Mastite, la differenza tra quella puerperale e quella non puerperale
La mastite è una patologia infiammatoria molto frequente dopo il parto, durante l’allattamento, e solitamente è dovuta ad un’infezione di origine batterica
Questa condizione altera l’aspetto e la funzionalità del seno provocando non pochi disagi.
Nel caso di donne in allattamento, si tratta di mastite puerperale, un’infiammazione cioè che riguarda i dotti mammari, i canali che favoriscono il passaggio del latte materno verso l’esterno della mammella, attraverso il capezzolo.
Tende a essere monolaterale interessando una mammella per volta.
Le mastiti acute possono insorgere anche per motivazioni indipendenti dall’allattamento: si parla in questo caso di mastiti acute non puerperali.
La mastite acuta causa dolore e febbre, ma non deve limitare l’allattamento, anzi: è stato dimostrato che la donna deve continuare ad allattare anche se affetta da mastite per favorire il drenaggio del seno e per ridurre i rischi che l’infezione si possa diffondere in zone contigue.
La mastite puerperale solitamente insorge durante le prime sei settimane dopo il parto (ma può capitare anche successivamente, seppure più raramente).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che l’incidenza della mastite sia compresa tra il 2,6% e il 30%, manifestandosi nell’80% dei casi tra i 20 e i 40 anni e arrivando a colpire fino al 10% delle donne che allattano (fonte: Mastitis – Causes and Management).
Parliamo quindi di una patologia frequente soprattutto nelle donne che allattano e che va trattata per tempo per evitare complicazioni.
Sintomi della mastite
I sintomi della mastite sono piuttosto chiari e possono spaventare le neomamme: un’area del seno diventa molto sensibile, calda, dolente; questa sintomatologia è generalmente accompagnata da febbre (intorno a 38,5 °C ma anche oltre).
Potrebbe sembrare un’influenza, ma se sono evidenti arrossamento, dolore e calore al seno, allora vuol dire che il drenaggio del latte verso il capezzolo è ingorgato o bloccato.
Questo ingorgo, se non trattato adeguatamente, può complicarsi con la mastite infettiva e l’ascesso del seno.
La mastite può peggiorare nel giro di poche ore e deve quindi essere immediatamente trattata.
La pelle, per effetto dell’infiammazione, è particolarmente tesa, e provoca nella mamma anche una sensazione di bruciore e fastidio.
In generale, questa patologia provoca una sensazione di malessere generale, come accade con le sindromi influenzali, accompagnandosi a sensazione di debolezza e perdita di appetito, ma il disturbo principale si concentra sul seno e sulle mammelle.
Cause della mastite
La mastite si presenta a causa di un drenaggio insufficiente del seno e stasi del latte, con conseguente infiammazione.
Tale drenaggio insufficiente può avere quindi due cause, di natura meccanica o infettiva.
Nel primo caso la mastite può essere causata da uno scorretto attaccamento del bambino al seno della madre durante l’allattamento (si attacca solo ad una porzione di capezzolo) che può provocare a sua volta lesioni cutanee o ragadi, favorendo così uno stato di infiammazione.
Una seconda causa molto comune è l’ingorgo mammario, ovvero l’ostruzione di un dotto galattoforo che ha come conseguenza un ristagno di latte che favorisce la crescita di microrganismi.
Un drenaggio anomalo per causa infettiva si può inoltre verificare per un abbassamento delle difese immunitarie della donna, che, essendo più debole, è più predisposta all’infezione di agenti patogeni come gli stafilococchi, i batteri maggiormente coinvolti.
Questi microrganismi, infatti, si trovano normalmente sulla cute e possono penetrare attraverso piccole ferite a livello del seno (come accade per le ragadi) sviluppando il processo infettivo.
Altri fattori che possono favorire l’insorgenza di mastite sono lunghi intervalli tra le poppate/poppate poco frequenti (le ostetriche consigliano di non guardare l’orologio, piuttosto bisogna capire le richieste del bambino), indossare indumenti troppo stretti attorno al seno, produzione eccessiva di latte e svezzamento troppo rapido e prematuro.
Diagnosi
É possibile diagnosticare la mastite richiedendo una visita specialistica, durante la quale il medico, l’ostetrica o il professionista in genere, tramite esame obiettivo, analizza lo stato del seno e i sintomi evidenziati dalla paziente, generalmente sufficienti per identificare la mastite.
E’ importante intervenire con una pronta terapia per evitare che la mastite possa complicarsi con disturbi di altro genere.
Solo raramente si rendono necessari esami di laboratorio e strumentali quali:
- Ecografia mammaria o mammografia, per diagnosticare un ascesso o escludere un tumore alla mammella.
- Esame colturale del latte: in caso di ripetuti episodi di mastite, permette di determinare con precisione quale sia l’agente infettivo responsabile per intervenire con una terapia antibiotica specifica e corretta.
- Esami di laboratorio o altre procedure diagnostiche sono richiesti solo nel caso in cui la mastite non risulti responsiva al trattamento; se recidiva; se viene contratta in ospedale; se la donna riferisce allergie nei confronti dei normali antibiotici.
Una diagnosi differenziale è richiesta se la mastite non passa nel giro di 12 ore ed anzi peggiora
In tal caso il medico potrebbe richiedere degli esami per individuare o escludere:
- carcinoma infiammatorio della mammella (una grave forma di neoplasia che si manifesta con i sintomi tipici di una mastite);
- malattia di Mondor (infiammazione di vene sottocutanee della parete toracica, generalmente secondaria ad un trauma locale);
- mastodinia (dolore mammario ciclico in assenza di infezione che aumenta nel periodo premestruale).
Rischi e complicazioni
Il periodo più critico per la comparsa della mastite sono le prime settimane di allattamento.
La mamma deve conoscere bene le modalità di attaccamento del bambino al seno, per evitare complicazioni.
Fattori di rischio che aumentano le probabilità di incorrere in questa infiammazione sono:
- errato attaccamento al capezzolo da parte del neonato, che afferra solo una parte del capezzolo e non l’intera areola;
- utilizzo ripetuto ed esclusivo dello stesso seno per diverse poppate consecutive, lasciando ingorgare l’altro seno;
- lesioni come le ragadi, causate dallo scorretto attaccamento al capezzolo da parte del bambino, e piccole ferite al capezzolo, incluse quelle dovute all’uso di piercing;
- utilizzo di reggiseno o indumenti troppo restrittivi a livello toracico;
- diabete e altre malattie croniche che debilitano il sistema immunitario.
Se trascurata, la mastite può evolvere verso complicanze più serie come l’ascesso, ovvero una raccolta di pus a livello della ghiandola mammaria.
In questi casi diventa necessario procedere con un trattamento di tipo chirurgico o con aspirazione con ago sottile ECO-guidata (in caso di ascesso di dimensioni modeste) o tramite incisione chirurgica con drenaggio (in caso di ascesso di maggiori dimensioni).
Terapie
La prima cosa che una mamma può fare ai primi segnali di mastite è quella di continuare ad allattare il bambino cominciando dal seno colpito e con grande frequenza per facilitare l’eliminazione di blocchi e ingorghi.
Se il dolore interferisce (come spesso accade) con il processo di allattamento, le mamme possono invece iniziare ad allattare dal seno sano passando a quello dolorante un po’ per volta oppure possono aiutarsi con un tiralatte quindi procedendo con lo svuotamento manuale (anche sotto la doccia).
Inoltre, bisogna supportare il posizionamento e l’attaccamento al seno, provando posizioni di allattamento diverse, aiutandosi anche con un cuscino nel sostenere il bambino (i cuscini da allattamento sono particolari modelli pensati appositamente per aiutare le mamme in allattamento), nel tentativo di eliminare l’eventuale blocco.
Il riposo è molto importante, così come è consigliabile fare degli impacchi caldi prima della poppata per stimolare il flusso di latte e raffreddarlo con impacchi freddi dopo la poppata per lenire il dolore e l’infiammazione (il freddo ha effetto antinfiammatorio).
Il medico potrebbe suggerire l’utilizzo di analgesici per alleviare il dolore e favorire l’erogazione di latte, un antinfiammatorio come l’ibuprofene, ad esempio.
Se la febbre sale o i sintomi non sono migliorati nel giro di 12/24 ore, di norma per il trattamento della mastite vengono raccomandati gli antibiotici ma ne occorre uno efficace e compatibile con l’allattamento al seno (va assunto solo su prescrizione medica).
Se infine i sintomi della mastite non scompaiono entro pochi giorni, allora è il caso di richiedere un consulto medico per una diagnosi differenziale più ampia che potrebbe confermare la presenza di batteri resistenti, la formazione di ascessi o degli altri problemi al seno precedentemente descritti.
Prevenzione
La mastite è assolutamente prevenibile con corrette pratiche di allattamento, quindi con la giusta formazione della mamma in fase pre-parto.
Dopo la nascita, la mamma deve accertarsi che il bambino si attacchi correttamente al seno durante l’allattamento, che la mammella venga svuotata completamente prima di offrire l’altra e che le mammelle vengano alternate a ogni poppata, seguendo l’allattamento a richiesta da parte del bambino.
Durante l’allattamento è importante che la mamma si idrati bevendo spesso e che la sua dieta sia sana ed equilibrata.
Non dimentichiamo, infatti, che tanti dei piccoli disturbi del bambino allattato al seno sono correlati agli errori alimentari della madre.
A livello preventivo, la mamma deve praticare una corretta igiene della mammella durante la gravidanza e durante l’allattamento, lavare il seno prima e dopo ogni poppata 3-4 volte al giorno con acqua tiepida e un sapone delicato, asciugando la zona con cura, allattare se possibile sino al naturale svezzamento ed oltre ed evitare reggiseni e indumenti troppo costrittivi per il seno, a vantaggio di reggiseni comodi e in cotone, che lascino respirare le mammelle.
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