Ocse, rapporto sull'Italia: investire su infermieri e assistenza primaria
Investire maggiormente nel lavoro degli infermieri e ampliare l’assistenza primaria con un maggior accreditamento dei servizi, in testa le reti per l’assistenza territoriale e gli ospedali di comunità (dove gli infermieri rappresentano la prima risorsa per il funzionamento e la gestione, come spiega lo stesso Patto per la salute).
A rilanciare ruolo e importanza delle professioni sanitarie questa volta è l’Ocse, che nella sua nella “Revisione sulla qualità dell’assistenza sanitaria in Italia”, un lavoro di indagine e ricerca avviato da un progetto del 2012 finanziato dal ministero della Salute ed elaborato dalla Divisione Salute dell’Ocse di Parigi, con la collaborazione di Agenas e della direzione generale della Programmazione sanitaria della Salute, ha promosso il Servizio sanitario italiano, ma ne ha indicate anche le criticità e ha suggerito le soluzioni da porre in testa all’agenda di Governo e Regioni.
Le indicazioni Ocse sono quelle di garantire che gli sforzi attuali per contenere la spesa sanitaria non intacchino la qualità, principio fondamentale di governance. E la necessità di sostenere le Regioni che hanno una infrastruttura più debole, perché eroghino servizi di qualità come quelle con le performance migliori, grazie a un approccio più “solido” e “ambizioso” al monitoraggio della qualità e al miglioramento del sistema.
“L’Italia – sottolinea Annalisa Silvestro, senatrice e presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi – va lenta nell’applicare leggi che ha già, come la riforma Balduzzi, e che prevedono di potenziare prima di tutto il territorio, considerando che la popolazione è sempre più anziana, fragile e affetta da patologie corniche. Al tempo stesso secondo l’Ocse la spesa sanitaria nelle Asl appare ancora diretta soprattutto a tipi tradizionali di servizi di cure primarie, quali medici individuali, con una piccola spesa destinata a servizi per pazienti fragili o quelli con condizioni croniche. Cambiate in fretta, sollecita l’Ocse. Soprattutto con la promozione della qualità del personale sanitario, potenziando gli indicatori relativi all’assistenza primaria e territoriale che oggi non bastano a inquadrare l’efficacia, della sicurezza e della centralità del paziente”.
“Oggi – continua Silvestro – non c’è nel Ssn quello che da tempo stiamo sollecitando e che l’Ocse indica come necessità: rilevazioni di indicatori di qualità o di esito a livello di singolo professionista e standard nazionali per l’assistenza primaria, ampliando il focus del nuovo programma di accreditamento nazionale ai servizi di assistenza primaria e territoriale, compreso il nuovo insieme di reti per l’assistenza territoriale e di ospedali di comunità. Si tratta di partite dove gli infermieri sono sempre in primo piano anche nelle recenti norme di programmazione nazionale. E si tratta di passi importanti da fare subito, come quello della ri-certificazione, che prevede valutazioni più rigorose come una valutazione completa tra pari e stimola i professionisti a riflettere sui propri punti di forza e debolezza”.
“ Ma soprattutto – conclude Silvestro – la parola chiave che l’Ocse indica all’Italia è una, in questo periodo spesso davvero poco ascoltata: lavoro di squadra. La salute e l’assistenza ai pazienti non si fa continuando a ‘sopravvivere’ l’un contro l’altro armati. E non si fa senza quelle sinergie e quella divisione di compiti e competenze che non intaccano i saperi, ma consentono di realizzare per i pazienti quella continuità nell’assistenza che va oltre la qualità dei servizi e diventa qualità della vita”.