Genova, quando le innovazioni e le competenze funzionano: analisi della risposta alla maxi emergenza del Ponte Morandi

Intervista sul crollo del Ponte Morandi e sulla velocità nell'attivazione del servizio tramite il 112, con il direttore del 118 Liguria Francesco Bermano

Il moncone del ponte Morandi a Genova

GENOVA – Alcuni avevano il pensiero dei propri cari che percorrono due volte al giorno il ponte Morandi. Alcuni invece quel maledetto ponte lo avevano percorso pochi minuti prima del crollo, e all’arrivo in Pronto Soccorso hanno dovuto affrontare, oltre all’emergenza, il fantasma di uno sliding doors che li ha voluti presenti fra i soccorritori e non fra i sopravvissuti o le vittime. I primissimi minuti dopo il crollo del viadotto autostradale sopra il Polcevra sono emblematici della forza e dell’organizzazione dei servizi di Emergenza della Liguria. Mentre l’organizzazione fa il suo corso e permette di far giungere sul posto Vigili del Fuoco, Polizia di Stato, soccorritori volontari ed equipaggi avanzati in meno di 7 minuti, gli uomini e le donne metabolizzano ed affrontano una tragedia che avrebbe potuto toccare molti di essi, che quel ponte lo hanno vissuto per anni, come tutti i genovesi. Per capire però come uomini e tecnologie hanno reso possibile un’operazione di soccorso così rapida e così imponente è necessario parlare con i tecnici, in particolare con il direttore sanitario del 118 Liguria, il dottor Francesco Bermano.

I primi soccorsi sul ponte

“La partecipazione emotiva – spiega il direttore mentre sta per chiudere la fase emegenziale a livello sanitario – è stata altissima e grave. Per questo abbiamo attivato diversi percorsi psicologici”. Ma non bisogna dimenticare che questa emotività non ha intaccato la parte operativa, e neppure dimenticare a cosa sono serviti gli aggiornamenti tecnologici che hanno portato – anche in Liguria – il NUE112″.

Come sono stati i tempi e le modalità di attivazione, tramite il NUE112?
“Abbiamo ricevuto la prima chiamata alla CUR alle 11.37 del 14 agosto 2018 (meno di un minuto dopo l’orario ufficiale del crollo ndr) e abbiamo avuto tante chiamate. Devo dire che il NUE112 è servito perché solo per il ponte sono arrivate nella prima ora più di 82 chiamate. Abbiamo avuto quindi alle 11.38 l’attivazione immediata di tutta la Liguria in contemporanea sia per le strutture che fanno capo all’Alisa (l’azienda sanitaria ligure ndr) che per la dirigenza regione ligure. L’allerta immediata ha incluso ovviamente anche Vigili del Fuoco e Polizia di Stato. E’ partito subito il PEIMAF in particolare per il San Martino, ma non è servito per il salvataggio di feriti e pazienti. Nonostante la dinamica ci abbia fatto sospettare più di qualche centinaio di coinvolti, le persone in totale che sono rimaste ferite o uccise nel crollo sono state 60. Sarebbe bastata una coda, o un pullman, per avere una dinamica peggiore. Il PEIMAF però ci ha permesso di individuare un luogo unico per il recupero e il riconoscimento delle salme, e questo è stato un aspetto importante per tutto quello che riguarda il seguito dei familiari a livello psicologico”.

Nel centro VVF SAF e USAR il lavoro speciale è stato sostenuto dai sanitari, con il puntuale rispetto dei ruoli

Quale dislocazione di equipaggi c’è stata nell’immediato e che risposta avete avuto dagli equipaggi?
Abbiamo inviato subito 30 ambulanze, 90 soccorritori, 6 automediche con medico, infermiere e autista, e un settimo medico è arrivato perché era già in zona. Un’ulteriore unità sanitaria è stata garantita dal Drago dei Vigili del Fuoco, immediatamente sul posto. Con così tante risorse per il crollo del Morandi, abbiamo spostato poi una automedica da Savona su Bolzaneto NO Voltri ed un mezzo avanzato invece dal Tigullio per coprire Recco e il Levante genovese. Comunque su Genova potevamo garantire l’assistenza sanitaria grazie a tre mezzi ASL con medico e infermiere, oltre alle ambulanze. In sintesi, sul luogo dell’incidente abbiamo portato nell’arco dei 7 minuti 8 medici e 7 infermieri nonostante le condizioni meteo improvvide: pioveva molto, i telefoni sono andati subito fuori uso perché si sono bagnati e perché c’è stata saturazione sulla cella. Abbiamo quindi subito sfruttato il nostro sistema radio che abbiamo rinnovato poco tempo fa e che ha a disposizione 3 frequenze di comunicazione più l’isofrequenza locale ed una frequenza regionale. Mentre accadeva tutto ciò è partito il PMA con altri due medici, un infermiere, un operatore tecnico e il sostegno del volontariato. Anche il PMA è partito immediatamente e siamo riusciti a gestire tutti i 15 feriti con il personale del 118. Vista la preponderanza delle risorse in campo rispetto ai feriti effettivamente estratti e trattati, non è stato necessario applicare protocolli di triage da maxi emergenza. Sono stati trattati in 15 in meno di 60 minuti da 10 equipe avanzate. Devo dire che dal punto di vista logistico ci è stato di grande aiuto il tempestivo intervento della Polizia di Stato, non solo sul Ponte Morandi ma anche sulla viabilità ordinaria. L’accesso ai due lati del ponte c’era e la collaborazione è stata ottimale sotto tutti i punti di vista.

E’ soddisfatto dei tempi di intervento?
Si, se pensiamo alla tipologia di disastro e al fatto che in pochi minuti abbiamo dislocato 10 medici. In ambito metropolitano avevamo subito due elicotteri attivi, ma purtroppo abbiamo dovuto fare i conti con la tipologia di disastro che è avvenuto. Un’auto, che peraltro stava già viaggiando ad una data velocità, che cade per 40 metri, con l’accelerazione di gravità sfiora una velocità vicina ai 200 chilometri all’ora. Inoltre abbiamo lavorato perfettamente con  i Vigili del Fuoco, eravamo a loro disposizione e seguivamo passo passo l’attività di recupero. Il salvataggio in area non sicuro è competenza loro, noi abbiamo solo preso in carico, e quando siamo arrivati sul posto siamo arrivati con i Vigili del Fuoco che hanno la centrale a un chilometro e mezzo. E’ stato molto utile anche avere l’elicottero attivato immediatamente.

Come state gestendo l’attività post disastro a livello psicologico?
Ovviamente c’è un seguito organizzato per i parenti delle vittime. Ora che le macerie sono ancora sul Polcevra, è finita la fase delle emergenze sanitarie ma abbiamo tenuto aperto il punto avanzato per il supporto ai soccorritori e ai Vigili del Fuoco. Sul discorso psicologico invece abbiamo lavorato con la dottoressa Dentone, che collabora con il 118 Liguria da anni, ed ha un gruppo di psicologi dell’emergenza con cui abbiamo preparato parecchie esercitazioni di maxi-emergenza. La loro attivazione è stata rapida, forse in tempo reale perché anche loro hanno avuto notizia del disastro e si sono resi disponibili. Purtroppo a Genova avevamo già  imparato molto dall’esperienza della Torre Piloti, crollata nel 2013. Quella tragedia ci ha fatto capire quanto è difficile e da tutelare il percorso del lutto, soprattutto se ci vuole tempo per tirare fuori le vittime dal crollo. I parenti e i famigliari o gli amici che aspettano di sapere qualcosa hanno bisogno di essere trattati con estrema delicatezza e sensibilità. Con la torre piloti ci abbiamo messo 10 giorni a tirare fuori l’ultima vittima e l’esperienza lavorativa che abbiamo maturato è rimasta molto forte nelle nostre competenze. La disponibilità del servizio psicologico è stata immediata e, come avrà capito, nel caso del Morandi – rispetto alla situazione della torre piloti – anche l’aspetto del supporto al personale è molto importante.

Cosa ritiene sia stato fondamentale in questa tragedia?

E’ fondamentale il collegamento con le direzioni sanitarie regionali ed extra-regionali. Il San Martino ha messo a disposizione un’area con 55 posti per i deceduti nel giro di poche ore,e poter concentrare le vittime in una sola zona è indispensabile in queste situazioni. Nell’area metropolitana è un disagio avere vittime in diversi ospedali. Creare subito il collegamento con il CCS della Prefettura, con un uomo del 118 sempre presente ci ha dato una rapida contezza della situazione. Poi non voglio dimenticare il collegamento con la CROSS che ci ha permesso, ancora prima di sapere quante persone erano state coinvolte, di sapere quanti posti letto di terapia intensiva e di elicotteri sanitari uori regione erano disponibili per noi.

Il Dipartimento Protezione Civile ha attivato subito la CROSS di Torino. Il collega dell’elisoccorso di Torino, Dr. Roberto Vacca,  era a disposizione subito, l’Emilia Romagna ha messo a disposizione 56 posti letto e il suo elicottero. Una disponibilità di questo tipo non è stata usata ma era sacrosanta ed è bello sapere che la macchina organizzativa può dare questo tipo di vantaggi. Anche se non abbiamo attivato queste risorse preziose ancora una volta il sistema della Protezione Civile ha dimostrato di essere eccezionale, e di essere necessario perché si metta in atto tutte le volte che serve. Non è poco, per affrontare una maxi-emergenza, sapere che se servono delle risorse extra-regionali ce le hai certificate e disponibili subito.

L’altro aspetto che ci tengo a sottolineare perché è stato faticoso ma importante da garantire è il presidio medico attivato fino al 21 agosto. Non era un presidio di assistenza alle vittime ma a un importante presidio di assistenza al personale che lavora al massimo delle proprie capacità per estrarre i corpi delle vittime e liberare il Polcevera dalle macerie. Un presidio a sostegno dei soccorritori è fondamentale e l’abbiamo messo in piedi con i 118 di Spezia, Tigullio Savona e Imperia. Una collaborazione totale. Noi qui in Liguria siamo un dipartimento interaziendale e ho la possibilità di richiedere personale tecnico e infermieristico e di inviarlo dove serve. E’ stato un vantaggio poter gestire con questa autonomia  un sistema integrato il supporto sanitario al personale operativo. Infine vorrei fare un’ultimo cenno all’organizzazione dei Funerali Solenni che ci hanno chiesto un ulteriore sforzo per garantire tutta l’assistenza sanitaria e psicologica necessaria. Davanti ad una concentrazione di autorità così elevata ai funerali, che hanno comportato una presenza locale con più di 10 mila persone, abbiamo dovuto organizzare un’assistenza per l’area della camera ardente con due PMA fissi con medico e infermiere, due squadre di medici di emergenza in collaborazione ALS, 12 supporti psicologici nella zona, 24 squadre di soccorritori appiedati, 4 ambulanze base e 84 soccorritori volontari sul campo”.

 

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