L'indice di perfusione nel trauma maggiore: uno studio da leggere
Dr. Elio CARCHIETTI Direttore dipartimento e SOC Centrale operativa 118 – Elisoccorso regionale FVG, Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine, Prof. inc. Scuola di spec. Anest. Rianimazione,Università Campus Bio Medico – Roma. Studio pubblicato su Emergency Oggi del gennaio 2010
Il rapporto ventilazione/perfusione (V/Q) è il fattore principale che, in condizioni normali e patologiche, determina la concentrazione ematica di ossigeno e, in misura minore per differenti proprietà di diffusione alveolo/capillare, la concentrazione della CO2.
L’ossigeno istituisce un legame con l’emoglobina che ha la caratteristica di essere saturabile, vale a dire che, oltre una certa pressione parziale di ossigeno a livello alveolare, non è possibile ottenere ulteriori incrementi significativi della concentrazione ematica di ossigeno per un determinato volume di sangue.
Ed è questa la ragione per la quale, per incrementare o mantenere stabile la concentrazione ematica di ossigeno, è necessario un volume adeguato e costante di sangue ed ossigeno. L’emorragia grave, che caratterizza il maggior numero di traumi, riduce il volume ematico circolante inducendo, quale effetto temporaneo, una ridistribuzione della massa circolante per effetto delle modificazioni,in senso costrittivo, delle resistenze vascolari. Tale fenomeno è a carico delle piccole arterie e delle piccole vene, e sostiene, modulandolo, il fenomeno della “centralizzazione” del circolo.
Per centralizzazione circolatoria si intende la riduzione della frazione di gittata cardiaca distribuita al letto vascolare dermico, renale e splancnico a favore del cervello e del miocardio.
Questa compensazione primaria è sostenuta dalla liberazione di catecolamine. Il fallimento dei meccanismi adrenergici di compensazione, se non contrastato da una appropriata terapia di emergenza, è causa di gravi esiti e di morte. La compensazione terapeutica della perdita di volume circolante con la somministrazione di liquidi infusionali segue, abitualmente, il rilievo della Pressione arteriosa sistolica che, secondo le linee guida AHA 2005 deve tendere a valori =>100 mmHg nei pazienti con trauma cranico isolato o con trauma degli arti, e a valori di >90 mmHg negli altri casi. L’American College of Surgeons’ (ATLS) suggerisce una condotta terapeutica che consideri quattro differenti classi emorragiche in relazione alla quantità presunta delle perdite ematiche.
Tali criteri, per quanto utili, non sono del tutto sufficienti a suggerire appropriate scelte terapeutiche perché non considerano le alterazioni circolatorie che caratterizzano le diverse fasi evolutive dell’emorragia, e che recentemente sono state evidenziate sperimentalmente dagli studi di Torres L.N. In particolare, negli studi di Torres L.N. si è constatato, sperimentalmente, che:
• circa 15 minuti dopo il realizzarsi dell’emorragia, si verifica la massima vasocostrizione periferica che risulta superiore del 60% ai valori di base;
• circa 30 minuti dopo, comincia a ridursi la vasocostrizione che tuttavia rimane superiore del 40% ai valori di base;
• circa 60 minuti dopo, la riduzione è notevolmente più significativa anche se ancora superiore del 10% ai valori di base;
• circa 90 minuti dopo il realizzarsi dell’emorragia, non è più efficace la vasocostrizione periferica.
In relazione a quanto detto, è possibile ipotizzare che il rilievo della Pressione arteriosa sistolica può non essere sufficiente ad evidenziare una ipovolemia che, per quanto significativa e progressiva è mascherata dallo sviluppo della TPR (Resistenze periferiche totali) in grado di sostenere valori di pressione arteriosa nei limiti della norma almeno nei primi 30 minuti.
La Pressione arteriosa media (MAP), nelle stesse circostanze, può non essere attendibile per l’elevata frequenza cardiaca che di solito caratterizza i pazienti emorragici. Infatti, in presenza di frequenze cardiache elevate la MAP è un valore molto approssimato essendo il risultato di una media aritmetica della pressione sistolica e diastolica. Inoltre, le variazioni della MAP non possono essere considerate espressione di variazioni proporzionali di flusso/volume sussistendo l’evidenza che ad una MAP
La SpO2 misura la saturazione sistemica di ossigeno del sangue arterioso che è di fatto un valore bilanciato dalle diverse condizioni della perfusione/ossigenazione dell’intero sistema circolatorio e può nascondere eventuali alterazioni dell’ossigenazione periferica se compensate da meccanismi di centralizzazione.
Inoltre, in particolare nei primi 30 minuti dall’inizio dell’emorragia, adottando il criterio della somministrazione rapida di elevati volumi infusionali per sospetto di ipovolemia, si può verificare che si faciliti l’instaurarsi di una iporeattività agli agenti vasocostrittori neuroendocrini (per diluizione? per interferenza con i meccanismi di attivazione della reazione adrenergica?) con conseguente collasso di circolo.
Indice di perfusione: una corretta condotta terapeutica
Una corretta condotta terapeutica nel paziente affetto da grave politrauma associato a rilevanti perdite ematiche, richiede di considerare il rischio correlato all’insufficienza degli indicatori clinici normalmente in uso e di prendere atto che, paradossalmente, le condizioni cliniche maggiormente impegnative sotto il profilo dei danni indotti dal trauma richiedono ancor più delle condizioni di minore gravità, una attenta valutazione del volume liquido da infondere rapidamente nella fase acuta. Nel nostro servizio di elisoccorso, nel 2008 abbiamo effettuato, su un numero limitato di 12 pazienti, la misurazione dell’indice di perfusione periferica mediante il sistema NIRS (Near Infrared Spectroscopy) utilizzando una tecnologia della Hutchinson Technology Incorporated, la “In Spectra StO2” che ci ha permesso di adeguare il regime infusionale all’indice di perfusione.
Il sistema NIRS misura i valori di assorbimento degli infrarossi compresi fra 680-800 nm, e quindi la saturazione di ossigeno, a tre livelli: cutaneo, sottocutaneo e muscolare, avvalendosi della spettrofotometria che correla l’assorbimento della luce alla concentrazione dell’O2, essendo l’assorbimento della luce dipendente dalla concentrazione di ossigeno legato all’emoglobina del microcircolo, e si esprime in percentuale di saturazione tessutale di ossigeno (St02).
Il limite minimo di saturazione è 75%. Al di sotto di tale valore si riscontrano significative variazioni della perfusione ematica tessutale.La StO2 differisce dalla SpO2 perché misura la saturazione dell’ossigeno nel microcircolo e costituisce una misurazione locale; in particolare, significa che la StO2 cambia col cambiare della disponibilità e del consumo di ossigeno nel microcircolo, ovvero è un indice fedele dell’ossigenazione periferica e un indicatore della perfusione tessutale che può costituire una guida valida per un corretto regime terapeutico. Il numero dei pazienti trattati è ancora molto limitato per poterne trarre delle considerazioni conclusive di sicuro significato scientifico, tuttavia, i risultati preliminari della procedura incoraggiano a proseguire nello studio.