risultato positivo – spiega Massimo Clementi -.
E, ancor più importante, questa efficacia è confermata anche nel caso della variante Delta di SARS-CoV-2.”
Essere positivi al Covid: il contagio nei vaccinati
Tutto ciò non esclude che chi è vaccinato possa contagiarsi e, anzi, il modo in cui il vaccino è somministrato (per via intramuscolare) fa sì che gli anticorpi in grado di riconoscere SARS-CoV-2 circolino nel sangue, ma non si trovino in sufficiente quantità nelle mucose delle vie respiratorie.
“Ciò significa che chi è vaccinato può comunque contrarre il virus, che riesce poi a compiere alcuni cicli di replicazione nelle alte vie respiratorie prima di venir intercettato dagli anticorpi – continua Clementi -.
Tutto questo, come dimostrano le percentuali di efficacia, avviene quasi sempre senza alcun sintomo nel vaccinato.
Per fortuna, però, i numeri ci dicono anche che chi è vaccinato, pur contraendo il virus, ha una ridotta probabilità di trasmetterlo a sua volta.”
Secondo gli ultimi dati a disposizione infatti la probabilità di un vaccinato di contagiare altre persone si riduce di almeno il 70% rispetto a quella di un non vaccinato (valore che raggiunge l’85% in alcuni studi, anche in base al tipo di vaccino). Insomma, non è vero che il vaccino protegge solo chi lo fa, ma tutta la comunità.
L’apparente paradosso dei positivi tra i vaccinati
Ma allora perché, se i vaccini continuano a funzionare così bene nel ridurre il rischio di ammalarsi e nel ridurre la circolazione del virus, il numero di positivi tra i vaccinati è in crescita?
La risposta alla domanda è quasi ovvia: perché è in crescita il numero delle persone vaccinate.
Se anche la probabilità di risultare positivo per un vaccinato è un decimo di quella di una persona non vaccinata, il numero totale di positivi giornalieri tra le fila dei vaccinati è destinato ad aumentare con l’aumento del totale dei vaccinati nella popolazione.
“Si potrebbe arrivare al punto (paradossale, ma solo in apparenza) in cui rimangono così pochi italiani non vaccinati che la maggior parte dei positivi al Covid-19 avranno fatto la vaccinazione.
Del resto se vaccinassimo tutta la popolazione, avremmo solo già vaccinati tra i positivi al coronavirus,” spiega Massimo Clementi.
“Lungi dall’essere una cattiva notizia, sarebbe la vittoria finale contro il virus, visto che grazie ai vaccini questi casi sarebbero comunque pochissimi rispetto a quelli che si avrebbero altrimenti e quasi sempre asintomatici o paucisintomatici.”
La quarta ondata, in prospettiva
Anche il fatto di essere all’inizio di una nuova ondata pandemica in Italia, se si guarda ai numeri, è la dimostrazione che i vaccini funzionano: il virus corre nella fascia dei più giovani, che ha ancora una copertura vaccinale bassa: sotto i trent’anni la copertura è appena il 34%.
Questa è una buona notizia, ma è anche il segnale che dobbiamo vaccinare i più giovani, e in fretta.
Benché infatti la probabilità di ricovero o decesso sia bassissima per chi ha meno di trent’anni (del tutto simile a quella dell’influenza stagionale), i più giovani, se non vaccinati, contribuiscono alla circolazione del virus, mettendo a rischio gli ultra sessantenni non vaccinati, che sono ancora il 14%.
Avere una maggiore circolazione del virus, quindi con i casi in crescita, ma pochi ricoveri e decessi è, in un certo senso, il risultato fisiologico (e auspicato) della campagna vaccinale: il segno che ci stiamo avvicinando a una presenza endemica, ma controllata, del virus nella popolazione – conclude Massimo Clementi -.
“Non dobbiamo abbassare la guardia proprio adesso però: occorre vaccinare di più e più velocemente, recuperando gli over-60 ancora senza alcuna dose, che in alcune regioni supera il 20%, e i più giovani.
Se riusciremo a farlo entro l’inizio di ottobre, potremo davvero sperare di tornare presto a una vita normale”.
Per approfondire:
Piano vaccinale, gli effetti sui reparti di Terapia Intensiva: l’analisi di Vergallo (AAROI-EMAC)