Malattie autoimmuni: cura e trattamento della vitiligine

La vitiligine è una malattia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle cellule che producono la melanina (melanociti) da parte delle cellule immunitarie (linfociti T citotossici)

Si manifesta con la presenza di macchie bianche sulla pelle: si tratta di chiazze ipocromiche/acromiche dovute all’assenza del pigmento melanico a livello delle aree di cute interessata.

Come tutte le patologie autoimmuni, la vitiligine ha un decorso imprevedibile e la sua gestione terapeutica è molto complessa

I pazienti affetti da vitiligine risentono molto di questa condizione in cui la compromissione estetica può avere conseguenze dannose a livello psicologico e sociale.

Il paziente considera questa patologia sfigurante, motivo di una riduzione della propria autostima e della qualità della vita, in particolare quando sono interessate le zone più visibili, come il volto.

Per tale motivo è fondamentale un corretto approccio terapeutico che integri alle terapie farmacologiche anche un supporto psicologico.

Vi sono evidenze che sostengono l’importanza di un supporto psicologico cognitivo-comportamentale al fine di tornare ad accettare la propria immagine, con un conseguente miglioramento a livello psicologico che si riflette sul decorso della patologia.

La terapia della vitiligine ha lo scopo di ripristinare l’aspetto originario della cute, stabilizzando il processo di depigmentazione e favorendo la repigmentazione delle chiazze.

Considerato che i melanociti rispondono lentamente alle terapie, bisogna preventivare un tempo di 6-12 mesi per ottenere risultati soddisfacenti.

Terapia locale per la vitiligine

La terapia locale della vitiligine si avvale dell’applicazione a livello delle chiazze di creme a base di cortisone (corticosteroidi topici) per 1-2 volte al giorno per un periodo variabile di 2-4 mesi o inibitori della calcineurina (tacrolimus e pimecrolimus).

Il trattamento con corticosteroidi topici è raccomandato solo in caso di vitiligine localizzata.

Nei bambini, si consiglia di utilizzare corticosteroidi di minore potenza o di applicare gli inibitori della calcineurina, in particolare nelle aree più sensibili dove è controindicato l’utilizzo dei corticosteroidi.

Risultati incoraggianti sono stati ottenuti anche con il laser ad eccimeri, capace di emettere una luce monocromatica simile agli UVB utilizzati in fototerapia con la differenza di una maggiore selettività per le chiazze di vitiligine.

Risulta quindi particolarmente indicato nei pazienti con forme localizzate, anche in associazione alla terapia topica locale.

Fototerapia UVB ed elioterapia per la cura della vitiligine

In presenza di una forma più diffusa di vitiligine il trattamento di prima scelta è la fototerapia con UVB a banda stretta (NB-UVB), una terapia che si avvale dell’utilizzo di lampade attraverso cui si sfruttano gli effetti benefici dei raggi UVB sulla stimolazione dei melanociti per favorire la repigmentazione delle chiazze.

La microfototerapia si basa sull’esposizione alla luce UVB solo a livello delle zone affette, con una riduzione della dose totale di esposizione e il vantaggio di non aumentare il contrasto cromatico fra la cute sana e le chiazze.

È raccomandata solo nel caso in cui l’area interessata non superi il 20% della superficie corporea.

Alla fototerapia si associa spesso una terapia topica e l’assunzione di integratori a base di vitamine e un pool di antiossidanti (acid alfa lipoico, estratto di Polypodium leucomotos, vitamina C, vitamina E) che favoriscono il processo di repigmentazione.

Attualmente in commercio sono disponibili numerosi e diversi integratori finalizzati a stimolare la pigmentazione, da assumere da soli o in associazione alla fototerapia o alla elioterapia.

Può essere utile somministrare la vitamina D, consigliata in presenza di una patologia autoimmune per il suo effetto immunomodulante.

Inoltre, essa ha recettori presenti anche a livello dei melanociti, facendo ipotizzare che il suo effetto benefico si potrebbe esplicare anche direttamente a livello melanocitario. Il dosaggio di somministrazione della vitamina D deve essere stabilito dopo aver misurato i valori basali.

Durante il periodo estivo la fotoesposizione può essere considerata come un vero e proprio trattamento

Per potenziare l’efficacia terapeutica dei raggi UVB sulle chiazze, può essere utile applicare a livello della aree depigmentate fotoprotettori specifici per la vitiligine che hanno la funzione di evitare scottature stimolando in compenso l’effetto elioterapico.

In associazione è fondamentale applicare un filtro solare spf 50+ sulle zone sane per ridurre la loro pigmentazione e minimizzare così il contrasto cromatico.

In assenza di risposta alle terapie, l’insegnamento di tecniche di camouflage con cosmetici coprenti può essere utile per migliorare l’aspetto estetico con conseguente miglioramento della qualità della vita del paziente.

Nelle forme di vitiligine universale, può essere considerata la possibilità di depigmentare le zone di pigmentazione residua con prodotti specifici, da riservare però solo a casi attentamente selezionati a causa dei possibili effetti collaterali di tali sostanze, all’impatto psicologico di una depigmentazione permanente e all’elevata fotosensibilità che ne deriva.

Sono previste novità per la cura della vitiligine?

Attualmente non è stato ancora approvato un farmaco con un’indicazione specifica per la vitiligine.

Una speranza è fornita dagli inibitori della JAK chinasi, il Ruxolitinib e il Tofacitinib, farmaci in grado di sopprimere l’attività dei linfociti citotossici responsabili della distruzione dei melanociti nei pazienti affetti da vitiligine.

Il Tofacitinib, approvato attualmente per il trattamento dell’artrite reumatoide, si è mostrato efficace nel ripigmentare le chiazze di vitiligine nei pazienti in trattamento per l’artrite reumatoide.

Considerate le gravi reazioni avverse di questi farmaci quando somministrati per via sistemica, l’interesse si è focalizzato sullo sviluppo di formulazioni da applicare per via topica.

Un recente studio in cui è stata indagata l’efficacia di una crema contenente il Ruxolitinib, ha fornito risultati incoraggianti e aperto nuove prospettive per il trattamento topico della vitiligine.

Per approfondire:

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