COVID-19, in Sicilia un focus degli psicologi sui sentimenti di personale sanitario e pazienti
“L’apparenza e’ che sia gia’ distante, invece il Coronavirus si porta ancora dietro strascichi importanti ed e’ ora, sotto il profilo psicologico, che possono invece emergere situazioni di disagio fra paure e voglia sfrenata di ricominciare. E fra le persone ancora in prima fila ci sono certamente i sanitari e i pazienti, ancora impegnati giorno dopo giorno nella lotta alla malattia”.
COVID-19, LA RIFLESSIONE DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DI SICILIA
Lo sostiene l’Ordine degli psicologi di Sicilia, che ha voluto sentire gli attori della pandemia per raccontarne alcune delle parti piu’ intime, per vedere da vicino cosa e’ passato e cosa ancora passa dalla mente dei sanitari cosi’ come dei pazienti.
“La cosa che piu’ mi ha messo ansia e preoccupazione – racconta la dottoressa Marianna Perfetto, dirigente medico del reparto di Anestesia e rianimazione dell’ospedale Cervello di Palermo – e’ stata l’attesa legata all’arrivo del primo paziente Covid.
Avevamo paura di non saper gestire la situazione perche’ ancora sconosciuta e insieme di infettarci.
È stato uno stress che siamo riusciti a contrastare con la passione del nostro lavoro.
Parte della paura, nonostante le tante soddisfazioni per i guariti, e’ rimasta.
Qualcuno ha scelto anche di allontanarsi fisicamente dai familiari.
Ecco, sono proprio i legami affettivi ad essere mancati di piu’.
Ma nonostante cio’ siamo riusciti anche in questo, come gli abbracci protetti che siamo riusciti a darci con i colleghi e gli infermieri.
Infine il rapporto con i pazienti, che non hanno avuto modo di guardarci in volto, cosi’ come con quello con i familiari, sentiti solo per telefono.
È stata dura ma ci siamo armati di passione e resilienza”.
COVID-19, GLI PSICOLOGI ASCOLTANO IL TEAM DELL’OSPEDALE CERVELLO
A questo pensiero si e’ unito quello dell’equipe psicologica dell’ospedale Cervello, composta da Rosaria Gambino, Antonio Carollo, Gabriella Cina’, Mariangela Marceca e Francesca Nuccio, che ha lavorato a stretto contatto con i medici, i pazienti ed i loro familiari.
“Relativamente alle narrazioni dei pazienti – raccontano – sono emersi vissuti spazio-temporali di sospensione tra la dimensione del reale e dell’immaginario, angoscia pervasiva legata alla paura di morire e di non rivedere piu’ i propri cari, malinconia per i legami interrotti, quote elevate di natura ansioso-depressiva e manifestazioni post-traumatiche.
Trasversalmente si e’ anche notato un senso considerevole di fiducia nella presa in carico da parte dell’equipe sanitaria.
COVID-19, GLI PSICOLOGI IN DIALOGO CON I FAMIGLIARI
Per i familiari, invece, il vissuto prevalente e’ stato il malessere derivato dall’impossibilita’ di prendersi cura del proprio congiunto, in una dimensione di isolamento che diveniva barriera di confine per l’impossibilita’ di poter mantenere un contatto fisico.
Un lavoro importante e’ stato infine svolto nell’ottica del supporto all’elaborazione del lutto, resa ancor piu’ complessa dalla scomparsa dei rituali di accompagnamento alla morte, imposta dal distanziamento sociale”.
“Come rappresentanti dell’Ordine degli psicologi – conclude il consigliere Calogero Lo Piccolo – siamo convinti che, una volta di piu’ mai con tanta evidenza, i vissuti di chi ha attraversato questa fase acuta della pandemia sono stati molto omogenei, senza grandi distinzioni tra curati e curanti, e che la cura di questi vissuti e’ il compito che ci attende, al di la’ del dato epidemiologico”.
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