Steatosi epatica in età pediatrica: cos’è, cause, diagnosi e trattamento

La steatosi è la malattia epatica più comune in età pediatrica. Si può prevenire evitando di proporre ai bambini cibi ricchi di grassi e zuccheri e promuovendo l’attività fisica regolare

La steatosi epatica è la più frequente malattia epatica in età pediatrica

È dovuta all’accumulo di grasso nelle cellule del fegato, in quantità superiore al 5%.

Circa il 3-12% dei bambini di peso normale sono affetti da steatosi epatica e questa frequenza sale al 70% nei bambini sovrappeso o obesi.

Le cause sono molteplici, è causata da un insieme di fattori, in primis ad una alimentazione non equilibrata associata a scarsa attività fisica.

Altri fattori che giocano un ruolo importante sono la familiarità per obesità (il cosiddetto “ambiente obesogeno”), le malattie metaboliche (ipertensione arteriosa, insulino-resistenza e/o intolleranza glucidica e dislipidemie) e la predisposizione genetica.

In questo ultimo caso esistono dei polimorfismi genici come il PNPLA3 coinvolti nella genesi e nella progressione dalla steatosi epatica verso la forma più severa, ovvero la steatoepatite non alcolica (NASH = non alcholic-steatoheapatitis).

Essa è caratterizzata dalla presenza non solo di steatosi ma anche di infiammazione che può evolvere verso malattie croniche irreversibili del fegato, con l’instaurarsi della fibrosi, ovvero la sostituzione delle cellule del fegato danneggiate con tessuto connettivo che possono portare alla cirrosi.

È quasi sempre asintomatica.

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Raramente i bambini lamentano dolori addominali e astenia

A volte si può riscontrare un modesto aumento del volume del fegato durante la visita pediatrica.

I sintomi e i segni di solito sono correlati alle complicanze come l’ipertensione arteriosa con riscontro di ipertrofia del ventricolo sinistro del cuore (la si rileva all’elettrocardiogramma) fino a veri e propri problemi cardiovascolari.

Sempre più frequente è la presenza di l’insulino-resistenza che si manifesta con il riscontro di acanthosis nigricans (colorazione brunastra della cute) alle pieghe e di dislipidemie (LDL e trigliceridi superiori al 95° percentile per età) collegate all’accumulo di grasso nel fegato.

La diagnosi si basa sul riscontro, a volte di fegato di dimensioni aumentate e di valori di transaminasi aumentate (ALT e AST >40 UI/L) ma sempre con la presenza di steatosi epatica all’ecografia addome.

Vanno però escluse tutte le altre malattie che possono dare gli stessi segni, come il Morbo di Wilson, la celiachia, le malattie della tiroide come la tiroidite autoimmune e le epatiti virali croniche come l’epatite B.

Per diagnosticare la steatosi e distinguerla dalla più grave steatoepatite non alcolica il gold standard resta la biopsia del fegato, anche se nuove tecniche ecografiche sono sempre più sensibili allo studio della fibrosi (ARFI, Fibroscan).

Infatti, se mentre nella steatosi epatica semplice troviamo solo accumulo di grasso, nella steatoepatite non alcolica, oltre all’accumulo, compaiono fenomeni infiammatori e fibrotici

Mediante un test genetico eseguito con tampone salivare, è possibile identificare almeno 4 polimorfismi genici (PNPLA3, SOD2, KLF6, e LPIN1) che contribuiscono alla progressione del danno epatico; è un test veloce e non invasivo.

Ad oggi la prima linea terapeutica per la steatosi epatica è uno stile di vita sano caratterizzato da una dieta equilibrata per l’età, povera di grassi e zuccheri e ricca di fibre vegetali, sempre associata ad attività fisica regolare.

Di contro, in presenza di steatoepatite non alcolica, oltre alle modifiche comportamentali è utile l’uso di farmaci antiossidanti e antifibrotici.

La prevenzione va iniziata fin dai primi anni di vita, evitando di proporre ai nostri bambini cibi ricchi di zuccheri e grassi, favorendo il consumo di frutta e verdura, ed abituandoli ad un’attività fisica regolare quotidiana.

Allo stesso tempo, una diagnosi precoce permette di attuare provvedimenti che possano interrompere il progredire della malattia.

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Fonte dell’articolo

Bambino Gesù

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