"Soccorriamo il soccorritore", è stato il tema di un incontro organizzato nell'ambito del Meeting delle Misericordie
Nelle occasioni di incontro in cui il tema è, a più livelli, il volontariato, a qualsiasi associazione si appartenga, quello di cui si sente più spesso parlare è l’opportunità di seguire percorsi comuni.
Recentemente al Meeting delle Misericordie di Modena, che fra i diversi relatori delle conferenze ha avuto protagonisti il responsabile del coordinamento del 118 Toscano, il dott. Piero Paolini e la Dott.ssa Alessandra Silvestri, della Centrale Operativa del 118 di Modena, il tema di un convegno ha riguardato l’esigenza di riconoscere ufficialmente il ruolo del soccorritore sanitario.
Una questione importante che fa i conti con la realtà italiana, assolutamente unica nel panorama internazionale, dove questa figura è rappresentata in larga parte da personale volontario.
Spesso non sono in discussione le competenze del soccorritore, preparato per il compito che lo attende; la lacuna è prettamente formale, anche perché in Italia, a seconda delle regioni e delle aree geografiche, sussistono differenze abissali. Quindi la prima necessità, a livello istituzionale è raccordare la formazione dando finalmente una direzione unitaria.
Come ha detto il Dott. Paolini:
” Una rivoluzione vera e propria attende il soccorritore. L’obiettivo è istituire su tutto il territorio nazionale un sistema di formazione attraverso un unico corso, ufficialmente attestato e uniformato per tutte le associazioni di soccorso. La Toscana in questo senso è all’avanguardia e occorre che sia d’esempio per altre regioni più arretrate su questo fronte. Le Misericordie rientrano in un piano che porterà finalmente a un riconoscimento formale della figura del soccorritore. Anche alla luce delle nuove norme che impongono sui campi sportivi, anche dilettantistici, nuovi criteri comuni di intervento e soccorso, è indispensabile che sia avviato quanto prima un programma normativo comune”.
Il volontario attualmente riempie lacune istituzionali, ma il problema è che nelle condizioni di oggi, queste importanti funzioni, non hanno un valido riconoscimento.
Sottolinea ulteriormente la Dott.ssa Silvestri:
“Pervenire a una definizione ufficiale del ruolo del soccorritore implica in primo luogo un inquadramento preciso, che specifichi dettagliatamente le competenze. Il soccorritore dev’essere normato soprattutto in quelle regioni dove non c’è ancora un sistema di formazione. Le Misericordie si sono attivate e hanno stretto accordi con l’IRC, Italian Rescuscitaion Council per ottenere una certificazione. Il volontario deve essere un soccorritore professionale, naturalmente secondo le proprie competenze. In questo senso il 118, presso cui lavoro da tanti anni, lavora molto col volontariato. È fondamentale che 118 e Misericordie, professionisti del soccorso e volontari e chiunque operi nell’emergenza, affronti un percorso condiviso. Cito qualche numero: nel 2012, su 71.000 chiamate, il 53% ha riguardato gli interventi dei volontari e per il 30% si è trattato di codici rossi. Per questo è richiesta un’elevata professionalità ed ecco perché è prioritario standardizzare i criteri di accreditamento. Per essere accreditati bisogna appartenere ad enti soccorritori e quindi rispondere a precisi criteri. Al momento Anpas, Croce Rossa e Misericordie hanno i loro corsi. Occorre superare queste differenze e procedere su un terreno comune”.
La necessità di raggiungere una omogeneità si lega anche al fatto che gli interventi richiedono via via sempre maggiore professionalità, basti pensare, come ha sottolineato la Dott.ssa Silvestri alle emergenze stroke.
“Per gestirle bisogna imparare a riconoscere e trattare tempestivamente l’ictus. Chi soccorre viene istruito a individuare per tempo i segni in modo da allertare il Pronto Soccorso; a questo punto gli operatori trasmettono l’ECG e grazie alla telemedicina vengono guidati e possono applicare il BLSD. Questo sistema ha portato ottimi risultati. In generale migliorare il servizio di soccorso, elevare la professionalità degli operatori, metterli nelle condizioni, grazie alla formazione, di leggere i dati e trasmetterli rapidamente all’ospedale, significa indirizzare il paziente all’ospedale e al reparto idonei. Vuol dire risparmiare tempo utile il che si traduce per il paziente in migliori aspettative di vita. Ecco perché tutto il settore dell’emergenza deve crescere in termini di qualità e professionalità, evolversi in maniera omogenea per rispondere ad esigenze sempre più qualificate. Migliorare i trattamenti preospedalieri vuol dire anche ridurre le degenze in reparto e quindi nel lungo termine, risparmiare denaro”.