Pelle sotto stress, i dermatologi mettono sul banco degli imputati smart working, pc, cellulari e tablet
Pelle sotto stress, i dermatologi indicano alcuni fattori di rischio. In questo periodo di pandemia trascorriamo molto più tempo a casa, soprattutto se si lavora in smart working, ma le insidie sono in agguato: l’esposizione all’inquinamento indoor e alle radiazioni provenienti dai dispositivi digitali, Pc, tablet e telefonini, impattano sull’equilibrio della pelle più di quanto non immaginiamo.
Ad affermarlo la dottoressa Norma Cameli, Responsabile della Dermatologia Correttiva dell’Istituto Dermatologico San Gallicano Irccs di Roma al 94esimo Congresso nazionale SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse.
Congresso di dermatologia, focus su pelle sotto stress
Al Congresso, che quest’anno si svolge in versione digitale dal 3 al 6 novembre, l’esperta non solo ha rivelato i rischi dell’inquinamento “casalingo”, ma anche le strategie per evitarne le conseguenze e le terapie più adatte sia in fatto di prevenzione che di cura.
“In Italia l’inquinamento indoor è poco considerato- spiega la dottoressa Cameli- ma diversi studi cinesi ne hanno evidenziato le conseguenze e studi francesi dimostrano che addirittura può essere 5-10 volte più intenso di quello outdoor.
Infatti in casa abbiamo fenomeni di combustione per la cottura degli alimenti, riscaldamento ed aria condizionata con tutte le problematiche relative al cambio di ventilazione.
Poi vanno considerati anche i materiali d’arredo, le vernici e le colle che possono emettere sostanze inquinanti, disinfettanti e detersivi che, se usati in modo errato, possono avere un significativo impatto sull’aria e quindi sulla nostra pelle.
Infine- prosegue- la continua esposizione ai dispositivi digitali che emettono luce blu, che crea sulla nostra pelle un notevole stress ossidativo.
Il risultato è l’aumento dei radicali liberi e l’attivazione delle metalloproteinasi che degradano collagene e fibre elastiche.
Tutti questi fattori possono stimolare anche l’iperpigmentazione, ossia le macchie scure sulla pelle, che spesso anticipa la sua comparsa in una fascia d’età che va dai 40 ai 50 anni.
Normalmente, infatti, è stato calcolato che l’iperpigmentazione colpisce il 90% dei caucasici con più di 60 anni”.
L’iperpigmentazione è una problematica molto sentita, ad esempio in Brasile rappresenta il 23% delle richieste di intervento ai dermatologi.
Uno studio cinese del 2017 realizzato su 400 donne cinesi, e pubblicato sul JEADV, ha evidenziato che quante vivevano in zone particolarmente inquinate presentavano un aumento delle lentigo sul dorso delle mani 2.8 superiore rispetto alle donne che abitavano in zone con minor inquinamento.
Quanto alla luce blu, emessa dai dispositivi digitali come pc, tablet e telefonini, sottolinea ancora l’esperta “è stato rilevato che può influire sul ritmo circadiano della nostra pelle; per cui i meccanismi riparatori che di notte agiscono sulla replicazione e sulla rigenerazione cellulare vanno in corto circuito e vengono compromessi”.
Come prevenire o porre rimedio a queste problematiche? Innanzitutto va fatta una corretta diagnosi, tra i vari tipi di iperpigmentazione: melasma, lentigo solari o iperpigmentazioni postinfiammatorie.
A quel punto va impostata la terapia più idonea: “I trattamenti medici devono infatti essere effettuati in base al tipo e alla profondità della lesione– continua- in particolare si utilizzano i depigmentanti a base di inibitori della tirosinasi, che è l’enzima chiave della pigmentazione.
Le attuali conoscenze sulla biologia dei melanociti e sui processi di sintesi della melanina hanno aperto nuove strade a differenti approcci terapeutici per il trattamento topico.
Molecole efficaci sono i derivati del resorcinolo, l’acido Kojico, l’acido azelaico, l’acido fitico, l’arbutina e l’acido glicirretico, il tocoferolo, il coenzima Q10 e la vitamina C.
Nuove ricerche ipotizzano un ruolo della componente vascolare nel processo di insorgenza del melasma, e quindi può risultare utile l’utilizzo dell’acido tranexamico, un inibitore della fibrinolisi.
Le molecole depigmentanti che agiscono attraverso vari meccanismi di azione possono essere associate.
I vantaggi legati all’associazione sono legati all’abbassamento della dose efficace per ciascun componente ed alla riduzione degli effetti collaterali.
Inoltre i trattamenti topici possono essere associati a trattamenti fisici (quali laser frazionali, radiofrequenza e skin needling) che favoriscono la loro penetrazione e quindi risultati clinici migliori”.
Ma anche noi possiamo, con il nostro comportamento, facilitare la guarigione della nostra pelle?
“Assolutamente sì” conclude l’esperta: “Cerchiamo di usare i detergenti in modo appropriato, di areare frequentemente gli ambienti, di spegnere i dispositivi elettronici di notte per evitare emissioni di luce blu.
Usiamo anche creme ricche di antiossidanti per neutralizzare i radicali liberi e cerchiamo di alimentarci in modo corretto, assumendo tanta vitamina C, antiossidanti e licopene.
E soprattutto, seguire scrupolosamente i consigli del nostro dermatologo”.
Per approfondire:
Lavorare nell’emergenza COVID-19. Mascherine e gel: come proteggere la pelle