Tumore alla prostata: definizione, cause, sintomi, diagnosi e trattamento
L’adenocarcinoma, un tipo particolare di tumore alla prostata, è una neoformazione maligna che si sviluppa nella ghiandola omonima, parte integrante dell’apparato riproduttore maschile
La prostata è una ghiandola, delle dimensioni di una noce, che si trova tra il retto e la vescica, includendo direttamente il primo tratto di uretra maschile, quel sottile “tubicino” che porta l’urina verso l’esterno dell’organismo.
La prostata, oltre ad essere parte attiva nella produzione del liquido seminale, secerne costantemente nel sangue anche un particolare tipo di proteina chiamata antigene prostatico specifico (PSA in inglese).
Quando la prostata si ingrossa e i valori di questa proteina nel sangue sono troppo elevati, si può sospettare la presenza di un carcinoma.
Fortunatamente, le neoformazioni prostatiche non sono sempre maligne.
Sono molti, infatti, i casi di formazioni benigne che non richiedono particolari cure.
La prostata è una ghiandola presente solo nel sesso maschile e il tumore alla prostata risulta uno dei più diffusi tra questi individui.
Dati alla mano, si stima che in Italia si verifichino circa 40 mila casi all’anno: tra le etnie più colpite troviamo quelle del Nord America, dell’Europa nord-occidentale (di cui il nostro Paese fa parte), delle isole caraibiche e dell’Australia.
Anche l’anzianità è un fattore di rischio da non sottovalutare.
Il cancro alla prostata resta la tipologia tumorale più diffusa tra i pazienti oltre gli 80 anni
Il decorso del cancro alla prostata è di norma lento e raramente colpisce aree esterne alla ghiandola con metastasi.
Per questa ragione la persona, assumendo comunque le terapie opportune, può conviverci per molto tempo.
Sono più rari, ma comunque esistenti, i casi in cui il carcinoma è aggressivo, particolarmente maligno e con un decorso rapido perché le cellule tumorali, trasportate dal sangue e dal sistema linfatico, si estendono oltre la ghiandola prostatica, creando metastasi nell’organismo.
Tumore alla prostata: le cause
La medicina moderna è ancora impegnata nell’identificare le cause che portano allo sviluppo di questa particolare tipologia di tumore.
Ad oggi, purtroppo, non è ancora stata individuata una motivazione precisa.
Si presume che possa derivare da mutazioni nel DNA delle cellule che inducono una replicazione disordinata ed incontrollata, finendo per formare masse tumorali, ma le cause di queste mutazioni sono tutt’ora non completamente chiarite.
Studiando attentamente i pazienti affetti, è stato possibile definire una serie di fattori di rischio che contribuiscono ad innalzare le probabilità di sviluppare la malattia:
- Età dell’individuo. Questo tipo di cancro è molto raro nei soggetti con meno di 45 anni. Il numero di malati aumenta proporzionalmente all’avanzare dell’età. Ad ora, la fascia più colpita è quella che va tra i 60 e 70 anni.
- Genetica. I fattori ereditari, tra cui l’appartenenza etnica, aumentano la probabilità di essere affetti dalla patologia. Avere il padre o un fratello che hanno sviluppato questo tumore aumenta il rischio per i soggetti. Allo stesso modo, i gruppi afroamericani risultano statisticamente i più colpiti per una qualche motivazione genetica, ancora poco chiara.
- Dieta. Alcuni studi mostrano come diete troppo ricche di proteine e grassi saturi possono aumentare il rischio di sviluppare cancro alla prostata.
- Obesità e sovrappeso.
Ci sono poi alcune malattie ed infiammazioni della prostata che agiscono sullo stato di salute della ghiandola, aumentando il rischio di trasformazione maligna.
La neoplasia prostatica intraepiteliale è una displasia, il più delle volte lieve ma da controllare periodicamente, in quanto potrebbe evolvere in cancro alla prostata.
Lo stesso accade nei pazienti con atrofia infiammatoria proliferativa, patologia in cui le cellule della prostata sono più piccole del normale.
Le cellule prostatiche possono risultare indebolite anche quando è presente una prostatite, un’infiammazione batterica che può essere molto intensa.
Infine, sono a rischio di cancro alla prostata tutti i soggetti con proliferazione microacinare atipica.
Quando cioè il risultato della biopsia è incerto e non si capisce se il tumore è benigno o maligno, va tenuto sotto controllo.
Si ricorda che un ingrossamento della prostata non è per forza sintomo di malignità.
Sono molti in casi in cui l’iperplasia prostatica è benigna, e la neoformazione è praticamente innocua.
Cancro alla prostata: i sintomi
Quando il cancro alla prostata è nelle fasi iniziali, la malattia è quasi totalmente asintomatica, sia perché interessa un’area anatomica limitata, sia perché, nella maggior parte dei casi, il suo decorso è molto lento.
Può accadere però (fortunatamente in casi molto rari) che tale tipo di tumore si presenti fin da subito come aggressivo, interessando non solo l’area prostatica, ma spingendosi anche in altre zone dell’organismo con lo sviluppo di metastasi.
Di solito succede quando vengono interessati anche i vasi sanguigni e linfatici che trasportano le cellule tumorali.
I sintomi tipici si classificano in due grandi macrocategorie.
I disturbi della diuresi e dell’eiaculazione includono:
- minzione frequente anche durante le ore notturne;
- incontinenza urinaria;
- minzione dolorosa. La difficoltà e il dolore nella minzione sono dati dal fatto che, ingrossandosi, la ghiandola prostatica occlude una parte dell’uretra;
- difficoltà a mantenere un flusso costante di urina (si ha la sensazione di non svuotare completamente la vescica);
- sangue nelle urine;
- eiaculazione dolorosa;
- disfunzione erettile;
- costante pressione e fastidio all’area pelvica e basso ventre;
Negli stadi più gravi, la malattia evolve interessando scheletro e linfonodi:
- dolore alle ossa, soprattutto quelle del tronco e del bacino (colonna vertebrale, femore, costole, ossa iliache). Nella maggior parte dei casi, il dolore avvertito è direttamente correlato alla presenza di metastasi localizzate;
- quando il tumore comprime il midollo osseo, ci può essere intorpidimento agli arti inferiori, incontinenza urinaria e fecale;
- fratture ossee frequenti anche senza aver subìto traumi importanti.
Alcuni di questi sintomi sono associati anche ai tumori benigno, per questo è sempre necessario consultare uno specialista fin dalle prime avvisaglie.
I controlli di routine sono fondamentali anche perché, spesso, il cancro alla prostata è scoperto accidentalmente quando ci si reca dal medico per indagare l’origine dei sintomi sopracitati.
Tumore alla prostata: la diagnosi
La prevenzione del cancro alla prostata è fondamentale per scongiurare una diagnosi tardiva e per far sì che la malattia rimanga localizzata, abbassando il rischio di incorrere in complicanze più gravi.
A questo scopo, è raccomandato recarsi periodicamente dal proprio medico curante o da uno specialista urologo.
Controlli di routine devono diventare una buona prassi soprattutto per coloro che fanno parte della fascia d’età più a rischio, quella degli over 60.
Bloccare la malattia fin dal suo esordio garantisce una prognosi migliore.
La visita inizia con la raccolta dell’anamnesi del soggetto e prosegue con un esame obiettivo svolto dallo specialista, che si preoccuperà di indagare non solo la sintomatologia presente, ma anche la storia clinica passata, in modo da avere una visione a 360 gradi.
Tappa fondamentale del percorso diagnostico è il prelievo sanguigno per il controllo dei valori di PSA che, come abbiamo visto, se troppo elevati possono essere segnale di un’alterazione a livello ghiandolare.
La sua presenza, però, non è specifica per la presenza di un tumore maligno, ma può evidenziare anche la presenza di altre patologie prostatiche come prostatite e ipertrofia prostatica.
Il valore può alzarsi anche in seguito a traumi che coinvolgano la prostata (ad esempio, se si esegue il prelievo dopo essere andati in bicicletta).
Se gli esami del sangue non sono molto chiari o evidenziano valori anomali, il medico può decidere di proseguire con l’indagine, utilizzando tecniche di imaging biomedico.
L’ecografia transrettale digitale (DRE) permette di individuare disturbi a carico della ghiandola prostatica.
Allo stesso modo, una risonanza magnetica contribuisce a fornire un’immagine 3D della ghiandola, evidenziandone le eventuali problematiche.
Una biopsia prostatica, seppure più invasiva, permette di prelevare direttamente una parte del tessuto prostatico malato, per un suo studio istologico.
Grazie a questa tecnica è possibile scoprire se il tumore è benigno o maligno e a che stadio si trova della sua evoluzione.
L’intervento avviene solitamente in ambulatorio in anestesia locale e non richiede ricovero ospedaliero.
Se il tumore è ad uno stadio avanzato e ha creato metastasi, lo specialista può decidere di prescrivere esami che forniscono ulteriori dettagli:
- una RX al torace consente di vedere se il tumore si è già diffuso con metastasi ai polmoni;
- la TAC è la metodica di scelta per indagare la salute dei linfonodi, in particolare quelli pelvici e dell’addome, primi ad essere interessati da tumore alla prostata;
- la scintigrafia ossea offre una visione precisa sulla diffusione del tumore ai tessuti ossei e alle parti molli;
- la PET con colina è un nuovissimo esame, attualmente il più accurato, per evidenziare questo tipo di massa. Viene iniettato nel paziente un radiofarmaco che mette in evidenza le aree anomale.
Un esame approfondito è sempre utile per escludere altre patologie che interessano la prostata ma non sono tumorali.
Un aumento volumetrico della prostata può essere, infatti, associato ad un’iperplasia prostatica benigna – quindi un tumore innocuo della ghiandola – o alla prostatite, un’infiammazione batterica che interessa questo organo.
Cosa succede se con gli esami il medico individua un tumore?
Tutte le volte in cui i risultati delle indagini fanno sospettare la presenza di un tumore, sarà compito del medico cercare di capire la sua natura benigna o maligna.
Viene valutato inoltre il grado del tumore, cioè in che fase esso si trova, se allo stadio iniziale o se ha già formato metastasi.
Si tratta di informazioni fondamentali che influiscono direttamente sul trattamento e sulla prognosi del paziente.
Trattamenti e cure per il tumore alla prostata
I trattamenti previsti per il cancro alla prostata variano in base all’intensità dei sintomi e allo stadio in cui la malattia si trova.
Le più sfruttate per il trattamento del cancro localizzato e allo stadio iniziale includono, come primo step essenziale, un controllo costante dei livelli di PSA nel sangue, tramite prelievo e studio della componente ematica.
Per evitare che la situazione peggiori andando ad invadere tessuti extra-, l’urologo può consigliare al paziente una prostatectomia radicale.
Si tratta di una terapia chirurgica invasiva, che prevede l’asportazione della prostata.
La nuova ingegneria chirurgica offre al paziente un intervento di tipo laparoscopico e robotico, che garantisce tempi di recupero più brevi perché non prevede un accesso diretto dall’addome.
Sono tecniche che riducono al minimo il rischio di incontinenza e disfunzione erettile future.
Questo perché riduce il rischio di danneggiare le strutture circostanti.
Si tratta di un’operazione mirata solo sulle aree da asportare.
Di norma la chirurgia è la via ideale per il trattamento del cancro circoscritto poiché ad essa non devono necessariamente seguire altri trattamenti radiologici e chemioterapici.
Spesso usata in sostituzione alla chirurgia, la brachiterapia consiste nell’impiantare sorgenti radioattive nella prostata.
È un tipo di radioterapia che va ad agire direttamente sull’area lesionata, senza coinvolgere quelle circostanti.
La radioterapia a fasci esterni consiste, invece, nell’irradiazione diretta della prostata.
Le cellule tumorali risultano più sensibili di quelle sane ai raggi X e vengono danneggiate.
Quando il cancro è avanzato e ha già iniziato a diffondersi nell’organismo, sono ideali:
- la terapia di deprivazione di androgeni od ormonoterapia. Sono cure ormonali che vanno a ridurre il livello di androgeni nell’organismo considerati ad oggi uno dei principali responsabili della moltiplicazione delle cellule cancerogene. In genere, un ricorso tempestivo a questo tipo di terapia fa in modo che la crescita del cancro sia rallentata o addirittura si arresti;
- la chemioterapia è l’ultima spiaggia, prescritta solo per i pazienti che non rispondono ai trattamenti ormonali.
Sono molti i centri oncologici che stanno sperimentando nuove terapie biologiche basate sull’utilizzo di cellule dell’immunità ingegnerizzate che vanno ad aggredire in maniera selettiva quelle malate.
Come prevenire il tumore alla prostata?
Nonostante gli sforzi, non sono ancora state individuate delle tecniche efficaci per la prevenzione del tumore alla prostata.
È possibile, però, intervenire sui fattori di rischio.
Una buona norma è quella di mantenere uno stile di vita sano, che prevede un’attenta alimentazione e un costante esercizio fisico.
Questo include anche un controllo del peso e del consumo di grassi.
Ai fini di una diagnosi precoce, si raccomanda inoltre di sottoporsi a visite urologiche periodiche ed esami del sangue per osservare i livelli di PSA, principale avvisaglia della presenza di questo tipo di tumore.
Dopo i 40 anni di età sono suggeriti screening periodici, specie se si hanno precedenti in famiglia.
La prostata è una ghiandola, delle dimensioni di una noce, che si trova tra il retto e la vescica, includendo direttamente il primo tratto di uretra maschile, quel sottile “tubicino” che porta l’urina verso l’esterno dell’organismo.
La prostata, oltre ad essere parte attiva nella produzione del liquido seminale, secerne costantemente nel sangue anche un particolare tipo di proteina chiamata antigene prostatico specifico (PSA in inglese).
Quando la prostata si ingrossa e i valori di questa proteina nel sangue sono troppo elevati, si può sospettare la presenza di un carcinoma.
Fortunatamente, le neoformazioni prostatiche non sono sempre maligne.
Sono molti, infatti, i casi di formazioni benigne che non richiedono particolari cure.
La prostata è una ghiandola presente solo nel sesso maschile e il tumore alla prostata risulta uno dei più diffusi tra questi individui.
Dati alla mano, si stima che in Italia si verifichino circa 40 mila casi all’anno: tra le etnie più colpite troviamo quelle del Nord America, dell’Europa nord-occidentale (di cui il nostro Paese fa parte), delle isole caraibiche e dell’Australia.
Anche l’anzianità è un fattore di rischio da non sottovalutare.
Il cancro alla prostata resta la tipologia tumorale più diffusa tra i pazienti oltre gli 80 anni.
Il decorso del cancro alla prostata è di norma lento e raramente colpisce aree esterne alla ghiandola con metastasi.
Per questa ragione la persona, assumendo comunque le terapie opportune, può conviverci per molto tempo.
Sono più rari, ma comunque esistenti, i casi in cui il carcinoma è aggressivo, particolarmente maligno e con un decorso rapido perché le cellule tumorali, trasportate dal sangue e dal sistema linfatico, si estendono oltre la ghiandola prostatica, creando metastasi nell’organismo.
Cancro alla prostata: le cause
La medicina moderna è ancora impegnata nell’identificare le cause che portano allo sviluppo di questa particolare tipologia di tumore.
Ad oggi, purtroppo, non è ancora stata individuata una motivazione precisa.
Si presume che possa derivare da mutazioni nel DNA delle cellule che inducono una replicazione disordinata ed incontrollata, finendo per formare masse tumorali, ma le cause di queste mutazioni sono tutt’ora non completamente chiarite.
Studiando attentamente i pazienti affetti, è stato possibile definire una serie di fattori di rischio che contribuiscono ad innalzare le probabilità di sviluppare la malattia:
- Età dell’individuo. Questo tipo di cancro è molto raro nei soggetti con meno di 45 anni. Il numero di malati aumenta proporzionalmente all’avanzare dell’età. Ad ora, la fascia più colpita è quella che va tra i 60 e 70 anni.
- Genetica. I fattori ereditari, tra cui l’appartenenza etnica, aumentano la probabilità di essere affetti dalla patologia. Avere il padre o un fratello che hanno sviluppato questo tumore aumenta il rischio per i soggetti. Allo stesso modo, i gruppi afroamericani risultano statisticamente i più colpiti per una qualche motivazione genetica, ancora poco chiara.
- Dieta. Alcuni studi mostrano come diete troppo ricche di proteine e grassi saturi possono aumentare il rischio di sviluppare cancro alla prostata.
- Obesità e sovrappeso.
Ci sono poi alcune malattie ed infiammazioni della prostata che agiscono sullo stato di salute della ghiandola, aumentando il rischio di trasformazione maligna.
La neoplasia prostatica intraepiteliale è una displasia, il più delle volte lieve ma da controllare periodicamente, in quanto potrebbe evolvere in cancro alla prostata.
Lo stesso accade nei pazienti con atrofia infiammatoria proliferativa, patologia in cui le cellule della prostata sono più piccole del normale.
Le cellule prostatiche possono risultare indebolite anche quando è presente una prostatite, un’infiammazione batterica che può essere molto intensa.
Infine, sono a rischio di cancro alla prostata tutti i soggetti con proliferazione microacinare atipica. Quando cioè il risultato della biopsia è incerto e non si capisce se il tumore è benigno o maligno, va tenuto sotto controllo.
Si ricorda che un ingrossamento della prostata non è per forza sintomo di malignità. Sono molti in casi in cui l’iperplasia prostatica è benigna, e la neoformazione è praticamente innocua.
Cancro alla prostata: i sintomi
Quando il cancro alla prostata è nelle fasi iniziali, la malattia è quasi totalmente asintomatica, sia perché interessa un’area anatomica limitata, sia perché, nella maggior parte dei casi, il suo decorso è molto lento.
Può accadere però (fortunatamente in casi molto rari) che tale tipo di tumore si presenti fin da subito come aggressivo, interessando non solo l’area prostatica, ma spingendosi anche in altre zone dell’organismo con lo sviluppo di metastasi.
Di solito succede quando vengono interessati anche i vasi sanguigni e linfatici che trasportano le cellule tumorali.
I sintomi tipici si classificano in due grandi macrocategorie.
I disturbi della diuresi e dell’eiaculazione includono:
- minzione frequente anche durante le ore notturne;
- incontinenza urinaria;
- minzione dolorosa. La difficoltà e il dolore nella minzione sono dati dal fatto che, ingrossandosi, la ghiandola prostatica occlude una parte dell’uretra;
- difficoltà a mantenere un flusso costante di urina (si ha la sensazione di non svuotare completamente la vescica);
- sangue nelle urine;
- eiaculazione dolorosa;
- disfunzione erettile;
- costante pressione e fastidio all’area pelvica e basso ventre;
Negli stadi più gravi, la malattia evolve interessando scheletro e linfonodi:
- dolore alle ossa, soprattutto quelle del tronco e del bacino (colonna vertebrale, femore, costole, ossa iliache). Nella maggior parte dei casi, il dolore avvertito è direttamente correlato alla presenza di metastasi localizzate;
- quando il tumore comprime il midollo osseo, ci può essere intorpidimento agli arti inferiori, incontinenza urinaria e fecale;
- fratture ossee frequenti anche senza aver subìto traumi importanti.
Alcuni di questi sintomi sono associati anche ai tumori benigno, per questo è sempre necessario consultare uno specialista fin dalle prime avvisaglie.
I controlli di routine sono fondamentali anche perché, spesso, il cancro alla prostata è scoperto accidentalmente quando ci si reca dal medico per indagare l’origine dei sintomi sopracitati.
Tumore alla prostata: la diagnosi
La prevenzione del cancro alla prostata è fondamentale per scongiurare una diagnosi tardiva e per far sì che la malattia rimanga localizzata, abbassando il rischio di incorrere in complicanze più gravi.
A questo scopo, è raccomandato recarsi periodicamente dal proprio medico curante o da uno specialista urologo.
Controlli di routine devono diventare una buona prassi soprattutto per coloro che fanno parte della fascia d’età più a rischio, quella degli over 60. Bloccare la malattia fin dal suo esordio garantisce una prognosi migliore.
La visita inizia con la raccolta dell’anamnesi del soggetto e prosegue con un esame obiettivo svolto dallo specialista, che si preoccuperà di indagare non solo la sintomatologia presente, ma anche la storia clinica passata, in modo da avere una visione a 360 gradi.
Tappa fondamentale del percorso diagnostico è il prelievo sanguigno per il controllo dei valori di PSA che, come abbiamo visto, se troppo elevati possono essere segnale di un’alterazione a livello ghiandolare.
La sua presenza, però, non è specifica per la presenza di un tumore maligno, ma può evidenziare anche la presenza di altre patologie prostatiche come prostatite e ipertrofia prostatica.
Il valore può alzarsi anche in seguito a traumi che coinvolgano la prostata (ad esempio, se si esegue il prelievo dopo essere andati in bicicletta).
Se gli esami del sangue non sono molto chiari o evidenziano valori anomali, il medico può decidere di proseguire con l’indagine, utilizzando tecniche di imaging biomedico.
L’ecografia transrettale digitale (DRE) permette di individuare disturbi a carico della ghiandola prostatica.
Allo stesso modo, una risonanza magnetica contribuisce a fornire un’immagine 3D della ghiandola, evidenziandone le eventuali problematiche.
Una biopsia prostatica, seppure più invasiva, permette di prelevare direttamente una parte del tessuto prostatico malato, per un suo studio istologico.
Grazie a questa tecnica è possibile scoprire se il tumore è benigno o maligno e a che stadio si trova della sua evoluzione.
L’intervento avviene solitamente in ambulatorio in anestesia locale e non richiede ricovero ospedaliero.
Se il tumore è ad uno stadio avanzato e ha creato metastasi, lo specialista può decidere di prescrivere esami che forniscono ulteriori dettagli:
- una RX al torace consente di vedere se il tumore si è già diffuso con metastasi ai polmoni;
- la TAC è la metodica di scelta per indagare la salute dei linfonodi, in particolare quelli pelvici e dell’addome, primi ad essere interessati da tumore alla prostata;
- la scintigrafia ossea offre una visione precisa sulla diffusione del tumore ai tessuti ossei e alle parti molli;
- la PET con colina è un nuovissimo esame, attualmente il più accurato, per evidenziare questo tipo di massa. Viene iniettato nel paziente un radiofarmaco che mette in evidenza le aree anomale.
Un esame approfondito è sempre utile per escludere altre patologie che interessano la prostata ma non sono tumorali.
Un aumento volumetrico della prostata può essere, infatti, associato ad un’iperplasia prostatica benigna – quindi un tumore innocuo della ghiandola – o alla prostatite, un’infiammazione batterica che interessa questo organo.
Cosa succede se con gli esami il medico individua un tumore?
Tutte le volte in cui i risultati delle indagini fanno sospettare la presenza di un tumore, sarà compito del medico cercare di capire la sua natura benigna o maligna.
Viene valutato inoltre il grado del tumore, cioè in che fase esso si trova, se allo stadio iniziale o se ha già formato metastasi.
Si tratta di informazioni fondamentali che influiscono direttamente sul trattamento e sulla prognosi del paziente.
Trattamenti e cure per il tumore alla prostata
I trattamenti previsti per il cancro alla prostata variano in base all’intensità dei sintomi e allo stadio in cui la malattia si trova.
Le più sfruttate per il trattamento del cancro localizzato e allo stadio iniziale includono, come primo step essenziale, un controllo costante dei livelli di PSA nel sangue, tramite prelievo e studio della componente ematica.
Per evitare che la situazione peggiori andando ad invadere tessuti extra-, l’urologo può consigliare al paziente una prostatectomia radicale.
Si tratta di una terapia chirurgica invasiva, che prevede l’asportazione della prostata.
La nuova ingegneria chirurgica offre al paziente un intervento di tipo laparoscopico e robotico, che garantisce tempi di recupero più brevi perché non prevede un accesso diretto dall’addome.
Sono tecniche che riducono al minimo il rischio di incontinenza e disfunzione erettile future.
Questo perché riduce il rischio di danneggiare le strutture circostanti.
Si tratta di un’operazione mirata solo sulle aree da asportare.
Di norma la chirurgia è la via ideale per il trattamento del cancro circoscritto poiché ad essa non devono necessariamente seguire altri trattamenti radiologici e chemioterapici.
Spesso usata in sostituzione alla chirurgia, la brachiterapia consiste nell’impiantare sorgenti radioattive nella prostata.
È un tipo di radioterapia che va ad agire direttamente sull’area lesionata, senza coinvolgere quelle circostanti.
La radioterapia a fasci esterni consiste, invece, nell’irradiazione diretta della prostata.
Le cellule tumorali risultano più sensibili di quelle sane ai raggi X e vengono danneggiate.
Quando il cancro è avanzato e ha già iniziato a diffondersi nell’organismo, sono ideali:
- la terapia di deprivazione di androgeni od ormonoterapia. Sono cure ormonali che vanno a ridurre il livello di androgeni nell’organismo considerati ad oggi uno dei principali responsabili della moltiplicazione delle cellule cancerogene. In genere, un ricorso tempestivo a questo tipo di terapia fa in modo che la crescita del cancro sia rallentata o addirittura si arresti;
- la chemioterapia è l’ultima spiaggia, prescritta solo per i pazienti che non rispondono ai trattamenti ormonali.
Sono molti i centri oncologici che stanno sperimentando nuove terapie biologiche basate sull’utilizzo di cellule dell’immunità ingegnerizzate che vanno ad aggredire in maniera selettiva quelle malate.
Come prevenire il tumore alla prostata?
Nonostante gli sforzi, non sono ancora state individuate delle tecniche efficaci per la prevenzione del tumore alla prostata. È possibile, però, intervenire sui fattori di rischio.
Una buona norma è quella di mantenere uno stile di vita sano, che prevede un’attenta alimentazione e un costante esercizio fisico. Questo include anche un controllo del peso e del consumo di grassi.
Ai fini di una diagnosi precoce, si raccomanda inoltre di sottoporsi a visite urologiche periodiche ed esami del sangue per osservare i livelli di PSA, principale avvisaglia della presenza di questo tipo di tumore.
Dopo i 40 anni di età sono suggeriti screening periodici, specie se si hanno precedenti in famiglia.
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