Anedonia : come si contrae il male del soccorritore?
L’incapacità di provare piacere si chiama anedonia, è una parola antica per un male molto moderno. Cosa influenza questa condizione? Perché questo disturbo dell’umore colpisce spesso medici, infermieri, soccorritori e tecnici dell’emergenza? Significato e analisi di una malattia che può nascondere problematiche più profonde, da valutare con un professionista.
Definizione di anedonia
E’ stato anche definito il male del soccorritore. Si chiama anedonia, ed è, in psicologia e psichiatria, come la non capacità, totale o parziale, di provare piacere, appagamento o soddisfazione. In particolare questa apatia è legata a consuete attività che per tutti sono piacevoli come dormire, riposare, mangiare, avere rapporti sessuali, discussioni conviviali e contatti sociali. L’anedonia è considerata un sintomo, non propriamente una malattia. Può indicare alcuni disturbi che scaturiscono da malattie mentali profonde. Le più diffuse a cui si può risalire constatando lo stato di anedonia sono la depressione, le psicosi croniche, i disturbi della personalità. Nel settore del soccorso e del mondo sanitario la forma di anedonia più diffusa è quella definita come “sociale”. E’ quel caso in cui il disinteresse del paziente è mirato ai soli rapporti interpersonali. Il sintomo dell’anedonia si definisce invece “fisico” quando riguarda vero e proprio disinteresse per emozioni sensoriali come il gusto per il buon cibo, l’apprezzamento del sesso e dell’attività sessuale, e un generale disinteresse verso le emozioni come la gioia, l’allegria generalizzata, i festeggiamenti, oppure i loro contrari. Un tipo di anedonia è detta anedonia sessuale e sta ad indicare l’incapacità di raggiungere l’orgasmo nell’atto sessuale, o di non percepirlo come azione fisica piacevole.
Esiste una terapia per l’anedonia?
Le terapie che la medicina ha individuato nel tempo per l’anedonia sono pressoché identiche a quelle utilizzate per la cura della depressione e dei disturbi di natura psicologica. E’ molto importante effettuare un confronto con uno psicologo, con uno specialista psichiatrico attraverso sedute ed incontri. E’ molto importante instaurare un dialogo e, quando necessario, arrivare al supporto farmacologico. Quest’ultimo potrebbe diminuire la negatività derivata dal disturbo anedonico e sostenere il percorso psicologico per la guarigione. E’ importante ricordarsi che l’anedonia non è una vera e propria patologia a sé stante. Questo sintomo è sempre accompagnata da disturbi della personalità, che vengono peggiorati o resi più evidenti da questo sintomo. Una buona cura avviene nel momento in cui lo specialista capisce la fonte da cui parte questa patologia. Risalendo al problema principale è possibile curare l’anedonia al meglio.
Significativa nella diagnosi della schizofrenia e di alcuni disturbi di personalità, l’anedonia non è però di per sè segnale di queste patologie. E’ necessario sempre trovare un percorso di cura adeguato, ma soprattutto cercare di arrivare a individuare una serie di soggetti – fra i quali ovviamente lo psicologo – capaci di supportare il paziente nella cura dalla patologia.
Perché l’anedonia è più frequente nei soccorritori?
Uno dei motivi per cui l’anedonia insorge è solitamente la depressione, o un disturbo della personalità. Queste malattie possono insorgere anche a seguito di stress molto forti, o situazioni di post-traumatic stress disorder. Il soccorritore infatti ha reazioni psico-emotive molto forti quando “impatta” con uno scenario di emergenza, ed anche se è preparato ad affrontare le situazioni peggiori, l’aspetto psicologico è sempre da considerare come stressante. Il soccorritore vive, interiorizza ed elabora con le sue risorse psichiche l’ansia, il panico, l’impotenza, l’inquietudine, la rabbia, l’angoscia e la tristezza di una situazione critica. In alcuni casi la visione dell’emergenza può essere così grande da far restare il soccorritore come imbambolato, immobilizzato dinnanzi al disastro. Dal “panico” subito dopo arriva la necessità di applicare le conoscenze, quindi lo stress organizzativo, fattuale ed empatico nell’azione di soccorso. Inoltre ci sono da valutare gli impatti delle situazioni personali e delle risultanze dell’intervento.
Quando è necessario fare attenzione all’anedonia?
Sempre. In realtà quando si iniziano ad avere i segnali che qualcosa non va, è necessario rivolgersi a un professionista. Prima di tutto, al terime di ogni missione, è necessario ripristinare il normale funzionamento sociale dell’essere umano. Prima della ripresa della routine quotidiana, è fondamentale riassestare l’equilibrio con il relax e la condivisione. I malesseri psicologici e fisici provati dovrebbero essere superati grazie ad un ripristino graduale della quotidianità. Fra le patologie che potremmo collegare all’anedonia ci sono per esempio i disturbi del sonno, i disturbi cognitivi, quelli psico-motori, e diverse emozioni comportamentali che vanno tenuti sotto controllo. L’anedonia è uno dei fattori scatenanti del PTSD e quindi è necessario avere coscienza che in questi casi serve indagare meglio come mai l’insorgenza del problema è avvenuta.
- disturbi d’ansia e bipolari;
- disturbi del sonno;
- agitazione psico-motoria;
- disturbi cognitivi;
- disturbi comportamentali;
- sensi di colpa;
- irrequietezza;
- mortificazione;
- demoralizzazione;
- delusione;
- inquietudine;
- angoscia;
- frustrazione;
- suscettibilità;
- crisi depressive;
- tossicomanie;
- tabagismo;
- anedonia
- abulia;
- deliri;
- disturbi dissociativi.
Qual’è il ruolo dei familiari e dei colleghi in caso di anedonia?
Il primo ruolo fondamentale nella cura dell’anedonia è svolto sicuramente dai familiari, dai parenti, dai colleghi sul posto di lavoro. Il notare un determinato atteggiamento deve spingere la piccola comunità a parlare, a discutere, ad un confronto che spinga la persona in difficoltà a rivolgersi ad un professionista.
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