Malattie sessualmente trasmissibili: la Sifilide
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stabilisce che la sifilide è la terza malattia sessualmente trasmissibile per diffusione, dopo clamidia e gonorrea
Contrariamente a quello che i costumi sessuali di fine ‘900 potrebbero far pensare, la sifilide non ha radici recenti: diversi secoli fa diversi medici e studiosi la conoscevano come “morbo gallico” o “mal francese”, perché portata in Italia dai Galli di Carlo VIII durante la sua discesa a Napoli nel 1495, anno della prima epidemia di cui si hanno notizie certe.
Altri sostengono sia stato invece Cristoforo Colombo a portarla in territorio europeo, dopo i suoi viaggi nelle terre sconosciute delle Americhe.
La sifilide è causata dell’azione di un particolare batterio chiamato Treponema Pallidum
Una volta che fa il suo ingresso nell’organismo umano, passando attraverso mucose genitali o ferite della cute, raggiunge in poco tempo il sistema ematico e i linfonodi, vie di diffusione in tutto il corpo.
Da questo momento la presenza del batterio nelle secrezioni e nei liquidi corporei rende il soggeto infettivo.
È particolamente frequente la trasmissione per via sessuale, tramite contatto con la pelle o per via transplacentare durante la gestazione e il parto.
Un tempo malattia deturpante, spaventosa e difficilmente curabile, la situazione è cambiata da metà del ‘900 grazie alla scoperta della penicillina, ancora oggi considerata il principale alleato nella cura della patologia.
La sifilide si presenta con diverse manifestazioni e stadi.
Vediamo quali sono i principali sintomi che ci permettono di riconoscerla, le cause che la generano, ma anche come si giunge ad una diagnosi e quali sono i trattamenti efficaci.
Cos’è la sifilide e perché è importante curarla
La sifilide è una malattia infettiva che si trasmette solitamente per via sessuale, sia con rapporti di tipo vaginale sia con rapporti di tipo anale e orale.
Nella persona infetta o portatrice sana l’agente eziologico (il Treponema Pallidum) è diffuso in tutto l’organismo, compresi i liquidi e le secrezioni corporee.
La persona è altamente infetta e, facilmente, potrà contagiare chiunque entri in contatto intimo con lei.
Il batterio entra nel corpo attraverso il contatto diretta della cute abrasa o delle mucose integre con le lesioni cutanee che la patologia genera sul corpo del malato o i suoi liquidi biologici.
Una particolare via di trasmissione è quella tra madre e figlio durante la gravidanza o successivamente.
La madre può trasmetterla al figlio durante la gravidanza, il parto o l’allattamento, quando il nascituro viene a contatto con i liquidi o le mucose infette della madre.
Si parla di sifilide congenita o prenatale se l’infezione si acquisisce per via transplacentare, sifilide connatale quando il bambino viene contagiato durante il passaggio attraverso il canale del parto e sifilide acquisita quando il bambino la contrae dopo la nascita.
La via che consente una rapida diffusione del batterio è quella linfonodale.
Di solito il processo avviene nel giro di poche settimane e, alla sua conclusione, il Treponema Pallidum è riscontrabile anche nel sistema ematico e nei diversi organi.
Inizialmente il soggetto è asintomatico, successivamente la sifilide segue un decorso che prevede diversi stadi, ognuno dei quali presenta sintomi di diversa gravità.
Oggi questa patologia è considerata curabile e facilmente diagnosticabile grazie ad un’adeguata strumentazione sempre più all’avanguardia e alla disponibilità delle varie terapie antibiotiche.
Si tratta di un disturbo da non sottovalutare in quanto può aprire la strada a problematiche ben più serie, specie di tipo immunodepressivo.
Le principali cause della sifilide
Ad oggi, la principale causa responsabile della trasmissione della sifilide resta quella sessuale.
I medici hanno infatti osservato che le principali “porte di accesso” del Treponema Pallidum sono le mucose genitali e tutti quei punti anatomici in cui la cute, per varie ragioni, può essere lesionata.
Dopo la fase di contagio, il periodo di incubazione della patologia può variare tra le 2 settimane e i 3 mesi, durante il quale il portatore di sifilide è comunque infetto.
A distanza di pochi giorni dall’effettivo contagio, il batterio raggiunge i linfonodi e, da qui, tutto l’organismo, rendendo il contatto con le secrezioni infette (sperma e liquidi vaginali) estremamente contagioso.
In aggiunta alla trasmissione sessuale (vaginale, anale e orale), la sifilide può essere diffusa per via cutanea, con contatto diretto delle mucose o delle lesioni infette da parte di zone corporee che presentino una lesione cutanea, oppure per via transplacentare, cioè da madre a feto attraverso il sangue infetto.
Il contagio può avvenire anche all’atto della nascita (sifilide connatale), nel momento in cui il bambino entra in contatto con il canale del parto e le mucose genitali della madre.
Al contrario, la trasmissione del Treponema Pallidum per via indiretta è quasi nulla perché il batterio non sopravvive a lungo nell’ambiente esterno.
Sifilide: i sintomi con cui si presenta
La sifilide è una patologia le cui manifestazioni e i cui sintomi sono spesso sfumati.
Spesso, infatti, la lesione primaria è talmente piccola, indolore e nascosta (soprattutto nel genere femminile) che spesso non si vede ad occhio nudo, a meno che non la si cerchi attentamente.
Si riconoscono 3 stadi di malattia.
- Il sintomo fondamentale della sifilide primaria è la presenza di una papula singola indolente nel punto di inoculo del batterio. La lesione evolve con erosione dei bordi e linfoadenopatia locoregionale con linfonodi grandi, duro-elastici, indolenti e mobili.
- L’ingresso in circolo del patogeno porta alla sifilide secondaria.Posso comparire sulla cute delle lesioni multiple maculo-papulose o pustolose solitamente nella regione palmo-plantare, sono piccole, ma possono fondersi tra loro andando a creare lesioni cutanee più estese (è questo il caso particolare di dermatite sifilitica). A questa fase si associano sintomi similinfluenzali come febbre e mal di gola, ma anche dolori gastrointestinali, nausea, vomito e perdita dell’appetito, oltre che dolori ossei. A questa fase può seguire un periodo di latenza che può durare anni (sifilide latente).
- Quando la sifilide raggiunge lo sto stadio di sifilide terziaria possono comparire delle problematiche più gravi e consulto tempestivo col medico è fondamentale. L’infezione può dare origine ad emicrania e meningite, sindromi neurologiche, otite con conseguente labirintite, vertigini e problemi di equilibrio, problemi visivi e malattie aortiche. La sifilide oculare, in particolare, può colpire qualsiasi parte dell’occhio anche se si presenta più frequentemente come uveite (infiammazione dell’uvea, la membrana oculare posta vicino alla cornea).
Come avviene per altre malattie, il decorso della sifilide è accelerato e più grave se il soggetto è già affetto da altre problematiche, come patologie sessualmente trasmissibili o inducenti immunosoppressione, come l’HIV.
Esistono diversi stadi in cui la sifilide si presenta, ognuno con sintomi propri
Le fasi sono sequenziali tra loro: nel momento in cui i sintomi dello stadio precedente scompaiono, si passa allo stadio successivo.
La sifilide primaria insorge dopo un periodo di incubazione che varia tra le 2 e le 12 settimane e si manifesta come una lesione singola (sifiloma) o come lesioni cutanee multiple laddove il virus è entrato. Le papule sono di solito rotonde e di colore rosso scuro, dure al tatto ma non per forza dolorose. Tale lesione, contenente batteri e quindi infettiva, guarisce nel giro di un mese, ma l’infezione non scompare. Studi clinici hanno evidenziato che le zone più a rischio per la formazione di sifilomi sono glande e prepuzio per l’uomo, cervice, vulva e vagina per la donna, zona rettale e cavo orale per entrambi, se la sifilide è contratta per via anale od orale.
Dopo una settimana dalla comparsa della lesione, appare un altro sintomo molto comune della malattia: l’ingrandimento dei linfonodi. È il momento in cui il Treponema Pallidum ha raggiunto il sistema ematico e linfatico ed è pronto a diffondersi in tutto l’organismo.
I sintomi del primo stadio spariscono in 4-6 settimane, anche senza trattamento. È una fase in cui la sifilide risulta difficile da individuare, perché le lesioni possono essere indolori, piccole e nascoste. La malattia però è presente ed è comunque infettiva.
Sifilide allo stadio secondario. Compare nel momento in cui i sintomi della prima fase spariscono e lasciano il posto a nuovi. Si riconosce per la presenza di macchie rosee o bianco-grigiastre sulla pelle definite “roseola sifilitica”. Di solito compaiono prima sul tronco e sulla zona palmo-plantare e poi sugli arti, risparmiando quasi sempre il viso. Sono asintomatiche e raramente generano prurito. A tali macchie si aggiunge un’infiammazione ai linfonodi, che risultano gonfi e dolenti, e altri sintomi similinfluenzali. Anche in questo caso, come accade per il primo stadio, i sintomi tendono a scomparire da soli, ma la malattia continua a progredire verso uno stadio latente e cronico.
I pazienti affetti da sifilide secondaria manifestano:
1 su 2 linfoadenopatia con noduli fissi e non dolenti, di solito generalizzata;
1 su 10 lesioni in altri organi o apparati (occhi, ossa, articolazioni, meningi, reni, fegato, milza);
3 su 10 una forma attenuata di meningite, con i sintomi tipici: rigidità nucale, cefalea, ma anche paralisi dei nervi cranici, sordità e papilledema
Quando la sifilide diventa latente si è entrati in uno stadio cronico di convivenza con la malattia. La problematica può restare asintomatica per diversi anni, ma è necessario intervenire con opportuni trattamenti per non farla evolvere in sifilide terziaria, la forma con la sintomatologia più significativa. Questo stadio è identificabile solo con lo svolgimento di opportuni test sierologici che evidenziano la presenza di anticorpi, lo stadio si definisce precoce se si sviluppa entro l’anno dal contagio o tardiva se appare dopo.
La sifilide terziaria è la più grave, con manifestazioni cutanee a cui si aggiungono lesioni che intaccano prevalentemente il sistema cardiovascolare e nervoso. Se non curata può portare alla morte dell’individuo o a patologie degenerative come demenza e paralisi.
In particolare, si può parlare di:
- sifilide terziaria gommosa benigna: si sviluppa entro 3-10 anni dal contagio e colpisce ossa, cute e viscere con la formazione di “gomme”, masse morbide infiammate localizzate ma capaci di infiltrarsi nell’organo/tessuto (guariscono lentamente ma lasciano cicatrici);
- sifilide terziaria benigna delle ossa: causa lesioni infiammatorie e destruenti accompagnate da un dolore sordo e incessante, più intenso durante la notte;
- sifilide cardiovascolare: si presenta 10-25 anni dopo l’infezione come insufficienza della valvola aortica, restringimento delle arterie coronarie o dilatazione aneurismatica dell’aorta ascendente. I sintomi tipici sono: difficoltà respiratoria e tosse per la compressione sulla trachea, raucedine per la compressione del nervo laringeo e dolori dello scheletro assile;
- neurosifilide.
La neurosifilide, a sua volta, può essere:
- asintomatica: più diffusa nei soggetti con sifilide secondaria, è una forma attenuata di meningite che – in assenza di trattamento – nel 5% dei casi può diventare sintomatica;
- meningovascolare: si manifesta in genere 5-10 anni dopo aver contratto l’infezione, ed è causata da un’infiammazione delle grandi e medie arterie dell’encefalo o del midollo spinale. I sintomi tipici sono: mal di testa, vertigini, rigidità nucale, alterazioni del comportamento, apatia, deficit della memoria, visione offuscata e insonnia, debolezza dei muscoli delle braccia e del cinto scapolare, progressivo indebolimento degli arti inferiori, incontinenza urinaria e/o fecale;
- parenchimatosa: si manifesta in genere 15-20 anni dopo aver contratto l’infezione, ma raramente prima che il paziente abbia 50-60 anni. Simile alla demenza, presenta perdita di memoria, difetto di giudizio, affaticamento, letargia, crisi epilettiche, tremori della bocca e della lingua. Il paziente diventa sempre meno autosufficiente ed emotivamente instabile;
- tabe dorsale: 20-30 anni dopo aver contratto la sifilide, la persona può andare incontro ad una progressiva degenerazione dei cordoni posteriori e delle radici nervose. Spesso il sintomo primario è un dolore intenso e lancinante a schiena e gambe, seguito da disfunzione erettile, incontinenza urinaria e infezioni ricorrenti.
Sifilide: come arrivare ad una diagnosi
Come già accennato, la sifilide è spesso una malattia difficile da diagnosticare, in quanto le lesioni sono spesso piccole e nascoste e gli altri sintomi associati ricordano una comune influenza.
È per questo che, quando si presume di averla contratta (magari dopo essere entrati in contatto con una persona infetta), il medico prescrive test più approfonditi che, attraverso un’analisi dei valori ematici, permettono di rilevare l’eventuale presenza della patologia.
Il primo step diagnostico prevede lo studio dei liquidi secreti dalle lesioni infette, cercando la presenza diretta del batterio.
Le indagini successive prevedono l’esecuzione di un prelievo ematico grazie al quale indagare la presenza di anticorpi.
Riconosciamo test treponemici e non treponemici.
I test treponemici servono per indagare la presenza di anticorpi specifici contro il Treponema Pallidum.
I test non treponemici ricercano anticorpi non specifici, prodotti in risposta a sostanze liberate in seguito al danno cellulare indotto dal batterio e sono utili per valutare la risposta al trattamento.
Sono detti anche test reaginici perché vedono la reazione di altri tessuti alla malattia.
Per una diagnosi completa, gli specialisti optano per lo svolgimento di entrambe le tipologie di test, in modo da avere una visione più dettagliata sulla presenza della malattia e sul suo stadio.
Sifilide: i trattamenti efficaci
Il trattamento della sifilide è antibiotico, sia di tipo orale sia parenterale.
Il metodo più utilizzato prevede l’utilizzo della penicillina tramite iniezioni dirette, con un dosaggio variabile in base allo stadio della malattia e ai suoi sintomi.
La terapia tramite penicillina è da preferire anche nei periodi di gestazione poiché sicura per il nascituro.
Alla fine del trattamento è richiesto ai pazienti di sottoporsi nuovamente e regolarmente (ogni 3-6-12 mesi) a test reaginici, per osservare il decorso e la guarigione dalla patologia.
Alla terapia si devono associare buone norme igienico-sanitarie.
Innanzitutto, è necessario che la persona infetta si astenga da rapporti intimi fino alla completa guarigione delle lesioni.
È altresì fondamentale che i partner sessuali si sottopongano a tutti i test perché potrebbero essere stati contagiati o essere portatori sani.
A fronte di test sierologici negativi non è necessario un trattamento, contrariamente a ciò che accadrebbe se i risultati fossero positivi.
È bene ricordare che la guarigione dalla malattia non conferisce immunità permanente e quindi è possibile che la patologia si ripresenti.
Prevenzione ed effetti della sifilide sulla vita quotidiana
Fondamentale per la prevenzione della sifilide è l’utilizzo del preservativo, soprattutto con partner occasionali o nuovi, dei quali non si conosce lo stato di salute.
Se si sospetta di essere venuti in contatto con una persona infetta o si notano sintomi sospetti, è fondamentale rivolgersi subito ad un medico per evitare che la malattia progredisca.
Nei primi stadi, infatti, seppure l’individuo risulti più infetto e contagioso, la sifilide è facilmente gestibile e debellabile.
Durante la terapia e per tutto il decorso dell’infezione, è buona regola astenersi dai rapporti sessuali.
Anche una volta guariti dalla patologia è necessario mantenere le giuste precauzioni per sé e per gli altri perché la guarigione non implica l’immunità da una nuova infezione.
Purtroppo, come per altre malattie sessualmente trasmissibili, non esiste un vaccino, ma è importante continuare a seguire queste norme igienico-sanitarie per una corretta prevenzione.
La sifilide resta una malattia soggetta a denuncia in molti Paesi, dal Canada agli USA e nell’Unione Europea.
Per questo motivo gli operatori sanitari, in caso di diagnosi, sono tenuti ad avvisare le autorità di sanità pubblica.
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