Prolasso utero-vaginale: qual è il trattamento indicato?
Il prolasso utero-vaginale è una patologia di estrema attualità in quanto, essendosi allungata l’età media della donna, un numero sempre più crescente di donne si confronta con questa patologia ginecologica
Il cedimento delle strutture di supporto dell’apparato genitale femminile comporta una serie di problemi che inficiano la qualità di vita della donna
Infatti, il Prolasso causa disagio quando la donna cammina, si siede o durante i rapporti sessuali; inoltre interferisce con la funzione della vescica e del retto, comportando, nel primo caso, incontinenza urinaria, difficoltà alla minzione ed infezioni urinarie ricorrenti e nel secondo caso alterazione dell’alvo, come difficoltà alla defecazione.
Per questo motivo è necessaria una nuova presa di coscienza del problema da parte della donna e un nuovo approccio da parte del ginecologo nella valutazione delle caratteristiche della donna al fine di individuare il trattamento terapeutico più adeguato, che può essere farmacologico, riabilitativo e/o chirurgico.
Il programma terapeutico non può, però, essere stereotipato, ma deve essere personalizzato, quantificando l’entità oggettiva del prolasso e valutando soprattutto l’importanza soggettiva dei disturbi.
È chiaro che il lieve prolasso utero-vaginale asintomatico non deve essere trattato chirurgicamente, in quanto l’intervento potrebbe portare ad un peggioramento della qualità di vita, causando sintomi inizialmente inesistenti.
Si interverrà quindi con farmaci idonei oppure con esercizi atti a ristabilire la funzionalità muscolare del pavimento pelvico, fondamentale nel supporto dei visceri pelvici.
Non esiste oggi un limite d’età all’operatività: grazie ai progressi delle procedure perioperatorie e delle tecniche anestesiologiche vengono sottoposte ad intervento chirurgico anche donne anziane, spesso ultra-ottantenni, quando invalidate dal prolasso.
I quattro gradi di prolasso utero-vaginale
Il prolasso utero-vaginale è la discesa verso il basso dell’utero e delle pareti vaginali, associate a vescica e retto.
A seconda dell’entità della discesa del viscere si distinguono quattro gradi di prolasso:
1° grado: quando l’organo è ancora contenuto nel canale vaginale;
2° grado: quando affiora all’introito vaginale;
3° grado: quando sporge al di fuori dell’introito;
4° grado: quando è completamente all’esterno.
Il prolasso rappresenta una delle più frequenti patologie che interessano la donna, dal momento che oltre il 50% di esse evidenzia un deficit del supporto pelvico e nel 10-20% di questi casi è presente una sintomatologia clinica significativa.
Normalmente, questi visceri pelvici sono mantenuti nella loro posizione anatomica da due tipi di supporti; un sistema di sostegno, rappresentato dai muscoli del pavimento pelvico, soprattutto dal muscolo elevatore dell’ano; un sistema di sospensione, costituito dal connettivo della fascia endopelvica, in particolare dai legamenti cardinali ed uterosacrali.
Questi supporti nel corso della vita possono venire alterati per insulti traumatici o per invecchiamento cellulare.
Prolasso utero-vaginale: quali sono le cause
Le cause più comuni del prolasso utero-vaginale sono il parto e la menopausa.
Infatti, il prolasso è più frequente nelle pluripare, mentre è raro nelle nullipare; inoltre tende a manifestarsi soprattutto dopo la menopausa.
Nel caso del parto, durante il periodo espulsivo, la testa fetale nella sua progressione lungo il canale vaginale può produrre delle lesioni sia delle strutture muscolari che connettivali.
Nel corso della menopausa, con la cessazione dell’attività funzionale delle ovaie, si verifica una progressiva perdita di fibre collagene ed elastiche, con conseguente indebolimento del supporto fasciale.
Inoltre vanno aggiunti altri fattori che comportano un aumento cronico della pressione addominale quali la tosse, la stipsi cronica, un’attività lavorativa pesante.
I sintomi di prolasso utero-vaginale
La sintomatologia del prolasso è in relazione al grado del prolasso stesso e varia da donna a donna.
Il sintomo più frequentemente riferito è la sensazione di caduta verso il basso dell’utero e della vagina, come un corpo estraneo.
Se poi è presente un cistocele o un rettocele si associano altri disturbi.
Il cistocele causa una difficoltà alla minzione e spesso costringe la donna ad urinare in posizione semi seduta fino a dover riposizionare manualmente il prolasso per urinare; altre volte invece è presente una perdita involontaria di urina con gli sforzi; in altri casi si può avere urgenza minzionale, con o senza incontinenza, minzione frequente diurna e notturna.
Il rettocele è quasi sempre asintomatico anche se gradi elevati possono causare una certa difficoltà alla defecazione per cui obbligano la donna a riposizionare il rettocele per defecare.
Spesso è riferito dalla donna anche un problema nei rapporti sessuali, con o senza dolore.
L’incontinenza urinaria, quando è presente, è il disturbo più grave sotto il profilo igienico-sociale.
È di fondamentale importanza, per un adeguato approccio terapeutico, distinguere tra incontinenza da sforzo (IUS), cioè perdita di urina dopo uno sforzo per esempio un colpo di tosse, uno starnuto, etc. ed incontinenza urinaria da urgenza, cioè perdita di urina in seguito ad un intenso stimolo minzionale.
Infatti, l’incontinenza da sforzo, in generale, si tratta, in prima istanza, con una riabilitazione del pavimento pelvico e solo dopo l’eventuale fallimento di quest’ultima, con una correzione chirurgica (mini-sling); l’incontinenza da urgenza, invece, non ha un’indicazione chirurgica, ma solo medico-riabilitativa.
In casi particolarmente complessi o nelle donne da sottoporre ad intervento chirurgico è necessaria una ulteriore valutazione strumentale mediante l’esame urodinamico, che ci consente di caratterizzare meglio la funzione urinaria della paziente.
Infine è importante considerare la possibilità di una incontinenza urinaria da sforzo, mascherata dal prolasso, che è necessario rilevare con manovre di riposizionamento del prolasso stesso, durante la valutazione uro-ginecologica.
Infatti, la presenza di un voluminoso cistocele determina un inginocchiamento dell’uretra che impedisce la fuga di urina in occasione degli sforzi, mascherando l’incontinenza, che potrebbe manifestarsi dopo la riparazione chirurgica del prolasso.
Trattamento del prolasso utero-vaginale e Riabilitazione del pavimento pelvico
Lo scopo del trattamento del prolasso utero-vaginale è quello di ripristinare una soddisfacente qualità di vita per la donna.
Gli obiettivi della terapia sono essenzialmente quattro:
- eliminare la sintomatologia
- ripristinare l’anatomia
- ristabilire una normale funzionalità
- garantire un risultato duraturo nel tempo.
La sfida è riuscire a conseguire questi risultati senza ricorrere ad un intervento chirurgico.
I 3 momenti fondamentali per ottenere questo sono:
- riabilitazione del pavimento pelvico associata a riabilitazione posturale;
- estrogenoterapia locale o, recentissimo, prasterone per via vaginale, nelle donne in menopausa;
- utilizzo dei nuovi pessari in silicone, sia a cubo che ad anello, per le donne con prolasso utero-vaginale, o l’uso di pessari a ciotola con supporto uretrale per le donne con prolasso e IUS associata o mascherata.
La riabilitazione del Pavimento pelvico comprende il Biofeedback, l’Elettrostimolazione Funzionale e la Chinesiterapia
Il Biofeedback consente la presa di coscienza, da parte della donna, di una parte del corpo normalmente poco conosciuta (1 donna su 2 non riesce a muovere, a comando, in maniera coordinata, il proprio pavimento pelvico).
Spesso durante il tentativo di contrazione muove gli addominali, i glutei e gli adduttori contemporaneamente: lo scopo del Biofeedback è eliminare le sinergie antagoniste (addominali) ed agoniste (adduttori e glutei).
Si procede inserendo una sonda in vagina e due elettrodi adesivi sull’addome: un apparecchio collegato ai trasduttori fa vedere alla paziente il risultato della contrazione muscolare, per cui la donna impara a separare la contrazione perineale da quella addominale.
Nei casi in cui ci sia uno scarso controllo dei muscoli si può ricorrere alla Elettrostimolazione Funzionale, con lo scopo di determinare una contrazione passiva dei muscoli del pavimento pelvico che la paziente impara progressivamente a controllare.
Quando si raggiunge la presa di coscienza del pavimento pelvico, si procede con la Chinesiterapia Perineale che rappresenta il cardine della terapia riabilitativa.
Alla paziente vengono insegnati una serie di esercizi di contrazione e rilasciamento dei muscoli che può eseguire a casa.
Fondamentale è che la donna poi usi il pavimento pelvico ogni volta che deve eseguire uno sforzo, in modo da sostenere i visceri pelvici e da correggere la IUS associata o meno al prolasso.
A questa perineale andrebbe sempre associata una riabilitazione posturale: nella donna in piedi, infatti, la corretta inclinazione del bacino consente lo scarico delle forze endoaddominali nella concavità sacrale.
Quando si altera tale inclinazione, per fenomeni di aumento o riduzione della fisiologica lordosi lombare, la risultante vettoriale delle forze endoaddominali si anteriorizza e viene a scaricare sullo iato uro-genitale, punto debole del pavimento pelvico, determinando, in soggetti che abbiano già delle lesioni fasciali sub-cliniche, un progressivo descensus dei visceri endopelvici con comparsa o aggravamento del prolasso utero-vaginale e/o della IUS.
Nelle donne in menopausa è poi fondamentale l’uso degli estrogeni locali, che consentono il ripristino di un trofismo vaginale ottimale, con scomparsa della secchezza vaginale e conseguente fastidio ai rapporti, netto miglioramento dei disturbi urinari irritativi e risoluzione del senso di peso ed ingombro nei prolassi iniziali.
Nuove strategie terapeutiche
Ma la novità che ha rivoluzionato la strategia terapeutica nel prolasso utero-vaginale è rappresentata dai nuovi pessari in silicone, ad anello o a cubo.
Nel nostro Centro di Uroginecologia, grazie all’uso di tali presidi, si è riusciti a ridurre di più della metà gli interventi chirurgici ed attualmente si operano solo le donne che rifiutano il pessario o quelle che, nonostante vari tentativi con pessari diversi, non hanno un ripristino soddisfacente della qualità di vita.
Il pessario a cubo consiste in un cubo di silicone, di varie misure, che viene inserito dalla paziente la mattina e viene tolto la sera.
Il prolasso è un problema legato alla stazione eretta: quando la donna è a letto, non ha bisogno del pessario perché il prolasso rientra in sede.
Il vantaggio di toglierlo la notte è che si azzerano le piccole erosioni legate alla persistenza di un pessario in vagina per mesi, cosa che avviene con il pessario ad anello.
Per le donne che hanno difficoltà a mettere e togliere il pessario a cubo, si può proporre l’anello in silicone che viene rimosso dal medico ogni 6 mesi e re-inserito dopo 20-30 giorni di pausa.
Le donne che riferiscono IUS con questi pessari, possono essere trattate con i pessari a ciotola con supporto uretrale che consentono di ovviare al disturbo riferito.
Il trattamento con pessario può durare tutta la vita senza nessun effetto collaterale importante e può essere usato a qualunque età: consente di svolgere qualsiasi attività senza avere nessun disturbo legato al prolasso.
Trattamento chirurgico per il prolasso utero-vaginale
È importante considerare che i risultati migliori si ottengono dalla integrazione delle tre metodiche citate (riabilitazione, estrogeni e pessari) con un ripristino completo della qualità di vita.
Per quanto riguarda la chirurgia, essa è da riservare solo ai fallimenti della gestione conservativa o alle donne che richiedano l’intervento.
Esistono più di 120 interventi descritti per il trattamento del prolasso utero-vaginale, con approcci diversi, vaginale, laparoscopico e robotico e con risultati e complicanze spesso molto variabili.
Nella nostra Scuola, il prolasso da operare viene trattato per il 98% dei casi per via vaginale e solo un 2% dei casi viene gestito per via laparoscopica (essenzialmente donne molto giovani, dai 35 ai 50 anni, e/o che desiderino conservare l’utero) con l’intervento di Dubuisson (isterocistopessi tramite rete in polipropilene titanizzata sospesa “tension-free” alla fascia dei muscoli obliqui dell’addome.
Per la correzione del prolasso totale, l’intervento che proponiamo è una colpoisterectomia con tecnica mini-invasiva, uretrocistopessi sec. Lahodny modificata con Mesh in Prolene, rettopessi tipo Nichols e colpoperineoplastica.
Grazie a questo tipo di chirurgia, che eseguiamo da più di 20 anni, con le necessarie evoluzioni tecnologiche implementate nel tempo, abbiamo un tasso di cura sul prolasso intorno al 90% e sulla IUS associata o mascherata dal prolasso di circa l’85%.
Tutte le nuove proposte chirurgiche, protesiche o non, laparoscopiche o robotiche uscite in questi 20 anni, non hanno ancora dato risultati migliori di questi ad un follow-up medio di circa 10 anni.
I rischi degli interventi di correzione di un prolasso utero-vaginale sono quelli generici legati agli interventi chirurgici: rischi anestesiologici, emorragici, infettivi, trombo-embolici e lesioni vescicali, ureterali, intestinali e rettali iatrogene.
Inoltre vanno considerati i rischi tipici degli interventi per prolasso:
- recidiva del prolasso, che compare di solito a breve distanza di tempo, quando persistono i fattori che ne hanno determinato l’insorgenza;
- alterazioni della minzione: permanenza o comparsa dell’incontinenza urinaria;
- comparsa di fenomeni ostruttivi o di ritenzione urinaria nel caso di ipercorrezione (10-15% dei casi);
- comparsa di vescica areflessica, legata spesso a denervazione della vescica;
- disturbi nei rapporti sessuali, in seguito alla perdita dell’abilità vaginale, con conseguente dispareunia.
Quale approccio scegliere?
Il trattamento del prolasso utero-vaginale dovrebbe essere sempre più conservativo, anche in ossequio al nostro celebre aforisma “Primum, non nocere”.
I risultati della chirurgia, in mani esperte, sono ottimi, ma rimane sempre purtroppo una certa percentuale significativa inevitabile di possibili complicanze e/o recidive del prolasso.
Visto dunque la totale assenza di complicanze e l’alto tasso di cura del trattamento conservativo, consiglio sempre e comunque un primo approccio di tipo riabilitativo, con l’uso associato di pessari ed estrogeni locali, quando indicati, riservando la sala operatoria solo a casi selezionati in cui, la volontà della paziente o il fallimento dei pessari, necessitino di una risposta chirurgica.
Consigli utili in caso di prolasso utero-vaginale
In caso di prolasso e/o incontinenza urinaria, non rivolgersi ad un Ginecologo o Urologo generico ma ad un Uro-Ginecologo.
Preferire sempre, in prima istanza, un approccio conservativo tramite trattamento riabilitativo, uso di pessari ed estrogeni locali quando indicati.
Considerare l’approccio chirurgico solo alla fine di un percorso e mai all’inizio.
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