Indonesia, COVID-19 colpisce duramente: a preoccupare sono le morti rapide di soggetti asintomatici
COVID-19 sta colpendo duramente l’Indonesia, decimo paese asiatico per numero di casi: secondo i più attuali dati della John Hopkins University Jakarta annovera circa 253mila casi di positività e 9.837 decessi causati da coronavirus.
Il Covid non ha portato con sé solo una crisi sanitaria, ma anche una politica, a causa di decisioni ritenute incoerenti del governo.
La principale delle quali riguarda i funerali pubblici a personalità del governo.
Ma a preoccupare l’Indonesia non sono certo le polemiche politiche, presenti a Jakarta come a Roma come a Madrid e un po’ ovunque, quanto il grande numero di asintomatici e la rapidità con cui il coronavirus passa da manifestazione a morte del paziente in quell’area del mondo.
Come detto, la pandemia non ha risparmiato i membri del governo, e proprio uno di essi è prova evidente di quanto scritto sopra: Selain Saefullah è deceduto il 16 settembre quasi da asintomatico, avendo evidenziato i segni del contagio da COVID-19 solo pochi minuti prima di morire.
E così sta accadendo a numerosi cittadini indonesiani, ahi loro.
COVID-19 IN INDONESIA, COLPITI MOLTI POLITICI
Tra essi Ir Aptripel Tumimomor, governatore della provincia di Sulawesi del sud; il deputato Edward Anthony, della Way Kanan Regency e molti sindaci e funzionari locali.
Negli ultimi giorni sono inoltre risultati positivi l’ex generale Fachrul Razi, ministro degli Affari religiosi, e il prof. Arif Satria, rettore dell’Università di Bogor.
Il governatore di Jakarta, Anies Baswedan, è stato travolto dalle polemiche per la decisione di far portare la salma dello scomparso Saefullah al municipio della capitale, per un ultimo saluto pubblico.
In violazione del protocollo sanitario, che lui stesso aveva promulgato il 14 settembre, che riguardava, oltre a settori del commercio e della vita aggregativa, anche le funzioni funebri.
INDONESIA, DALLE COMUNITA’ RELIGIOSE GRANDE ATTENZIONE AI PROTOCOLLI COVID-19
Paradossalmente, una risposta di grande attenzione al rispetto del protocollo è arrivato dalle comunità religiose: padre Samuel Pangestu, vicario dell’arcidiocesi di Jakarta, ha rimarcato a più riprese ai propri fedeli l’importanza del rispetto delle norme di distanziamento sociale e di utilizzo dei presidi dpi, anche solo per evitare una nuova sospensione delle attività ecclesiastiche.
Le comunità islamiche, per parte loro, hanno rapidamente riorganizzato le modalità dei momenti di raduno.
Per citarne uno la proiezione pubblica del film The Betrayal of the 30 September Movement/Indonesian Communist Party, prevista in questi giorni, è stata trasformata in un raduno virtuale, con proiezione sui cellulari.
Più complessa l’organizzazione di grandi eventi collettivi, come la preghiera khataman (lettura completa del Corano) e la munajat (preghiera a Dio per benedizione e perdono, aiuto e guida), entrambe previste dall’Islamic Defender Front (FPI) per il 30 settembre.
Ma in tal senso la problematica non pare insormontabile: il popolo dell’Islam in svariate parti del mondo ha saputo ripensare in modo efficace le proprie celebrazioni, e così sarà anche in Indonesia.
L’obiettivo di tutti, in quello splendido angolo dell’Asia, è capire come contenere i contagi e salvare più vite umane possibili.
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