Morbo di Crohn: sintomi, complicanze e terapie
Il Morbo di Crohn è un’infiammazione cronica che può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente nell’ultima parte dell’intestino tenue chiamato Ileo (ileite) o nel colon (colite) oppure in entrambi (ileo-colite)
Nei tratti intestinali colpiti si hanno infiammazione, gonfiore ed ulcerazioni che interessano a tutto spessore la parete intestinale.
Quante sono in Italia le persone colpite da morbo di Crohn o da rettocolite ulcerosa?
Allo stato attuale non esiste un Registro Nazionale delle M.I.C.I., né dati attendibili.
Comunque si calcola che in Italia vi siano almeno 100.000 persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali.
Per quanto riguarda più strettamente la malattia di Crohn, essa si presenta prevalentemente in età giovanile (20/25 anni) e in terza età (65 anni) ma non sono rari casi anche nei bambini e negli adolescenti.
Tale malattia, inoltre, è presente prevalentemente nei Paesi ad alto sviluppo industriale mentre è rara, se non assente, in quelli del Terzo Mondo.
Quali sono i sintomi del morbo di Crohn?
Anche se vi sono delle variazioni da caso a caso, nella malattia di Crohn sono predominanti i dolori addominali (talvolta, se acutissimi, possono simulare un attacco d’appendicite) associati a diarrea e, talora, a febbre.
Il dolore si localizza nella sede dell’ombelico o nella parte destra dell’addome e spesso si presenta dopo i pasti.
Possono comparire, seppure più raramente, dolori alle articolazioni, diminuzione dell’appetito o dimagrimento.
Altri segni precoci della malattia possono essere rappresentati dalla presenza di fistole anali (anormali aperture tra l’intestino e la superficie cutanea, vicino all’ano) ed ascessi.
Quali sono le cause?
Tuttora le cause sono ignote e ciò limita la terapia medica all’uso di farmaci che controllano l’infiammazione.
Sicuramente si può affermare, stando alle attuali conoscenze scientifiche, che non si tratta di una malattia contagiosa, che non è causata dagli alimenti e che non è psicosomatica (cioè non è provocata da fattori psicologici individuali).
La malattia di Crohn è ereditaria?
Non si tratta di una malattia ereditaria nel senso stretto del termine, così come lo possono essere l’anemia mediterranea e l’emofilia, che sono considerate malattie genetiche, trasmissibili, cioè, attraverso i cromosomi.
Esiste, tuttavia, una qualche predisposizione familiare nello sviluppo della malattia; infatti, un certo numero di pazienti (circa il 15/20%) ha uno o più parenti stretti affetti da morbo di Crohn (o colite ulcerosa).
Comunque, se un soggetto è affetto da questa malattia, vi è una bassa probabilità che un eventuale figlio possa contrarla a sua volta.
Perché il morbo di Crohn è definito malattia cronica?
A differenza di una malattia acuta, come ad esempio l’influenza, che si manifesta con un decorso breve e netto e che evolve con la guarigione, una malattia cronica come il Crohn, non guarisce definitivamente e può alternare lunghi periodi di benessere ad altri in cui i sintomi sono presenti.
Sfortunatamente, almeno sino ad oggi, non abbiamo nessuno strumento che possa predire con certezza una probabile ricaduta, cioè una riacutizzazione della malattia, dopo trattamento medico o intervento chirurgico.
Quali sono le complicanze del morbo di Crohn?
Le complicanze di una malattia possono essere definite dagli eventi che ne rendono più complesso e fastidioso l’andamento clinico.
Nella malattia di Crohn si possono verificare sia delle complicanze intestinali sia complicanze extraintestinali.
Le complicanze colpiscono tutti i malati di M.I.C.I.?
Assolutamente no. Esse riguardano circa il 10/20% dei pazienti.
Il restante 80/90% risponde in maniera soddisfacente alla terapia medica e non presenta complicanze.
Quali sono le complicanze di tipo intestinale?
Gli episodi di ‘ostruzione intestinale’ (stenòsi) rappresentano probabilmente la complicanza intestinale più comune.
Questi episodi sono dovuti al fatto che il processo infiammatorio può creare restringimenti di alcuni tratti dell’intestino.
Tali restringimenti sono ‘poco distensibili’ e possono causare crampi, meteorismo (formazione di gas), distensione addominale sino ad arrivare, talvolta, ad un’ostruzione parziale (sub-occlusione) o anche ad un’ostruzione completa del flusso intestinale (occlusione).
In quest’ultimo caso, i sintomi descritti possono essere associati a nausea e vomito.
L’ostruzione si può verificare più facilmente in presenza di cibo non digerito, come nocciole o semi, o ammassi di fibre che impediscono il passaggio d’altro materiale.
Questa è una delle ragioni per cui i pazienti con morbo di Crohn che presentano zone stenotiche dovrebbero evitare cibi con ‘fibre grossolane’, difficili da digerire.
Se si verificano episodi ricorrenti di tipo occlusivo o sub-occlusivo, questi restringimenti possono rappresentare un’indicazione all’intervento chirurgico.
Le ‘perforazioni’ (causa successiva di ascesso) sono un’altra complicanza non infrequente nei casi di malattia molto attiva.
Occasionalmente possono dar luogo a imponente sanguinamento rettale; tuttavia l’emorragia ha, in generale, carattere più graduale.
Anche ‘ascessi addominali’ e ‘fistole’ sono caratteristici della malattia di Crohn (il 25% circa dei malati) e sono considerati un’estensione dello stesso processo patologico.
Un ascesso consiste in una cavità formata dalla distruzione dei tessuti.
La fistola è una comunicazione anomala che può svilupparsi dalla cavità ascessuale fino ad un’altra zona intestinale o alla pelle oppure anche ad un altro organo intraddominale.
I sintomi di un ascesso o di una fistola dipendono dalla loro localizzazione.
Un ascesso di solito provoca febbre, dolore addominale e distensione localizzata e può risolversi spontaneamente oppure può rendersi necessario un intervento chirurgico d’incisione.
La cura di una fistola richiede la vera e propria rimozione della parte d’intestino gravemente infiammata, dalla quale trae origine.
In alcuni casi, tuttavia, le fistole possono guarire combinando insieme la terapia medica con il riposo dell’intestino (sospensione dell’alimentazione orale).
Quali sono le complicanze extraintestinali nella malattia di Crohn?
Molte complicanze del morbo di Crohn sono simili a quelle della colite ulcerosa.
Alcune sono correlate all’attività della malattia, mentre altre sembrano seguire un decorso relativamente indipendente.
Complicanze correlate all’attività della malattia possono interessare la cute, la bocca e gli occhi, così come le grosse articolazioni.
Quali sono le affezioni sistemiche?
Per ‘affezioni sistemiche’ s’intendono quei problemi che possono insorgere in sedi diverse dall’intestino, cioè laddove è localizzata la malattia e comprendono:
- infiammazione delle articolazioni – la prevalenza di queste patologie nelle persone con morbo di Crohn è superiore a quella della stessa popolazione generale (Es: spondilite anchilosante, sacroileite, dolore lombare);
- malattie del fegato: non sono frequenti nella morbo di Crohn, sebbene possano verificarsi delle alterazioni del tessuto epatico;
- calcoli nella cistifellea: in presenza di malattia di Crohn possono essere correlati ad un cattivo assorbimento degli acidi biliari dall’ileo terminale, perché infiammato o asportato chirurgicamente. Tale malassorbimento provoca una maggiore concentrazione di colesterolo nella bile, che provoca la formazione di calcoli;
- calcoli renali: se l’ileo terminale è infiammato o asportato, si ha un malassorbimento dei grassi che, legandosi al calcio, favoriscono l’assorbimento di ossalato, che è il principale costituente dei calcoli renali (ossalato di calcio).
Qual è la terapia medica del morbo di Crohn?
Esiste una terapia della fase acuta in cui sono impiegati aminosalicilati ‘(5-ASA)’ ‘cortisonici’ o ‘antibiotici’ e una terapia di mantenimento della remissione in cui è usato il ‘5-ASA’ o, nei casi più gravi, la ‘”6-Mercaptopurina’ (immunosoppressore).
Attualmente può essere consigliata anche una terapia per prevenire la recidiva, cioè la riacutizzazione nei pazienti operati.
Essa consiste nell’iniziare, subito dopo l’intervento, l’assunzione di 5-ASA, che sembra allungare i tempi di remissione della malattia.
Recentemente anche in Italia è stato posto in commercio un nuovo farmaco antinfiammatorio, il cui principio attivo si chiama Infliximab (attualmente in ‘fascia H’, quindi disponibile solo a livello ospedaliero).
Si tratta di un anticorpo monoclonale (anti-TNF), la cui azione è diretta a bloccare la citochina (mediatore dell’infiammazione) alfa-TNF, coinvolta nei meccanismi scatenanti il processo infiammatorio del morbo di Crohn.
Le indicazioni sono le seguenti: trattamento della malattia di Crohn in fase attiva, di grado severo, in pazienti che non hanno risposto alla terapia con cortisonici e/o immunosoppressori; trattamento della malattia di Crohn fistolizzante, che non ha risposto ad un adeguato ciclo di terapia convenzionale.
Com’è la prognosi del morbo di Crohn?
Le prospettive sono molto variabili e dipendono da molti fattori tra cui:
- localizzazione ed estensione della malattia;
- complicanze;
- risposta individuale alle cure.
Ci sono malati che presentano problemi di scarsa importanza.
Questi possono avere sintomi intermittenti di dolori addominali e devono stare attenti alla dieta per evitare i cibi che possono aumentare i loro inconvenienti.
Alcuni richiedono cure costanti con somministrazione di alte dosi di cortisonici ed altri farmaci al fine di controllare l’attività della malattia.
Altri possono richiedere numerosi interventi chirurgici per trattare frequenti occlusioni intestinali.
Altri ancora possono subire un solo intervento per ‘ileite’ e non avere mai più grossi problemi.
La maggior parte dei pazienti si trova, comunque, in una situazione intermedia e conduce una vita sana, senza necessità di seguire una dieta ed assumere farmaci al bisogno.
Come è noto, non vi è alcun problema nel voler formare una famiglia.
Gli uomini con malattia di Crohn sono di solito fertili, sebbene in rari casi l’assunzione di particolari farmaci possa dare transitorie alterazioni a carico degli spermatozoi.
Le donne possono condurre una gravidanza senza complicanze, purché il concepimento avvenga in un periodo di remissione.
È stato dimostrato, inoltre, che i farmaci comunemente usati per controllare la sintomatologia sono innocui, sia per la madre, sia per il bambino.
Malgrado esista una maggiore probabilità di malattia di Crohn nell’ambito di una famiglia, all’interno della quale vi sia un membro già affetto, non è dimostrata alcuna possibilità che un componente della famiglia la trasmetta ad un altro.
La remota possibilità che un figlio sviluppi la malattia non è sufficiente ad impedire ad una coppia che lo desideri di avere figli.
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