Congo, un volontario della Croce Rossa: “Ho sconfitto ebola e ora informo sul coronavirus Covid-19”
Nel Nord Kivu, regione orientale della Repubblica democratica del Congo preda della povertà, delle violenze dei gruppi armati e del virus ebola, da qualche mese si è aggiunta una nuova sfida: la pandemia di Covid-19.
COVID-19 IN CONGO:
Le organizzazioni umanitarie come la Federazione internazionale della Croce Rossa, presente in questi territori da quando nel 2018 è stata proclamata l’epidemia della febbre emorragica, può però contare sulla rete di volontari e strutture già messa in piedi per sensibilizzare le persone sulle norme igienico-sanitarie da rispettare. E alcuni di questi volontari hanno una marcia in più.
Prendete Josué Osée, 47 anni, un insegnante delle scuole superiori residente a Beni.
E’ sopravvissuto a ebola e oggi, attraverso la radio comunitaria, informa le persone su come proteggersi sia da ebola che dal Covid-19. Una “missione” iniziata all’indomani della sua esperienza personale con la malattia.
“Un giorno un nostro collega si ammalò e così ci venne somministrato il vaccino anti-ebola” racconta l’insegnante.
“Iniziai però comunque a stare male, evidentemente avevo già contratto il virus.
Vidi che la morte stava ad aspettarmi“.
Le condizioni di Osée peggiorano rapidamente.
“Ebola non è come le altre malattie” continua l’insegnante: “Ti avvisa. Ogni quarto d’ora che passava sentivo qualcosa cambiare dentro di me.
Così, ho lasciato mia moglie a casa e in moto, da solo, ho raggiunto il centro per il trattamento di ebola”.
Osée capisce che è meglio evitare i contatti con le altre persone, tuttavia una volta raggiunti i medici ed effettuato il test, che confermano la diagnosi, perde le speranze.
“Mi sono reso conto – dice oggi – che non avevo neanche detto addio alla mia famiglia o ai miei amici”.
Osée viene sistemato nel “cubo”, l’unità di isolamento che accoglie i pazienti.
COVID-19 IN CONGO: L’IMPORTANZA DI INFORMARE LA POPOLAZIONE
Qui trascorre due settimane durante le quali vede solo personale in tute anti-contagio, teli di plastica trasparenti che chiudono lo spazio ermeticamente, e medicinali.
“I primi due giorni sono stati i peggiori” ricorda.
“Ho ricevuto però le cure specifiche. A prendersi cura di me, il personale di Alima (una ong specializzata nei servizi medico-sanitari, ndr) e gli psicologi della Croce Rossa, che ci fornivano un supporto fondamentale, dandoci coraggio”.
Questo incontro con la Croce Rossa è fondamentale.
Una volta guarito, l’insegnante torna a casa e dà una grande festa:
“Nessuno riusciva a credere che qualcuno potesse sopravvivere ad ebola”.
In quel momento nel docente nasce “una forte motivazione”.
“Dovevo fare qualcosa” dice Osée: “Sensibilizzare e informare le persone affinché non cadessero preda di questa terribile malattia”.
Inizia così la collaborazione con Croce Rossa e, attraverso l’emittente Rtr, due volte la settimana Osée ha 60 minuti per spiegare quali precauzioni osservare e quali sono i primi sintomi.
“Volevo essere alla portata di tutti e la radio me lo ha permesso” sottolinea l’insegnante-volontario.
Un modo utile anche a superare un certo stigma che colpisce i sopravvissuti: “La gente fatica a credere che tu non sia più contagioso”.
Oggi nel Nord Kivu, focolaio di ebola, la speranza è che l’epidemia si stia fermando: da aprile si sono registrati solo sette nuovi casi.
Ben 2.267 i morti dall’agosto del 2018.
Ma anche il coronavirus fa paura: i contagi confermati sono 2.304 e 66 i decessi, e la regione di Nord Kivu risulta tra le più colpite.
“La gente ha paura e per questo dobbiamo continuare a lottare in prima linea contro questa nuova epidemia e contro tutte quelle che verranno” conclude Osée.
“Troppa gente è già morta per le malattie”.
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