Una nuova frontiera nella lotta all'Alzheimer: la chiave è nelle sinapsi

Un nuovo processo cellulare potrebbe spiegare la progressiva perdita di memoria associata all’Alzheimer

Un team di ricercatori italiani ha compiuto una scoperta rivoluzionaria che getta nuova luce sui meccanismi molecolari alla base della malattia di Alzheimer. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Embo Reports, ha identificato un nuovo processo cellulare che potrebbe spiegare la progressiva perdita di memoria associata a questa patologia neurodegenerativa.

Enzima Dna-Pkcs

Al centro di questa scoperta si trova l’enzima Dna-Pkcs, una proteina cruciale per la riparazione del DNA all’interno delle cellule nervose. Tuttavia, i ricercatori hanno dimostrato che Dna-Pkcs svolge un ruolo ben più ampio, estendendo la sua influenza alle sinapsi, le intricate connessioni tra i neuroni che permettono la trasmissione delle informazioni.

Il ruolo chiave delle sinapsi

Le sinapsi sono, in sostanza, i punti di contatto tra i neuroni, dove avvengono le comunicazioni chimiche e elettriche che sottendono ogni nostra funzione cognitiva. All’interno di queste strutture altamente specializzate, Dna-Pkcs interagisce con un’altra proteina fondamentale, chiamata Psd-95, che è coinvolta nella formazione e nel consolidamento delle memorie.

Attraverso un processo biochimico noto come fosforilazione, Dna-Pkcs agisce come un attivatore di Psd-95, consentendo a quest’ultima di svolgere efficacemente il suo ruolo. Tuttavia, la presenza della proteina beta-amiloide, tipica delle placche senili caratteristiche dell’Alzheimer, interferisce con questo delicato equilibrio.

La beta-amiloide: un sabotatore molecolare

La beta-amiloide, accumulandosi nel cervello, inibisce l’attività di Dna-Pkcs, impedendogli di fosforilare Psd-95. Di conseguenza, Psd-95 diventa meno efficiente e le sinapsi si indeboliscono progressivamente. Questo processo, ripetuto nel tempo, porta a un deterioramento diffuso delle connessioni neurali, con gravi ripercussioni sulle capacità cognitive.
“È come se la beta-amiloide fosse un sabotatore che danneggia i cavi di un’intera centrale elettrica”, spiega Daniela Merlo, coordinatrice dello studio. “Quando i cavi si danneggiano, l’energia non può fluire liberamente e l’intero sistema va in tilt”.

Nuove prospettive terapeutiche

Questa scoperta apre la strada a nuove e promettenti strategie terapeutiche per contrastare l’Alzheimer. Intervenendo sul meccanismo molecolare identificato dai ricercatori, potrebbe essere possibile rallentare o addirittura arrestare la progressione della malattia.
“Stiamo parlando di un’opportunità senza precedenti”, afferma Enrico Garaci. “Se riusciremo a sviluppare farmaci in grado di ripristinare l’attività di Dna-Pkcs o di proteggere Psd-95 dall’azione della beta-amiloide, potremmo migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti e allungare la loro aspettativa di vita”.

Possibili sviluppi futuri

Sulla base di questi risultati, si aprono diverse prospettive di ricerca:

  • Identificazione di nuovi biomarcatori: La misurazione dei livelli di Dna-Pkcs e Psd-95 potrebbe fornire un nuovo strumento per la diagnosi precoce dell’Alzheimer
  • Sviluppo di farmaci: La progettazione di molecole in grado di modulare l’attività di Dna-Pkcs o di proteggere Psd-95 potrebbe portare alla nascita di nuove terapie
  • Studi su altre malattie neurodegenerative: Questo meccanismo molecolare potrebbe essere coinvolto anche in altre patologie neurodegenerative, aprendo nuove prospettive di ricerca

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