L’attività della Croce Rossa in Bosnia e Bielorussia ai tempi del COVID-19
Croce Rossa in Bosnia e Bielorussia. Riapertura delle scuole, svolgimento di manifestazioni pubbliche, mantenimento dei processi politici, accoglienza dei migranti. La pandemia di Covid-19 ha imposto in tutto il mondo un ripensamento delle modalità di svolgimento di molti aspetti della vita civile.
Un precario equilibrio tra gestione dell’emergenza e difesa delle libertà individuali e di comunità che soprattutto in alcune aree del mondo ha generato polarizzazione delle posizioni, tensioni sociali e in alcuni casi veri e propri stalli politici in cui a farne le spese sono stati i più vulnerabili.
Mettendo in luce, ancora una volta, i Principi Neutralità e Imparzialità come valore aggiunto e inalienabile dell’azione umanitaria del movimento della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Croce Rossa, l’esempio della Bielorussia
Come in Bielorussia, dove dal 9 agosto, giorno delle elezioni presidenziali, il paese è attraversato da agitazioni e manifestazioni ad alta tensione con scontri tra partecipanti e autorità, migliaia di feriti e arresti.
Un contesto difficilissimo, in cui la Croce Rossa Bielorussa, proprio grazie alla sua riconosciuta neutralità, ha mantenuto aperto il canale di dialogo con le autorità governative che gli permette di essere l’unica organizzazione nel paese ad avere accesso a detenuti e feriti, fornendo beni di prima necessità, servizi sanitari e di ricongiungimento dei legami familiari.
La consorella bielorussa è anche presente durante le manifestazioni, in cui grazie all’impiego di volontari formati, garantisce primo soccorso e gestione dell’evento.
Un risultato possibile anche grazie all’attività di cooperazione internazionale CRI che da tempo ha iniziato un percorso di formazione tecnica e supporto per i volontari bielorussi.
Lo stallo di Ključ: la Croce Rossa in Bosnia
Altra storia, diversa per contesto ma simile per approccio, è quella del Comitato della Società di Croce Rossa di Bosnia ed Erzegovina della piccola cittadina di Ključ, impegnato nel fornire assistenza umanitaria ai migranti in transito lungo la rotta balcanica.
Un flusso migratorio iniziato all’inizio del 2018 che ha fatto della Bosnia ed Erzegovina il nuovo crocevia d’Europa e di Ključ uno dei suoi snodi principali, per via della sua posizione al confine interno tra le due entità costituenti del paese: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.
A seguito del rifiuto, dettato da esigenze di contenimento della pandemia, delle rispettive autorità locali di accettare nuovi migranti, il lembo di terra all’entrata di Kljuc è diventato un luogo di nessuno, in cui le persone migranti sono lasciate a sé stesse: senza possibilità di continuare il loro viaggio o ottenere alcuna accoglienza.
Nonostante le tensioni e la precarietà in cui sono costretti ad intervenire, i volontari del comitato di Ključ continuano senza sosta ad essere vicino alle persone più in difficoltà.
All’insegna dell’imparzialità e della neutralità, offrono con turni h24 un pasto caldo, cercando di dare sollievo e speranza ai migranti esausti dal lungo e difficile viaggio.
Attività possibili anche grazie al supporto ricevuto dalla Croce Rossa Italiana, pronta a rinnovare il suo impegno in quest’area.
PER APPROFONDIRE:
MISSIONI UMANITARIE, INTERVISTA AD UN’ANESTESISTA DELLA CROCE ROSSA INTERNAZIONALE