Afghanistan, i talebani all’assalto delle grandi città. Emergency: “A Kabul ogni giorno 25-30 feriti”

Emergency racconta lo scenario di un paese, l’Afganistan, teatro di combattimenti: la capitale Kabul al momento ha registrato solo sporadici attentati, ma i combattenti avanzano negli altri grandi centri

“In vent’anni di conflitto, non era mai accaduto che le milizie talebane assaltassero cinque capoluoghi di provincia contemporaneamente”: così scrive il New York Times, all’indomani di una giornata disastrosa per le forze militari di Kabul: ben tre grandi città del nord sono cadute sotto il controllo dei miliziani mentre altre sono circondate.

Si tratta di Sar-i-Pul, Taliqan e dell’importante snodo commerciale e minerario di Kunduz.

Quest’ultima città conta 270.000 abitanti ed è il punto di passaggio verso i giacimenti minerari più a nord.

Le grandi città dell’Afghanistan al centro di battaglie

Kabul al momento ha registrato solo sporadici attentati nei giorni scorsi, ma la stretta intorno alla sua provincia è sempre più forte: a pochi chilometri dalla capitale, la notte scorsa il gruppo ha attaccato poi la città di Pul-e-Khumri, capoluogo della provincia di Baghlan.

Pesanti combattimenti sarebbero ancora in corso, mentre sempre nella notte le forze governative sarebbero riuscite a respingere l’offensiva contro Aybak, nella provincia di Samangan, che si trova più a nord.

Altre tre grandi città sono invece ancora sotto assedio: Herat, Kandahar e Lashkar-Gah, a sud.

In quest’ultima città, secondo le fonti di stampa internazionale, si è sentita una pesante esplosione provenire dal quartier generale della polizia.

La stampa locale riferisce inoltre della morte di almeno venti civili negli ultimi giorni. I combattimenti si stanno registrando anche a Mazar-e-Sharif, ritenuto un hub commerciale importante verso l’Uzbekistan, tra i cinque Paesi che venerdì scorso hanno preso parte a un vertice d’emergenza a Avaza, in Turkmenistan, assieme a Tagikistan, Kazakistan e Kirghizistan.

Le cinque ex repubbliche sovietiche hanno deciso di fare il punto sulla sicurezza nel Paese vicino, preoccupate per un eventuale ritorno dei talebani al potere.

L’offensiva dei combattenti talebani è ripresa con forza subito dopo l’annuncio – dopo quasi due decenni di presenza nel Paese asiatico – del ritiro delle forze militari statunitensi, in violazione così dell’accordo di pace raggiunto con la Casa Bianca nel 2020.

La stampa internazionale conferma che nelle ultime ore l’aviazione americana ha sostenuto le forze afghane bombardando vari obiettivi e uccidendo un numero imprecisato di combattenti, a meno di un mese dalla smobilitazione completa dei suoi militari dal Paese.

L’amministrazione del presidente Joe Biden, al momento, sembra infatti decisa a portare a termine la conclusione della missione.

AFGHANISTAN, ZANIN (EMERGENCY): “CHI PUÒ LASCIA KABUL, LA SITUAZIONE È GRAVE”

A Kabul sono le tre del pomeriggio quando al telefono risponde Alberto Zanin dal Centro chirurgico per vittime di guerra, dove lavora come coordinatore medico per Emergency.

“La situazione è tranquilla”, riferisce, ma sembrerebbe una calma apparente, dato che intorno alla provincia della capitale proseguono gli scontri tra l’esercito e i combattenti talebani, che dall’uscita delle truppe statunitensi dal Paese avrebbero preso il controllo di circa 200 dei 400 distretti del Paese.

Da alcuni giorni poi è iniziato l’assedio delle principali città: Kunduz è caduta assieme ad altri quattro importanti centri del nord – Takhar, Jowzjan, Sar-e Pol e Nimruz – a cui da poche ore si è aggiunto quello di Aibak, nella provincia settentrionale di Samangan. Sotto assedio anche Mazar-e Sharif, Herat, Kandahar e Lashkar-Gah.

A Kabul, continua Zanin, “da giorni l’esercito sta rafforzando le misure di sicurezza nelle strade, e nonostante questo, alcune autobomba sono riuscite a esplodere proprio nella Green zone, in teoria l’area più sicura”.

L’attacco più grave c’è stato il 3 agosto, quando è fallito l’attentato al ministro della Difesa dell’Afghanistan, Bismillah Mohammadi

Lo staff di Emergency ha accolto 20 feriti e quattro persone già decedute.

Poi, quando cala la sera, “sentiamo il fragore di sporadiche esplosioni- continua Zanin- oppure il rumore dei test dei sistemi antimissilistici delle Ambasciate, che si preparano a respingere eventuali attentati.

Lasciare Kabul- avverte il responsabile- ora è rischioso perché le strade sono insicure, chi ha il denaro si sta procurando visti per partire per il Pakistan o la Turchia”.

Anche l’ong internazionale è stata raggiunta dalla guerra: “Ieri abbiamo dovuto chiudere il centro di primo soccorso di Mayndanshahr- informa Zanin- perché è stato crivellato di colpi.

Lo staff è al sicuro, a casa”.

La città si trova nella provincia di Maidan Wardak, a circa 50 chilometri da Kabul.

Alberto Zanin è in Afghanistan dal 2018, ma come molti oggi si rende conto che la situazione non era così grave neanche vent’anni fa, quando iniziò la guerra tra gli Stati Uniti e i talebani, che costrinse questi ultimi a lasciare il governo di Kabul e portò alla formazione di un’amministrazione provvisoria e all’ingresso di una missione internazionale della Nato.

A preoccupare, ora, è l’aumento dei feriti per “traumi penetranti”, che in gergo tecnico significa feriti di guerra: “A Kabul, ne riceviamo in media 25-30 al giorno a causa dei combattimenti intorno alla capitale: è il doppio rispetto a due mesi fa”.

Nella provincia di Panjshir, dove Emergency gestisce il secondo ospedale, le operazioni di routine sono state sospese per far posto ai feriti: almeno 15 al giorno, il doppio rispetto a prima, “ed è sempre stata una zona tranquilla”, avverte il medico.

Infine, il terzo ospedale di Emergency è a Lashkar-Gah, nel sud, teatro da giorni da una battaglia senza esclusione di colpi: “Non è facile comunicare col nostro staff, ma sappiamo che l’ospedale è integro sebbene la notte scorsa l’esercito abbia bombardato in città”.

Venerdì scorso le forze afghane hanno chiesto alla popolazione di lasciare la città per avere campo libero contro i guerriglieri, ma “non si ha la certezza che tutti siano riusciti a mettersi in salvo”, avverte Zanin.

Dal canto suo, l’ong ha dovuto distribuire un volantino con su scritto “Gli ospedali non sono un obiettivo!” in lingua dari, pashtu e inglese, con allegata una foto aerea della posizione dell’ospedale dall’alto.

Dato il rapido deterioramento della situazione, lo staff di Emergency lascerà il Paese? “No, non abbiamo preso in considerazione questa possibilità“, conclude il responsabile.

Per approfondire:

Sudan, riaperto il centro pediatrico di Emergency a Nyala, nel sud del Darfur

Afghanistan: 7 poliziotte abilitate alle manovre di primo soccorso dai militari italiani

Fonte dell’articolo:

Agenzia Dire

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