Malattie rare: l’iperinsulinismo congenito

L’iperinsulinismo congenito è una alattia rara. È la causa più frequente di ipoglicemia ricorrente e può dipendere da cause genetiche o acquisite

La precocità della diagnosi è fondamentale per ridurre il rischio di danno neurologico.

Che cos’è l’iperinsulinismo congenito

L’iperinsulinismo congenito è una malattia rara causata da una iperplasia della β-cellula pancreatica che provoca una secrezione di insulina incontrollata ed eccessiva rispetto ai livelli di glucosio plasmatico contemporanei.

È la causa più frequente di ipoglicemia grave e persistente nel neonato e nella prima infanzia.

Può tuttavia esordire in qualsiasi età della vita.

L’ipoglicemia ricorrente pone i pazienti a rischio di danno neurologico permanente.

I segni e sintomi dell’iperinsulinismo congenito sono espressione della carenza di glucosio nel sistema nervoso centrale

In base ai livelli glicemici, si distinguono sintomi neurogeni e sintomi neuroglicopenici.

I sintomi neurogeni sono sintomi vegetativi che compaiono quando la glicemia scende al di sotto di 60 mg/dl e sono caratterizzati da pallore, sudorazione algida, iporeattività, sonnolenza, cefalea, palpitazioni, ansia, vertigini, oppure tremori, parestesie, senso di fame, irritabilità. Il neonato può presentare pianto flebile, ipotonia, cianosi, pallore, suzione ipovalida, ipotermia.

I sintomi neuroglicopenici compaiono quando la glicemia scende al di sotto di 50 mg/dl, si manifestano con turbe del sensorio, convulsioni e coma, e sono espressione della disfunzione cerebrale da carenza energetica.

Cause genetiche:

  • Iperinsulinismo congenito, monogenico;
  • Iperinsulinismo associato a sindromi genetiche.

Cause acquisite:

  • Iperinsulinismo transizionale (prime 48-72 ore di vita, legato all’adattamento alla vita extrauterina);
  • Iperinsulinismo transitorio (da stress perinatale):
  • Asfissia;
  • Ritardo di crescita intrauterino;
  • Diabete materno;
  • Tossiemia.

La diagnosi si basa sul riscontro di ipoglicemia non chetotica, con NEFA (acidi grassi non esterificati) soppressi, inappropriatamente rispondente al glucagone.

L’analisi si effettua su un campione critico, prelevato al momento di un’ipoglicemia spontanea o al termine di un test del digiuno.

Un altro elemento importante, particolarmente in epoca neonatale, è l’elevato fabbisogno di glucosio necessario per mantenere la normoglicemia.

Trattamento dell’iperinsulinismo congenito

La terapia di emergenza ha lo scopo di riportare rapidamente i valori di glicemia alla normalità (70-100 mg/dl) ed è basata sulla somministrazione di soluzione glucosata per via endovenosa, in combinazione con una dieta ricca di carboidrati.

Nei casi gravi è necessario posizionare un accesso venoso centrale per veicolare soluzioni di glucosio altamente concentrate, inserire un sondino naso-gastrico o eseguire una gastrostomia per garantire l’alimentazione iperglucidica.

Può inoltre essere necessaria la somministrazione endovenosa di glucagone, che consente di ridurre il fabbisogno glucidico, riducendo di conseguenza il sovraccarico idrico.

La terapia a lungo termine ha lo scopo di prevenire il danno cerebrale e promuovere il normale sviluppo psicomotorio del bambino, incoraggiare un normale comportamento alimentare, assicurando un’adeguata tolleranza al digiuno, e mantenere la migliore qualità di vita possibile.

Essa si basa su farmaci che riducono la secrezione di insulina: il diazossido è il farmaco di prima scelta, per via orale. In caso di non responsività al diazossido, si utilizzano gli analoghi della somatostatina (octreotide per via sottocute, octreotide LAR a lento rilascio per via intramuscolo) in associazione alla dieta iperglucidica, spesso addizionata di maltodestrine o amido di mais.

L’algoritmo diagnostico prevede l’interpretazione di analisi biochimiche, genetiche e di diagnostica per immagine (18Fluoro-DOPA PET/TC) che permettono di differenziare le forme focali e diffuse di iperinsulinismo congenito.

Le forme focali sono indicazione elettiva all’intervento di resezione parziale del pancreas, che cura definitivamente la malattia.

Al contrario, per le forme diffuse di iperinsulinismo, l’intervento chirurgico di pancreasectomia subtotale è indicato solo nei casi gravi, che non rispondono alla terapia farmacologica e nutrizionale.

Si tratta di un intervento demolitivo, con asportazione fino al 98% del pancreas, che non garantisce la guarigione dall’iperinsulinismo e che pone i pazienti ad elevato rischio di sviluppare diabete insulino-dipendente e insufficienza pancreatica esocrina.

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Le forme diffuse vengono trattate conservativamente con la terapia farmacologica e nutrizionale

In alcuni casi gravi non responsivi causati da mutazioni nel gene della Glucochinasi, la dieta chetogena si è dimostrata efficace nel recupero della disabilità intellettiva e dell’epilessia.

Il follow-up dei pazienti prevede controlli seriati con l’utilizzo intermittente del monitoraggio continuo della glicemia domiciliare mediante holter glicemico, uno strumento molto utile nella personalizzazione della terapia medica e nutrizionale.

I pazienti effettuano inoltre valutazioni neuropsicologiche periodiche, per la verifica degli effetti del trattamento sullo sviluppo del sistema nervoso centrale, la individuazione precoce di eventuali disabilità e il tempestivo avvio a percorsi di riabilitazione.

L’iperinsulinismo congenito, se non precocemente diagnosticato e trattato, può causare danno neurologico permanente, con esiti di disabilità intellettiva, epilessia, cecità corticale e paralisi cerebrale.

Una diagnosi rapida e l’attuazione di una terapia normoglicemizzante tempestiva e specifica possono efficacemente prevenire il danno neurologico, garantendo una buona qualità di vita per il paziente e la famiglia.

Pertanto è fondamentale l’individuazione dei soggetti a rischio, la diagnosi precoce e l’invio dei pazienti presso centri di riferimento multidisciplinari.

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Fonte dell’articolo:

Bambino Gesù

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