Soccorritori alla sbarra: quando il paziente muore
Soccorritori nell’occhio del ciclone per errori nelle procedure e omissioni che avrebbero portato alla morte del paziente. Le cronache abbondano di casi, nei quali l’opinione pubblica si erge a giudice prima che la magistratura evidenzi e persegua eventuali responsabilità. Una situazione che mette grandi pressioni sulla categoria, chiamata a intervenire in situazioni drammatiche che mettono a repentaglio la vita dei cittadini e sottoposta, per questo, a forti dosi di stress. Una combinazione di fattori che possono pregiudicare l’efficacia dei team di soccorso.
Due storie catalizzano l’attenzione dei media nelle ultime ore: in Gran Bretagna, un soccorritore è sotto processo dopo che è stato accusato di non aver seguito correttamente i protocolli su una bambina di 7 anni in arresto cardiaco per un attacco d’asma. La bimba era collassata nelle prime ore del mattino e la madre ha allertato telefonicamente i soccorsi, giunti 8 minuti dopo sul luogo del malore. Il soccorritore, trovata la bimba esanime, pallida, con le labbra blu, ha iniziato le manovre di CPR, proseguite per circa 10 minuti, salvo poi interromperle sostenendo che non si poteva fare nulla per rianimarla. L’equipaggio dell’ambulanza, giunto poco dopo, ha testimoniato davanti alla corte, evidenziando come il protocollo, specialmente per i bambini, indica che massaggio cardiaco e ventilazione devono essere protratti fino all’arrivo in ospedale.
In Italia, tre medici a giudizio per la morte di Piermario Morosini, colpito da infarto durante una partita di calcio Pescara – Livorno. Secondo l’accusa il medico sociale del Pescara, quello del Livorno e il collega del 118 presente avrebbero dovuto usare il defibrillatore automatico presente allo stadio, per dare più chance di sopravvivenza allo sfortunato calciatore, poi deceduto. Secondo la perizia presentata dal Gup “ciascuno dei medici intervenuti è chiamato a detenere, nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi-automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell’influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso”. Sulla base di questa perizia il giudice ha deciso di persguire i tre per omicidio colposo. Due storie drammatiche, che hanno visto intrecciarsi più piani emotivi e che ci hanno restituito due giovani vittime e tanti interrogativi. Nelle quali i soccorritori, loro malgrado, sono i protagonisti in negativo.