Sicurezza, scena del crimine e formazione: quale rapporto fra Polizia Locale e Soccorritori?
Le forze numericamente più grandi nelle città, e soprattutto coloro che per primi intervengono su scene complesse o di incidente stradale, sono ormai due: Polizia Locale e 118. Cerchiamo di capire come questi due Corpi debbano interagire, con una intervista al Dirigente della Polizia Locale di Verona Luigi Altamura
LA SPEZIA – Abbiamo già toccato pochi giorni fa il tema della sicurezza stradale e degli incidenti che attivano le procedure d’indagine per omicidio colposo, quando viene coinvolta un’ambulanza. Ma l’attenzione di Emergency Live su questi temi non si ferma al mero problema giudiziario per il volontario soccorritore autista di ambulanza. Il tema del rapporto con la strada e la sicurezza stradale ha anche molte altre sfaccettature. In particolare il 118 e i volontari del soccorso possono essere un soggetto davvero importante sia dal punto di vista delle indagini che dal punto di vista della gestione della sicurezza di una scena. Durante PM Spezia, il congresso del 4 e 5 aprile scorso, abbiamo avuto la possibilità di interagire con diversi componenti della Polizia Locale italiana. Oggi infatti i due corpi che hanno un numero di operatori sul territorio sempre attivi molto elevati sono proprio la PM e il 118. E capita sempre più spesso che soccorritori sanitari e agenti della Municipale cooperino su scenari anche complessi di incidente stradale. Abbiamo parlato di questo tema, e della situazione innovativa creata dal reato di omicidio stradale, con il Comandante della Polizia Locale di Verona, il dottor Luigi Altamura.
“Sicuramente lo scenario più comune per gli interventi congiunti è quello dell’incidente stradale – spiega Altamura – e PM Spezia è l’occasione per fare il punto su un nuovo reato, molto importante, introdotto nel Codice della Strada. Con l’omicidio stradale infatti abbiamo avuto bisogno di un po’ più di tempo per vedere gli effetti reali di applicazione, perché necessita di qualche mese in più per avere le sentenze, che ad oggi sono molto severe. Non solo dal punto di vista della revoca della patente, ma soprattutto perché sono sentenze che chiedono la reclusione del colpevole per molti anni. Alcune sentenze hanno portato a 9, 10 o 11 anni di pena. Chiaramente l’obiettivo non è quello di infliggere delle pene, ma di alzare l’attenzione sulla strada, ridurre gli incidenti e, soprattutto, ridurre il numeri di morti e feriti. Purtroppo dopo un calo fra il 2010 e il 2014, ultimamente la Polizia Stradale ha rilevato un nuovo aumento dei sinistri, anche se il numero dei morti è calato ancora. Abbiamo un target, cioè ridurre il numero dei morti del 50% entro il 2020, ma dobbiamo lavorare anche sul numero degli incidenti. In particolare c’è la categoria degli utenti a 2 ruote che è molto colpita, anche da incidenti banali che però possono diventare pesanti in termini di conseguenze. Molti motociclisti perdono la vita per mancate precedente, o perché risultano ancora oggi poco visibili. Noi auspichiamo un maggior rispetto delle regole fondamentali della strada, perché queste preservano dalla perdita di vite umane. E bisogna cercare di lavorare insieme su questa strada, non solo come Forze dell’Ordine ma anche come realtà del soccorso e dei media che possono fare campagne preventive di formazione”.
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Proprio il soccorritore è uno degli operatori con cui dovete confrontarvi, che però non ha formazione complementare alla vostra. Come si deve procedere allora sul luogo di un sinistro?
“Oggi bisogna creare maggiore simbiosi fra i corpi che intervengono in caso di incidente stradale. Soprattutto con i mezzi del 118 va creata una strada comune perché sono i primi ad intervenrie in caso di incidente stradale. La simbiosi fra le diverse realtà è importante perché per noi Agenti la scena di un sinistro è la scena di un crimine. Chiunque arrivi per primo deve ricordarsi com’è, deve segnalare qualsiasi modifica. Le modifiche non segnalate possono portare ad un inquinamento, quindi lavorare insieme senza perdere fonti di prova è importante anche per il 118, che comunque ha un punto di vista principale che è quello di salvare vite alle persone. In questi frangenti avere percorsi formativi congiunti, che si possono organizzare in simbiosi, aiuterebbe ad avere una formazione adeguata.
La scena di un soccorso può però anche diventare pericolosa per il soccorritore. Cosa fare sul tema dell’autodifesa?
“Anche in questo caso il problema è la formazione: servono percorsi di aggiornamento condiviso, servono azioni congiunte, perché oggi il soccorritore e gli agenti hanno di fronte una marea di persone alterate in condizioni psico-fisiche non idonee. Non sto parlando solo di persone con livelli alcolemici elevati, ma soprattutto di persone che hanno assunto o sono sotto l’effetto di droghe, e che quindi perdono totalmente il controllo. Chi per primo arriva su una scena, deve capire come gestire il soggetto problematico, fino al momento in cui non arrivano altri equipaggi. Anche su questo tema è auspicabile lavorare insieme, craendo percorsi formativi in simbiosi. Sto pensando in particolare alla formazione dei soccorritori volontari, perché spesso prestano il proprio servizio in maniera gratuita e – oltre al rischio di farsi del male – corrono il rischio di compromettere le prestazioni e la sicurezza di chi ha una professionalità più elevata”.