L'arresto cardiaco nello sport, prevenzione e soccorso immediato
Un interessante articolo da Emergency Oggi del Dott. Vincenzo CASTELLI, Presidente della Fondazione Giorgio Castelli onlus, Medico ospedaliero, Istruttore BLS-D ARES-118, AHA, ERC ALS provider www.gc6.org – info@gc6.org
Ogni anno in Italia muoiono circa 60.000 persone colpite da arresto cardiaco: tra di esse vi sono molti anziani e cardiopatici, non sono pochi i giovani e addirittura gli sportivi. L’arresto cardiaco è indotto nell’85 % dei casi da una aritmia maligna (tachicardia o fibrillazione ventricolare) che se non è trattata precocemente con le manovre di rianimazione cardiorespiratoria e, soprattutto, con la defibrillazione elettrica conduce invariabilmente alla morte (98% dei casi). In queste situazioni il cuore in realtà non è fermo, ma le sue contrazioni sono assolutamente inefficaci nel distribuire il sangue nel corpo ed in primo luogo al cervello, l’organo più delicato e sensibile alla carenza di ossigenazione. La defibrillazione elettrica rappresenta l’unico mezzo a disposizione per interrompere una fibrillazione ventricolare, ma per essere efficace deve essere effettuata nel più breve tempo possibile: 4-6 minuti dall’insorgenza dell’evento. Ogni minuto trascorso senza un adeguato soccorso comporta la riduzione del 10% delle possibilità di recupero dell’infermo che, a 10 minuti, sono pari allo zero. Questa drammatica tempistica ha determinato la considerazione che, in caso di arresto cardiaco, il primo soccorso (massaggio cardiaco, respirazione bocca-bocca, defibrillazione elettrica) debba essere prestato dal testimone dell’accaduto stesso (generalmente un non-sanitario o ‘laico’), al fine di mantenere in vita la vittima nell’attesa che sopraggiungano i soccorritori professionisti del 118.
Lo sport, come già accennato, non è esente da un fenomeno così drammatico come l’arresto cardiaco, anche se in realtà ciò che lo determina, generalmente, è una pre-esistente e misconosciuta cardiopatia. Lo sforzo fisico ha pertanto il ruolo di fattore precipitante in conseguenza del quale l’apparato cardiovascolare cede. Da un’indagine condotta dalla Fondazione Giorgio Castelli onlus, dedicata al giovane morto a febbraio 2006 per un arresto cardiaco mentre si stava allenando con sua squadra di calcio, i praticanti sport, dilettanti e amatori, che sono deceduti nel Paese in corso di attività sportiva negli ultimi 4 anni, superano ampiamente le 200 unità. Tali dati sono certamente sottostimati: non esiste, infatti, in Italia un registro che annoti tali decessi (l’unico esistente è attivo in Veneto). In tutti questi casi l’arresto cardiaco ha colpito prevalentemente il sesso maschile dall’adolescenza in poi, l’età media dei soggetti deceduti è pari a 35 anni. Le discipline più interessate dal fenomeno sono rappresentate dal calcio e calcetto, verosimilmente a seguito dell’elevato numero di praticanti, seguito dal ciclismo, jogging, fitness; non vi sono discipline immuni. Il 25% delle morti si è verificato i atleti tesserati per le varie Federazioni e quindi di norma già sottoposti ad accertamento medico ai fini del rilascio dell’idoneità; in questo sottogruppo l’a.c. si è manifestato in egual misura sia nelle gare ufficiali che nel corso delle sedute di allenamento. Nessuna delle vittime è stata defibrillata entro i 10’, in nessuno dei luoghi ove si sono verificati gli eventi era presente un defibrillatore. Premesso che il fenomeno a.c. non è eliminabile ci dobbiamo doverosamente chiedere, di fronte a dati di questa entità, come esso sia contenibile. Il percorso da compiere prevede una prevenzione primaria e una secondaria. La prima consiste nel rigoroso accertamento medico di idoneità alla pratica sportiva che dovrebbe riguardare tutti coloro che praticano attività ludico-sportiva e che, oltre alle metodiche diagnostiche attualmente eseguite come obbligo di legge, dovrebbe essere utilmente integrato da un ecocardiogramma eseguito almeno una volta nel corso della “vita sportiva”. Le notizie ottenute andrebbero inserite in un data base, gestito dalla Regione di appartenenza, e consultabile, previa autorizzazione preventiva da tutti i medici sportivi ivi operanti. La Medicina sportiva, eliminate la Medicina scolastica, la visita di leva e la Medicina preventiva universitaria, rimane oggi l’unica in grado di effettuare uno screening di massa sullo stato di salute dei nostri giovani. Filtro che potrebbe fornire una mole enorme di dati epidemiologico-statistici al quale attingere per controllare lo stato di salute di una ampia fascia di popolazione e varare programmi di promozione sanitaria. La prevenzione secondaria è costituita dalla diffusione della Cultura dell’emergenza applicata allo Sport; con questo termine indichiamo l’insieme di conoscenze teoriche ed abilità pratiche che possono consentire al non-sanitario, grazie alla messa in atto del massaggio cardiaco, della respirazione artificiale e dell’utilizzo del defibrillatore, di salvare la vita ad una persona vittima di un arresto cardiaco. La Fondazione Giorgio Castelli onlus ha lavorato concretamente per la diffusione di questa Cultura, soprattutto nell’ambito dello Sport che come detto si è rivelato particolarmente a rischio per il manifestarsi dell’a.c.: grazie al supporto fornito dall’Azienda regionale per l’emergenza sanitaria -ARES 118- sono stati addestrati e certificati, al mese di dicembre 2009, alla BLS-D, 3000 operatori sportivi che seguono i giovani negli impianti sportivi situati particolarmente a Roma e provincia. Sono stati distribuiti, in altrettanti impianti, 166 defibrillatori semiautomatici di ultima generazione acquistati dalla Fondazione o frutto di donazioni e cessioni da parte di Privati ed Enti istituzionali (Regione Lazio, Provincia di Roma), realizzando altrettanti progetti PAD (Public Access Defibrillation), posti a cardioprotezione di diverse migliaia di cittadini sportivi e non. Proprio di questi giorni è l’avvio di un importante progetto di collaborazione con la FIGC, settore giovanile-scolastico, che prevede, per quest’anno in via sperimentale, l’addestramento alla BLS-D di 400 aspiranti allenatori di calcio CONI-FIGC afferenti alla Regione Lazio. L’auspicio è che dal prossimo anno la formazione BLS-D divenga parte integrante del corso per divenire allenatore, non solo della disciplina calcistica. Siamo solo all’inizio e moltissimo lavoro resta da compiere: le difficoltà nascono dall’approccio, sovente problematico, dei cittadini nei confronti del primo soccorso e dalla vastità del territorio su cui operare. Ma siamo convinti che risultati lusinghieri non mancheranno se le nostre motivazioni continueranno ad essere sostenute dalle istituzioni.