Etiopia, le lavoratrici rimpatriate per il COVID-19 non vanno lasciate sole: voli speciali e assistenza
Etiopia e COVID-19. Assistenza sanitaria, psicologica ed economica urgente, con la consegna di una “dignity bag” che contiene beni di prima necessita’, dispositivi di protezione dal Covid-19 e un contributo di 3.000 birr, pari a circa 90 euro. E poi sostegno nella fase di reintegro nelle comunita’ di origine, anche con corsi di formazione.
Sono i cardini del progetto che la ong italiana Comunita’ volontari per il mondo (Cvm) sta mettendo in campo per assistere 649 lavoratrici domestiche etiopi, rimpatriate a fine maggio nel pieno della pandemia da Covid-19.
Ne parla Giampaolo Longhi, capomissione di Cvm in Etiopia e vincitore del Premio volontario internazionale Focsiv 2019.
COVID-19 ED ETIOPIA: L’ANALISI DELL’ONG CVM
“Il governo di Addis Abeba – dice l’operatore – ha messo insieme un comitato interministeriale di urgenza per gestire i rimpatri di lavoratrici etiopi dai Paesi arabi”.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanita’ (Oms), da aprile al 14 giugno sono circa 16.400 le donne che hanno fatto rientro nel Paese, principalmente da Arabia Saudita e Paesi del Golfo.
Il comitato istituito dal primo ministro Abiy Ahmed, insieme con l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim), ha affidato a Cvm l’assistenza di 649 lavoratrici rientrate dal Libano con due voli aerei, il 28 e il 30 maggio.
Secondo Longhi, la situazione libanese e’ una delle piu’ critiche.
“Il lavoro domestico non viene riconosciuto in quanto tale e le donne vengono affidate alle famiglie per le quali lavorano secondo l’antico sistema della ‘kafala’” sottolinea l’operatore: “Sono in sostanza ostaggio dei datori di lavoro”.
LA PANDEMIA HA AGGRAVATO LA CRISI ECONOMICA E SOCIALE IN ATTO
Longhi evidenzia poi che la pandemia di Covid-19 in Libano ha aggravato una crisi economica e sociale gia’ forte.
Abbandonate a loro destino dai datori di lavoro, le difficolta’ vissute dalle donne sono spesso evidenti al loro rientro.
Per questa ragione 18 di loro sono state affidate direttamente alle strutture di Cvm.
Si tratta di donne, specifica Longhi, “che presentavano una vulnerabilita’ particolare sotto il profilo psicologico”.
Le altre migranti sono invece ospitate nelle strutture predisposte per la quarantena, che sta per giungere al termine.
“Ora inizia una fase estremamente delicata” dice il capomissione del Cvm: “Quella del rientro nelle loro comunita’”.
COVID-19 IN ETIOPIA, CVM SEGUIRA’ 220 PERSONE
L’organizzazione seguira’ adesso 220 persone in questo percorso, forte di un’esperienza sul campo maturata in due anni di lavoro e sostegno alle migranti rientrate in Etiopia dal Libano.
“Nel Paese abbiamo in corso un progetto denominato Secure Women Migration Cycle” dice Longhi.
“E’ finanziato dall’Agenzia italiana alla cooperazione allo sviluppo e realizzato in partnership con le Caritas dei due Paesi e il Centro laici italiani per le missioni”.
Il governo etiope ha scelto Cvm anche in virtu’ dei risultati raggiunti con questa iniziativa, che in due anni ha garantito assistenza a 142 donne rimpatriate dal Paese arabo.
“Le sosteniamo in tutte le fasi – sottolinea Longhi – garantendo un percorso di sicurezza e accoglienza tra Libano ed Etiopia grazie al sostegno di Caritas, e supportandole al loro rientro in patria, sia all’arrivo sia nel reintegro all’interno della comunita’”. Cvm e’ parte di Focsiv, Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario.
“Abbiamo anche deciso – dice Longhi – di promuovere con il sindacato locale Cetu la ratifica da parte del governo etiope della Convenzione 189 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) che impone l’introduzione di regole e standard per il settore”.
PER APPROFONDIRE:
COVID-19 E FLUSSI MIGRATORI: THE LANCET RACCONTA IL CASO ETIOPIA