Mesotelioma, nel 2019 in Italia stimati 1.800 nuovi casi. Studio europeo su immunoterapia degli Ospedali Riuniti di Ancona
Mesotelioma. L’immunoterapia diventa personalizzata per combattere il mesotelioma pleurico, il cancro che colpisce la sottile membrana che riveste la pleura e che e’ associato all’esposizione, professionale o ambientale, all’amianto.
La nuova frontiera e’ rappresentata dall’immunoterapia a base di cellule dendritiche: queste ultime sono ricavate con un prelievo di sangue dal paziente, vengono elaborate in laboratorio attraverso una complessa procedura, addestrate a stimolare la risposta immunitaria e poi reinserite nel corpo del malato.
Ogni paziente riceve una dose ‘su misura’ di cellule dendritiche stimolate in laboratorio.
Per sperimentare il nuovo approccio, parte uno studio europeo che vede, come unico centro italiano coinvolto, la Clinica Oncologica dell’Universita’ Politecnica delle Marche – Ospedali Riuniti di Ancona.
MESOTELIOMA, ANCONA UNICO CENTRO ITALIANO DELLO STUDIO EUROPEO SULL’IMMUNOTERAPIA
Lo studio si chiama DENIM (Dendritic Cell-based immunotherapy to treat Malignant Mesothelioma) ed e’ svolto in 6 strutture europee: oltre a quella marchigiana, l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam (centro coordinatore), il Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, lo University Hospital Antwerp (UZA) in Belgio, l’Universita’ di Leicester nel Regno Unito e il Centre Hospitalier Regional Universitaire di Lille in Francia.
Saranno coinvolti 230 pazienti, di cui 30 ad Ancona, e il termine della sperimentazione e’ previsto a dicembre 2021.
Nel nostro Paese, nel 2019, sono stati stimati 1.800 nuovi casi di mesotelioma (1.300 uomini e 500 donne).
‘L’immunoterapia a base di cellule dendritiche si distingue dall’immunoterapia utilizzata finora con successo in neoplasie come il melanoma, il tumore del polmone e del rene, perche’ parte dal paziente e ritorna al malato passando attraverso una complessa procedura in laboratorio.
Per questo, possiamo definirla piu’ moderna e precisa- afferma la Prof.ssa Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Universita’ Politecnica delle Marche e Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona-.
Ad oggi non esiste una terapia curativa per il mesotelioma.
A differenza di altri tumori solidi, anche in caso di diagnosi precoce, il trattamento chirurgico non ha impatto sulla sopravvivenza a causa dell’elevato tasso di recidive locali.
Pertanto, nella maggior parte dei casi, il primo approccio terapeutico e’ di tipo farmacologico tramite chemioterapia.
LA CHEMIOTERAPIA UNICO APPROCCIO TERAPEUTICO IN CASI DI MESOTELIOMA
Dal 2004, il regime chemioterapico di combinazione (cisplatino/carboplatino con l’antifolato pemetrexed) e’ considerato lo standard di cura in prima linea ad intento palliativo.
Ad oggi, non ci sono altri regimi terapeutici approvati.
Non vi sono neppure standard terapeutici per il trattamento di mantenimento della risposta ottenuta con la chemioterapia in prima linea, ne’ standard di cure approvati nelle linee successive.
Lo studio DENIM nasce, quindi, per i pazienti che rispondono alla chemioterapia ed e’ finalizzato a modulare la risposta immunitaria per mantenere e consolidare i benefici ottenuti’.
Si tratta di uno studio randomizzato, in aperto, di fase 2/3 in pazienti adulti affetti da mesotelioma pleurico e che hanno ottenuto controllo di malattia con la chemioterapia di prima linea.
È previsto il confronto di due opzioni di trattamento dopo la chemioterapia standard: immunoterapia a base di cellule dendritiche insieme alla migliore terapia di supporto rispetto alla sola terapia di supporto.
‘I pazienti nel braccio sperimentale sono sottoposti a leucaferesi- sottolinea la Prof.ssa Berardi-.
È la procedura che permette di separare e raccogliere globuli bianchi dal sangue periferico, per ottenere cellule dendritiche.
Le cellule dendritiche immature sono poi esposte a una miscela di lisati da 5 linee di cellule tumorali di mesotelioma.
In questo modo sono stimolate fuori dal microambiente tumorale, cioe’ fuori dal corpo, per poi essere ‘reinserite’ nel paziente per via endovenosa’.
UN LAVORO DI GRUPPO, QUELLO DI ANCONA
La valutazione e il trattamento dei pazienti verranno effettuati in Ancona, con la piena collaborazione tra la Clinica Oncologica, la Clinica Ematologica diretta dal prof. Attilio Olivieri, la Farmacia Ospedaliera diretta dalla dott.ssa Adriana Pompilio, il Laboratorio Analisi diretto dal dott. Marco Moretti e la sezione di Istologia diretta dalla prof.ssa Monica Mattioli Belmonte Cima, mentre le procedure di leucaferesi e di preparazione della immunoterapia a base di cellule dendritiche verranno realizzate presso l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam.
Il protocollo si inserisce nell’ambito di progettualita’ di ricerca gia’ attive in collaborazione anche con la prof.ssa Lory Santarelli della Medicina del Lavoro dell’Universita’ Politecnica delle Marche ed il suo team.
‘Lo studio europeo ‘DENIM’, che vede come unico centro italiano coinvolto la Clinica Oncologica dell’Universita’ Politecnica delle Marche – Ospedali Riuniti di Ancona, dimostra come la ricerca scientifica sia fortemente legata allo sviluppo e al benessere di tutti, motore per il progresso dell’umanita’- afferma il Prof. Gian Luca Gregori, Rettore Universita’ Politecnica delle Marche (UNIVPM)-.
La sperimentazione, inoltre, vede coinvolte 6 strutture europee, oltre a quella marchigiana, perche’ gli sviluppi scientifici nascono e migliorano la vita delle persone, grazie alla condivisione delle conoscenze e alla collaborazione scientifica nazionale e internazionale.’
‘Come Ospedali Riuniti siamo fieri di essere, grazie alla magistrale regia della Prof.ssa Rossana Berardi, la struttura sanitaria nella quale si e’ coordinato il protocollo assistenziale del mesotelioma pleurico, una delle poche malattie per le quali e’ evidente la correlazione con una eziologia specifica- spiega il Dott. Michele Caporossi, Direttore Generale degli Ospedali Riuniti di Ancona-.
Oltre ai contenuti assistenziali e di ricerca vogliamo farne strumento di diffusione di buone pratiche di prevenzione a livello ambientale’.
IL MESOTELIOMA E’ UN TUMORE TERRIBILE: SOLO 8,5% SOPRAVVIVE NEI 5 ANNI
Nel nostro Paese, la sopravvivenza a 5 anni e’ pari all’8,5%.
L’eta’ media alla diagnosi e’ di 70 anni, senza differenze di genere.
Piu’ del 90% dei casi di mesotelioma registrati e’ a carico della pleura, i restanti interessano principalmente il peritoneo e il pericardio.
L’Italia e’ uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dall’epidemia di malattie correlate all’amianto.
Questa condizione e’ la conseguenza dell’ampio utilizzo di questo minerale, quantificabile a partire dal dato di 3.748.550 tonnellate prodotte nel nostro Paese nel periodo dal 1945 al 1992 e 1.900.885 tonnellate importate nella stessa finestra temporale.
La produzione, lavorazione e vendita di amianto sono vietate in Italia dal 1992.
‘È essenziale la sorveglianza sulle persone piu’ esposte, cioe’ gli ex lavoratori degli stabilimenti che producevano o trattavano asbesto, perche’ la malattia ha tempi di latenza molto lunghi, fino a oltre 40 anni- conclude la Prof.ssa Berardi-.
Oggi la grande attenzione al tema delle malattie asbesto-correlate nel nostro Paese, a quasi 30 anni dal bando di ogni forma di estrazione, lavorazione, importazione e commercio di amianto, deriva dal fatto che e’ in corso la massima incidenza di mesoteliomi per l’intenso uso del materiale dal secondo dopoguerra fino agli anni ’80 e per la lunga latenza della malattia.
In Italia, e’ attivo un efficace sistema nazionale di sorveglianza attraverso la segnalazione obbligatoria, i cui dati confluiscono nel Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM), uno strumento molto importante per fotografare l’incidenza della malattia.
Nelle Marche, nel periodo 1993-2015, sono stati registrati 537 casi di mesotelioma pleurico e Ancona e’ una citta’ direttamente interessata dal problema per la presenza di cantieri navali, i cui lavoratori, in passato, sono stati esposti all’amianto anche nelle attivita’ di riparazione e demolizione spesso in spazi chiusi.
I malati di oggi sono la conseguenza dell’esposizione che risale anche a 40 anni fa e che domani auspicabilmente non vedremo grazie alle tante azioni di prevenzione messe in campo negli ultimi 30 anni’.
PER APPROFONDIRE:
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