Scompenso cardiaco: cause, sintomi, esami per la diagnosi e cure
Lo scompenso cardiaco è una cardiopatia, tra le più diffuse negli over 65, caratterizzata dall’incapacità del cuore di assolvere alla propria funzione di pompa, con conseguente insufficiente apporto di sangue al resto dell’organismo e «ristagno» di sangue a monte delle camere cardiache disfunzionanti che determina «congestione» degli organi interessati. Si parla, infatti, anche di insufficienza cardiaca
Che cos’è lo scompenso cardiaco? In cosa consiste?
Lo scompenso cardiaco è una condizione cronica la cui frequenza, in Italia, è di circa il 2%, ma diventa progressivamente più frequente con l’età e nel sesso femminile e arriva al 15% in entrambi i sessi negli over 85.
Per via dell’invecchiamento generale della popolazione, è attualmente la patologia cardiovascolare di maggior incidenza (1-5 nuovi casi per 1000 soggetti/anno) e prevalenza (oltre 100 casi per 1000 soggetti over 65 anni) e la causa principale di ospedalizzazione nelle persone con più di 65 anni.
Scompenso sistolico e scompenso diastolico
II cuore riceve il sangue venoso dalla periferia (tramite atrio e ventricolo destro), ne promuove l’ossigenazione con l’immissione nella circolazione polmonare, e poi, tramite atrio e ventricolo sinistro, spinge il sangue ossigenato nell’aorta e quindi nelle arterie per il suo trasporto in tutti gli organi e i tessuti del corpo.
Si può quindi fare una prima distinzione tra:
- Scompenso sistolico, in presenza di una ridotta capacità del ventricolo sinistro di espellere sangue;
- Scompenso diastolico, in presenza di una compromissione del riempimento del ventricolo sinistro.
Poiché la funzionalità del ventricolo sinistro si valuta comunemente attraverso la cosiddetta frazione di eiezione (percentuale di sangue che viene pompata nell’aorta a ogni contrazione (sistole) del ventricolo sinistro), calcolata solitamente tramite ecocardiogramma, è stata recentemente introdotto una più precisa distinzione tra:
- Scompenso a frazione d’eiezione conservata (o diastolico), in cui la frazione d’eiezione è superiore al 50%
- Scompenso a frazione d’eiezione ridotta (o sistolico), in cui la frazione d’eiezione risulta inferiore al 40%
- Scompenso a frazione d’eiezione lievemente ridotta, in cui la frazione d’eiezione risulta compresa tra il 40 e il 49%
Questa classificazione è importante per la messa a punto di terapie sempre più mirate (come vedremo attualmente esistono terapia di comprovata efficacia solo per lo scompenso a frazione di eiezione ridotta).
Scompenso cardiaco: quali sono le cause?
Alla base di uno scompenso cardiaco vi è generalmente un danno al miocardio, il muscolo cardiaco, che può a sua volta dipendere, per esempio, da un infarto o dalle eccessive sollecitazioni causate da ipertensione non controllata o disfunzioni valvolari.
L’elettrocardiogramma di molti pazienti con scompenso può mostrare un blocco di branca sinistra (BBS), un’alterazione della propagazione dell’impulso elettrico capace di modificare la meccanica del cuore, causando una dissincronia di contrazione e, di conseguenza, peggiorando l’attività contrattile cardiaca.
Lo scompenso cardiaco: i fattori di rischio
Più nel dettaglio, sono fattori di rischio per lo scompenso con frazione di eiezione ridotta:
- cardiopatia ischemica (in particolare pregresso infarto miocardico)
- cardiopatie valvolari
- ipertensione.
Sono, invece, fattori di rischio per lo scompenso con frazione di eiezione conservata:
- diabete
- sindrome metabolica
- obesità
- fibrillazione atriale
- ipertensione
- sesso femminile.
Quali sono i sintomi dello scompenso cardiaco?
Nelle fasi iniziali dello scompenso cardiaco, i sintomi possono essere del tutto assenti o di lieve entità (come affanno dopo uno sforzo molto intenso).
L’insufficienza cardiaca, però, è una condizione progressiva, per cui i sintomi si fanno gradualmente più evidenti, fino a spingere a chiedere un consulto medico o, a volte, rendendo necessario il ricovero ospedaliero.
I sintomi, conseguenza del ridotto apporto di sangue a organi e tessuti e del «ristagno» di sangue a monte delle camere cardiache disfunzionanti con «congestione» degli organi interessati, possono comprendere:
- Dispnea, cioè mancanza di fiato, causata dall’accumulo di liquidi nei polmoni: inizialmente compare dopo sforzi intensi, ma gradualmente anche dopo sforzi lievi, a riposo e anche sdraiati in posizione supina durante il sonno (dispnea da decubito), interrompendo il riposo notturno e costringendo a mettersi seduti.
- Edema (gonfiore) in corrispondenza degli arti inferiori (piedi, caviglie, gambe), causato anch’esso da un accumulo di liquidi.
- Gonfiore e/o dolore addominale, conseguenza ancora una volta di accumulo di liquidi, in questo caso a livello dei visceri.
- Astenia (spossatezza), causata da ridotto apporto di sangue ai muscoli.
- Tosse secca, conseguenza di accumulo di liquidi nei polmoni.
- Perdita di appetito.
- Difficoltà di concentrazione, causata da riduzione dell’apporto di sangue al cervello, e, nei casi più seri, confusione.
Lo scompenso cardiaco: i livelli di gravità
In base ai sintomi che l’attività fisica genera e, quindi, al grado di limitazione della stessa, la New York Heart Association ha definito quattro classi di gravità crescente (da I a IV) dell’insufficienza cardiaca:
- Paziente asintomatico: l’attività fisica abituale non provoca affaticamento o dispnea.
- Scompenso cardiaco lieve: dopo un’attività fisica moderata (es: la salita di un paio di rampe di scale o soltanto di qualche gradino con un peso) si accusano dispnea e affaticamento.
- Scompenso cardiaco da moderato a grave: dispnea e affaticamento compaiono anche dopo un’attività fisica minima, come meno di 100 m in piano a passo normale o salire una rampa di scale.
- Scompenso cardiaco grave: astenia, dispnea e affaticamento si presentano anche a riposo, da seduti o da sdraiati.
Diagnosi: la visita cardiologica
Ottenere una diagnosi precoce dello scompenso cardiaco è importante per gestire al meglio questa condizione cronica, rallentandone la progressione e contribuendo così a migliorare la qualità di vita del paziente.
Tuttavia, diagnosticare l’insufficienza cardiaca non è sempre facile: la sintomatologia ha spesso un andamento oscillante, variando di intensità con il passare dei giorni. Inoltre, come visto, si tratta di sintomi aspecifici, che i pazienti, soprattutto anziani e già alle prese con altre malattie, tendono a sottovalutare o ad attribuire ad altre cause.
La presenza di dispnea e/o edemi in soggetti con fattori di rischio per lo scompenso deve invece spingere a sottoporsi a una visita specialistica cardiologica.
Quali esami fare per la diagnosi di scompenso cardiaco?
La visita diagnostica per lo scompenso cardiaco comprende un’anamnesi (cioè la raccolta delle informazioni sulla storia clinica e sui sintomi del paziente) e un esame fisico preliminare. Lo specialista può quindi richiedere alcuni ulteriori accertamenti (esami di laboratorio e strumentali), tra cui:
- elettrocardiogramma
- ecocardiogramma
- risonanza magnetica cardiaca con mezzo di contrasto
- dosaggio nel sangue dei peptidi natriuretici (molecole prodotte per lo più dal ventricolo sinistro; livelli ematici nella norma in genere escludono lo scompenso).
A volte possono essere richiesti anche esami più invasivi, come cateterismo cardiaco e coronarografia.
Come si cura lo scompenso cardiaco?
Lo scompenso cardiaco è una condizione cronica che richiede un approccio multidisciplinare allo scopo di ridurre i sintomi, rallentare l’avanzare della malattia, ridurre i ricoveri in ospedale, aumentare la sopravvivenza del paziente migliorandone, al contempo, la qualità della vita.
Oltre alla diagnosi precoce, sono preziosi il ruolo attivo del paziente e la collaborazione tra équipe multidisciplinare e medico di famiglia.
Le principali opzioni di trattamento comprendono:
- Cambiamenti del proprio stile di vita, che includono:
- Riduzione del consumo di sale;
- Svolgimento regolare di attività fisica aerobica di intensità moderata (per esempio 30 minuti di cammino almeno 5 giorni alla settimana);
- Limitazione dell’introduzione di liquidi;
- automonitoraggio, ossia controllo quotidiano di peso corporeo, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, eventuale presenza di edemi.
Terapia farmacologica, con più farmaci in associazione tra cui:
- Farmaci bloccanti il sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE inibitori, sartani e antialdosteronici);
- Farmaci che antagonizzano il sistema nervoso simpatico (beta-bloccanti, quali carvedilolo, bisoprololo, nebivololo e metoprololo);
- Farmaci inibitori della neprilisina (come il sacubitril);
- Farmaci inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio.
- Terapia di risincronizzazione cardiaca (in associazione ai farmaci, se è presente un disturbo della conduzione dell’impulso elettrico, come un blocco di branca sinistra): richiede l’impianto di dispositivi elettrici (pacemaker o defibrillatori biventricolari), per risincronizzare la contrazione cardiaca. Insieme ai farmaci i dispositivi possono frenare la progressione della malattia e, a volte, portare alla normalizzazione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro.
- Interventi chirurgici (come la correzione chirurgica o percutanea di malattie valvolari, la rivascolarizzazione miocardica chirurgica o percutanea, fino all’impianto di «cuori artificiali» e trapianto di cuore).
Va precisato che i farmaci sopra menzionati e la terapia di risincronizzazione si sono dimostrate efficaci solo per lo scompenso sistolico o a frazione di eiezione ridotta. In particolare, rappresentano ancor oggi laterapia di prima linea per tale condizione le prime due categorie di farmaci sopra citate, cioè i bloccanti il sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE inibitori, sartani e antialdosteronici) e quelli che antagonizzano il sistema nervoso simpatico (beta-bloccanti). Essi infatti si sono dimostrati in grado di modificare la storia della malattia, riducendo mortalità e morbilità andando ad agire sulle interazioni negative che esistono tra l’iper-attivazione del sistema nervoso simpatico e del sistema renina-angiotensina-aldosterone e la progressione della disfunzione ventricolare.
Negli ultimi anni si è investito nella ricerca di nuove molecole in grado di antagonizzare in modo ancora più efficace i meccanismi neuro-ormonali alla base della progressione dell’insufficienza cardiaca.
É stata così individuata l’associazione tra il farmaco sacubitril (che inibisce la neprilisina e aumenta così i livelli di peptidi natriuretici, che hanno un ruolo protettivo) e un sartano, il valsartan.
Tale associazione ha permesso di rallentare ancor di più la progressione della malattia rispetto a quanto già possibile con una terapia a base di ACE inibitori.
Abbiamo, più sopra, ricordato anche gli inibitori del cotrasportatore di sodio e glucosio: sono una nuova classe di farmaci antidiabetici (SGLT2-i e SGLT1&2-i) che si è rivelata in grado di ridurre significativamente mortalità e morbilità nei pazienti con insufficienza cardiaca a bassa frazione di eiezione già in terapia con ACE-inibitori/sartani/sacubitril-valsartan, anti-aldosteronici e beta-bloccanti.
Ci sono iniziali evidenze che questa classe di farmaci possa avere un impatto prognostico favorevole anche nei pazienti con frazione di eiezione >40%.
Si può prevenire l’insufficienza cardiaca?
Quando si parla di patologie cardiovascolari, scompenso compreso, è di fondamentale importanza la prevenzione, intervenendo sui fattori di rischio cardiovascolare modificabili, come ipertensione, colesterolo alto, fumo, sedentarietà, obesità.
Occorre, quindi, prestare la dovuta attenzione al proprio stile di vita, eliminando il fumo, svolgendo regolarmente attività fisica, tenere sotto controllo i propri livelli di colesterolo e il peso.
I soggetti a rischio per scompenso cardiaco, inoltre, dovrebbero svolgere controlli medici preventivi per una diagnosi precoce, anche in assenza di sintomi (come nel caso di una disfunzione ventricolare sinistra asintomatica), e poter intervenire prontamente di conseguenza.
Per approfondire:
L’infermiere e l’ultrafiltrazione nello scompenso cardiaco in UTIC: uno studio di grande interesse