Arresto cardiaco: colpiti non solo anziani e cardiopatici, ma anche giovani e sportivi
L’arresto cardiaco riguarda sempre di più anche il settore dello sport. Per contrastarlo servono prevenzione e soccorso tempestivo ed immediato.
Cresce il numero di coloro che muoiono a causa di un arresto cardiaco, tra questi anziani e cardiopatici in primis ma anche giovani e sportivi. Si conta che ogni anno in Italia sono circa 60.000 le persone che vengono colpite da questo fenomeno.
L’arresto cardiaco è indotto nell’85% dei casi da una aritmia maligna (tachicardia o fibrillazione ventricolare) che se non è trattata precocemente con le manovre di rianimazione cardiorespiratoria e, soprattutto, con la defibrillazione elettrica conduce invariabilmente alla morte (98% dei casi). In queste situazioni il cuore in realtà non è fermo, ma le sue contrazioni sono assolutamente inefficaci nel distribuire il sangue nel corpo ed in primo luogo al cervello, l’organo più delicato e sensibile alla carenza di ossigenazione.
La defibrillazione elettrica rappresenta l’unico mezzo a disposizione per interrompere una fibrillazione ventricolare, ma per essere efficace deve essere effettuata nel più breve tempo possibile: 4-6 minuti dall’insorgenza dell’evento.
Ogni minuto trascorso senza un adeguato soccorso comporta la riduzione del 10% delle possibilità di recuperodell’infermo che, a 10 minuti, sono pari allo zero. Questa drammatica tempistica ha determinato la considerazione che, in caso di arresto cardiaco, il primo soccorso (massaggio cardiaco, respirazione boccabocca, defibrillazione elettrica) debba essere prestato dal testimone dell’accaduto stesso (generalmente un non-sanitario o ‘laico’), al fine di mantenere in vita la vittima nell’attesa che sopraggiungano i soccorritoriprofessionisti del 118.
Lo sport, come già accennato, non è esente da un fenomeno così drammatico come l’arresto cardiaco, anche se in realtà ciò che lo determina, generalmente, è una pre-esistente e misconosciuta cardiopatia.
Lo sforzo fisico ha pertanto il ruolo di fattore precipitante in conseguenza del quale l’apparato cardiovascolare cede.
Da un’indagine condotta dalla Fondazione Giorgio Castelli onlus, dedicata al giovane morto a febbraio 2006 per un arresto cardiaco mentre si stava allenando con sua squadra di calcio, i praticanti sport, dilettanti e amatori, che sono deceduti nel Paese in corso di attività sportiva negli ultimi 4 anni, superano ampiamente le 200 unità.
Tali dati sono certamente sottostimati: non esiste, infatti, in Italia un registro che annoti tali decessi (l’unico esistente è attivo in Veneto). In tutti questi casi l’arresto cardiaco ha colpito prevalentemente il sesso maschile dall’adolescenza in poi, l’età media dei soggetti deceduti è pari a 35anni.
Le discipline più interessate dal fenomeno sono rappresentate dal calcio e calcetto, verosimilmente a seguito dell’elevato numero di praticanti, seguito dal ciclismo, jogging, fitness; non vi sono discipline immuni. Il 25% delle morti si è verificato i atleti tesserati per le varie Federazioni e quindi di norma già sottoposti ad accertamento medico ai fini del rilascio dell’idoneità; in questo sottogruppo l’a.c. si è manifestato in egual misura sia nelle gare ufficiali che nel corso delle sedute di allenamento.
Nessuna delle vittime è stata defibrillata entro i 10’, in nessuno dei luoghi ove si sono verificati gli eventi era presente un defibrillatore.
Premesso che il fenomeno a.c. non è eliminabile ci dobbiamo doverosamente chiedere, di fronte a dati di questa entità, come esso sia contenibile. Il percorso da compiere prevede una prevenzione
primaria e una secondaria.
La prima consiste nel rigoroso accertamento medico di idoneità alla pratica sportiva che dovrebbe riguardare tutti coloro che praticano attività ludico-sportiva e che, oltre alle metodiche diagnostiche attualmente eseguite come obbligo di legge, dovrebbe essere utilmente integrato da un ecocardiogramma eseguito almeno una volta nel corso della “vita sportiva”.
Le notizie ottenute andrebbero inserite in un data base, gestito dalla Regione di appartenenza, e consultabile, previa autorizzazione preventiva da tutti i medici sportivi ivi operanti. La Medicina sportiva, eliminate la Medicina scolastica, la visita di leva e la Medicina preventiva universitaria, rimane oggi l’unica in grado di effettuare uno screening di massa sullo stato di salute dei nostri giovani. Filtro che potrebbe fornire una mole enorme di dati epidemiologico-statistici al quale attingere per controllare lo stato di salute di una ampia fascia di popolazione e varare programmi di promozione sanitaria.
La prevenzione secondaria è costituita invece dalla diffusione della Cultura dell’emergenza applicata allo Sport; con questo termine indichiamo l’insieme di conoscenze teoriche ed abilità pratiche che possono consentire al non-sanitario, grazie alla messa in atto del massaggio cardiaco, della respirazione artificiale e dell’utilizzo del defibrillatore, di salvare la vita ad una persona vittima di un arresto cardiaco.
La Fondazione Giorgio Castelli onlus ha lavorato concretamente per la diffusione di questa Cultura, soprattutto nell’ambito dello Sport che come detto si è rivelato particolarmente a rischio per il manifestarsi dell’arresto cardiaco ma siamo solo all’inizio e moltissimo lavoro resta da compiere: le difficoltà nascono dall’approccio, sovente problematico, dei cittadini nei confronti del primo soccorso e dalla vastità del territorio su cui operare. Ma siamo convinti che risultati lusinghieri non mancheranno se le nostre motivazioni continueranno ad essere sostenute dalle istituzioni.
Articolo di: Dott. Vincenzo CASTELLI, Presidente della Fondazione Giorgio Castelli onlus, Medico ospedaliero, Istruttore BLS-D ARES-118, AHA, ERC ALS