Pemfigo: cause, sintomi, diagnosi e trattamento
Il pemfigo è una dermatosi bollosa autoimmune della cute e delle mucose caratterizzata dall’alterazione dei meccanismi di adesione cellulare dell’epidermide, in particolare dei desmosomi
Compare a seguito di una reazione autoimmune che coinvolge principalmente un gruppo particolare di anticorpi denominato IgG4 e IgA in alcune forme più rare.
La malattia presenta un andamento cronico e può essere potenzialmente fatale se non trattata adeguatamente.
Cos’è il pemfigo?
Il termine pemfigo deriva dal greco e significa letteralmente “pustola” e sta a identificare un gruppo di dermatosi bollose.
Questa malattia cutanea rara è caratterizzata dall’acantolisi, cioè la perdita di adesione intracellulare con la conseguente comparsa di lesioni dolorose (vescicole) a livello cutaneo e delle mucose.
L’esordio della malattia si manifesta generalmente nei soggetti fra i 50 e i 60 anni o nei soggetti anziani, sebbene si siano registrati casi di esordio anche a livello infantile.
L’esordio della malattia è caratterizzato dalla comparsa di bolle flaccide che hanno la tendenza a rompersi facilmente e provocando lesioni ed erosioni dolorose.
Nella maggior parte dei casi le bolle compaiono inizialmente nelle mucose, ma possono interessare anche la faccia, lo scalpo, il torace, i cavi ascellari, l’inguine, l’esofago, il retto, il naso e/o le palpebre.
I reperti clinici distintivi del pemfigo, che rispecchiano la mancanza di coesione epidermica, sono
- Il segno di Nikolsky: tramite pressione o sfregamento della cute sana in prossimità di una bolla con un dito, si manifesta uno scollamento caratteristico dell’epidermide.
- Il segno di Asboe-Hansen: tramite una leggera pressione sulle bolle intatte il liquido si estende sotto la pelle adiacente.
Sembra che la patologia colpisca prevalentemente pazienti appartenenti al gruppo etnico mediterraneo, in modo particolare gli ebrei Ashkenazi.
Cause
Il pemfigo è dovuto prevalentemente all’alterazione dei meccanismi di adesione cellulare dell’epidermide. Nello specifico la malattia viene innescata dalla presenza di autoanticorpi specifici (IgG o IgA) che attaccano una componente dei desmosomi, danneggiando queste strutture che sono responsabili dei legamenti di cellule epidermiche adiacenti.
Questi anticorpi anomali reagiscono con particolari glicoproteine presenti sui desmosomi: le desmogleine.
Attaccando tali componenti, gli autoanticorpi inducono il rilascio di plasminogeno che, di conseguenza, distrugge i ponti intercellulari e lisi delle cellule dello strato epidermico innescando il fenomeno chiamato acantolisi.
A seguito di tale processo viene richiamato per diffusione osmotica il liquido trasudatizio che forma così il caratteristico rigonfiamento al di sotto dello strato esterno cutaneo, cioè la bolla.
Tipologie di pemfigo
Sono state individuate diverse forme cliniche di questa malattia che variano in base alla gravità, alla posizione delle vescicole nei diversi strati dell’epidermide e al tipo di desmogleina colpita dagli anticorpi.
Le principali forme di pemfigo sono:
- Pemfigo volgare
- Pemfigo vegetante
- Pemfigo foliaceo
Esistono poi alcune forme particolari di pemfigo, di recente inquadramento clinico
- Pemfigo ad IgA
- Pemfigo paraneoplastico
- Pemfigo indotto da farmaci
- Pemfigo erpetiforme
Pemfigo volgare
Il pemfigo volgare è tra le forme cliniche più comuni di questa malattia.
In questo caso l’autoanticorpo che interviene sulla desmogleina provoca un’acantolisi a livello basso dell’epidermide, con la conseguente formazione di vesciche su mucose e cute.
L’esordio della malattia coinvolge inizialmente le mucose del cavo orale e le regioni limitrofe, con la comparsa di bolle che vengono spesso scambiate per semplici afte.
Col passare del tempo la malattia tende ad acutizzarsi, con la comparsa di lesioni anche a livello cutaneo che possono essere simili a quelle che compaiono a seguito di ustioni di secondo grado.
Le bolle tendono a rompersi e a rimarginarsi con difficoltà, rendendo il paziente suscettibile alle infezioni.
Le lesioni appaiono
- Flaccide ed estremamente fragili
- Di dimensioni variabili da uno a più centimetri
- Fredde
- Con contenuto limpido
Una tempestiva e corretta diagnosi e la conseguente terapia sono importantissimi in quanto il decorso della malattia è subacuto e cronico, che può avere conseguenze fatali.
Pemfigo vegetante
Il pemfigo vegetante è una variante ipertrofica del pemfigo volgare, di cui rappresenta un’evoluzione.
Pur presentandosi con un quadro clinico simile a quello volgare, il pemfigo vegetante ha una prognosi migliore.
Le lesioni si presentano inizialmente come
- Morbide al tatto
- Di colore rosso
- Secernenti liquido dal cattivo odore (vegetazioni umide)
In seguito, la rottura di queste vescicole provoca la formazione di placche erosive.
Questa forma di pemfigo è localizzata quasi sempre nelle grandi pieghe come la zona ascellare o dell’inguine ed è caratterizzata dalla presenza di sovrainfezioni molto spesso micotiche.
Il decorso della malattia è più lungo rispetto alla versione volgare ma anche più benigno in quanto si localizza in regioni cutanee limitate.
Pemfigo foliaceo
Il pemfigo foliaceo non interessa le mucose, ma presenta danni cutanei agli strati più superficiali dell’epidermide.
La malattia è caratterizzata da bolle flaccide che si formano generalmente sul cuoio capelluto e si estendono gradualmente al torace, la schiena ed il viso.
Se non trattate queste bolle tendono ad estendersi su tutto il corpo, a rompersi molto facilmente e a dare origini a lesioni erosive e sottili croste squamose.
A differenza del pemfigo volgare, nel pemfigo foliaceo la maggior parte delle lesioni porta prurito.
Inoltre, le bolle continuano a desquamarsi e riformarsi conferendo alla cute un aspetto esfoliativo che può trarre in inganno.
Spesso, infatti, la malattia non viene diagnosticata correttamente e viene confusa con dermatite o eczema.
Pemfigo ad IgA
Il pemfigo ad IgA è tra le forme meno dannose di pemfigo e rientra anche tra le forme più rare.
Anche in questo caso la malattia è caratterizzata da bolle flaccide intraepidermiche con disposizione arciforme, localizzate generalmente sul tronco e in prossimità degli arti.
Il decorso della malattia è abbastanza benigno, tuttavia tende a recidivare.
Il pemfigo ad IgA si suddivide ulteriormente in dermatosi pustolosa subcorneale e la dermatosi intraepidermica neutrofilica che, pur avendo clinicamente forme simili, presentano diversi bersagli antigenici.
Pemfigo paraneoplastico
Malattia associata alla presenza di una neoplasia, spesso di forma maligna.
È quindi una complicanza di alcune forme di cancro, soprattutto carcinomi, linfomi e sarcomi.
Può derivare dalla produzione da parte del tumore di particolari antigeni e dalla generale depressione del sistema immunitario.
La malattia si manifesta con ampie zone di scollamento della cute e delle membrane mucose.
Spesso comporta gravi ulcere nella bocca e nella zona delle labbra, coinvolgendo spesso in modo grave anche i polmoni.
Le condizioni associate a pemfigo paraneoplastico possono migliorare a seguito del trattamento mirato alla cura della lesione tumorale, tuttavia i danni associati ai polmoni sono generalmente irreversibili.
Pemfigo indotto da farmaci
Alcune volte il pemfigo può svilupparsi come effetto collaterale dovuto all’uso di alcuni farmaci come gli ACE inibitori oppure sostanze come la penicillina.
Clinicamente questa forma di pemfigo assomiglia a quella autoimmune, tuttavia la malattia tende a risolversi spontaneamente e senza alcun trattamento a seguito del fattore scatenante, cioè dopo la sospensione del farmaco che induce la malattia.
Pemfigo erpetiforme
Questo tipo di pemfigo è caratterizzato dalla comparsa di lesioni intermedie tra vescicole e bolle che tendono a svilupparsi in zone periferiche con estensione centrifuga.
Il decorso della malattia tende ad essere benigno, ma non è escluso che possa evolvere in forme più gravi come il pemfigo volgare o foliaceo.
Diagnosi
Dato che il pemfigo è una malattia rara non è sempre immediata da diagnosticare in quanto la presenza di lesioni non è sufficiente a definire con certezza la patologia.
Come prima cosa per diagnosticare correttamente il pemfigo gioca un ruolo importante l’esame obiettivo per dimostrare i due segni nominati precedentemente: il segno di Nikolsky e il segno di Asboe-Hansen.
Tuttavia, la diagnosi odierna si basa sulla biopsia cutanea di aree di pelle lesionata e quella circostante (perilesionale).
Inoltre, vengono utilizzate nella diagnosi tecniche di immunofluorescenza su siero o cute dei pazienti, che servono ad evidenziare la presenza di autoanticorpi diretti contro le desmogleine delle membrane cheratinocitarie.
Non è raro, inoltre, che il medico prescriva ulteriori analisi di approfondimento come le analisi del sangue.
Trattamento
Come già anticipato, il pemfigo viene generalmente associato ad una prognosi abbastanza grave essendo un tipo di malattia che reagisce in modo imprevedibile alle cure.
Se curata tempestivamente ed in maniera corretta la condizione consente la sopravvivenza e, in alcuni casi, la guarigione.
Lo scopo della terapia è quello di ridurre i segni clinici e i sintomi della malattia, prevenendo le complicanze.
Fra i trattamenti rientrano: misure locali, farmaci e, nei casi gravi, il ricovero ospedaliero e l’isolamento protettivo in quanto le ferite aperte rendono il paziente vulnerabile a infezioni che potrebbero risultare fatali.
Tra i farmaci utilizzati per il trattamento rientrano:
- Corticosteroidei orali
- Immunosoppressori
- Antibiotici, antivirali e farmaci antifungini
Il medico, nei casi di pemfigo più persistenti può proporre alcuni trattamenti alternativi come:
- Plasmaferesi periodica, che consiste nel rimuovere dal plasma le IgG caratteristiche della malattia attraverso specifiche tecniche di separazione.
- Terapia biologica con Rituximab, che prevede la somministrazione di un anticorpo monoclonale introdotto recentemente nel trattamento del pemfigo.
- IVIg, cioè l’introduzione di immunoglobuline per via endovenosa.
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