Il mondo racchiuso in un’ambulanza: le storie dei soccorritori dovrebbero sempre essere raccontate
Un articolo, quello del prestigioso quotidiano The Guardian, tra i più gustosi e intelligenti ci siano capitati sotto gli occhi da parecchio tempo in qua.
Perché i soccorritori, le loro storie…raramente le raccontano. Molti preferiscono evitare di esprimere i propri sentimenti dopo i turni di ambulanza, solo alcuni sentono la necessità di aprirsi, in massima parte con i colleghi nel cambio di turno o con i propri familiari. Le politiche delle singole organizzazioni, in materia di privacy e di tutela del “brand” della divisa, agevolano il sorvolare, in tal senso. Sono più che giustificate, ma contemporaneamente un po’ castranti.
Abbiamo ascoltato molte storie di angeli dell’ambulanza, molto diverse tra loro e tutte meriterebbero di essere ascoltate. Perché quando essi saltano a bordo e si comincia ad udire il suono della sirena, non sanno se non di rado davvero cosa potrebbero trovare sul sito di emergenza. I dispatcher cercano sempre di ottenere quante più informazioni possibili, ma esse non sono sempre chiare, dato che chi le fornisce è spesso emozionato, in preda all’agitazione o a volte culturalmente impreparato.
The Guardian ha riportato l’esperienza di un paramedico piuttosto navigato, che esprime i propri vari stati d’animo nelle singole situazioni che si sono accumulate negli anni di spedizione.
Poi c’è qualcuno come un uomo di 46 anni fragile e disabile, che giace nell’oscurità sul pavimento del suo bagno per due ore dopo una caduta che ha bisogno dell’ambulanza ,ma ce n’è un altro che chiama un’ambulanza perché è incredibilmente solo.
Vi suona familiare? Sì, vero?
The Guardian e scenari italiani
Molte volte, poi, le ambulanze sono occupate a causa di motivi che potrebbero essere evitati. Persone che potrebbero semplicemente leggere il bugiardino di un farmaco ma che trovano più comodo e meno faticoso chiamare il 118.
I soccorritori, nel mondo anglosassone come da noi, trascorrono i turni sulle strade, salgono le scale di condomini che non conoscono, e le loro storie sono molte volte ignorate.
Ciò che soprattutto molti sembrano ignorare è che essi dedicano la loro intera vita agli altri. Anche quando sono stati presi a calci o aggrediti, proseguono a dedicare il proprio tempo e le proprie energie al migliorare altre vite. Ecco perché le storie di soccorritori dovrebbero sempre essere raccontate.
Anche se le luci blu lampeggiano, un’ambulanza non smette mai di fornire “cure critiche in luoghi strani”, riferisce The Guardian. I soccorritori, suggerisce quindi il quotidiano, spesso partecipano a una chiamata che si rivela non urgente o addirittura non medica, e la medicina che dispensano di più è in molti casi il buon senso.