Autista soccorritore e volontariato, ANPAS: "Insieme si può trovare l'equilibrio giusto"
MILANO – Il Disegno di legge per istituire il percorso dell’autista soccorritore presentato alla Commissione Sanità del Senato dal siciliano Gaspare Marinello ha scosso profondamente il settore del 118. L’idea infatti di avere una formazione parificabile a quella di un OSS, ma con 400 ore di prove pratiche alla guida, ha infatti scatenato un forte dibattito. L’idea di base piace a tutti: maggiore formazione per l’autista soccorritore significa anche maggiore sicurezza e qualità dei trasporti.
E nessuno si pone contro ad una riforma che ormai è fondamentale. Nemmeno il volontariato, che anzi da tempo sta portando avanti, insieme a diverse istituzioni regionali dell’emergenza-urgenza, miglioramenti nei percorsi formativi e nelle attività di re-training.
“La formazione è una cosa sacrosanta – ha spiegato ad Emergency Live il presidente nazionale di ANPAS Fabrizio Pregliasco – e crediamo fortemente che sia una delle colonne fondative del buon volontariato. Bisogna pensare però ad una formazione che abbia criteri accettabili sia da parte dei professionisti che da parte dei volontari, che possono seguire percorsi pensati in modo condiviso”.
Il Disegno di Legge di Marinello (M5S) non ha avuto nessuna condivisione con il mondo del volontariato (e neppure con il mondo dei professionisti, a quanto risulta alla nostra redazione ndr). Questo significa che più di 300.000 volontari impiegati nel settore del 118 non sono stati sentiti, per estendere questa proposta.
“Speriamo si possa discutere insieme da questo punto in avanti – spiega Pregliasco – perché il nostro movimento, il volontariato, è un mattone importante dei sistemi di emergenza-urgenza in Italia. Anpas, gli amici delle Misericordie e quelli di Croce Rossa Italiana, rappresentano insieme tanti soccorritori che seguono percorsi formativi già concordati, non solo per operare in ambulanza ma anche per diventarne autisti. Ci sono dei percorsi dedicati in ogni realtà e troviamo giusto pensare ad una uniformità, guardando alle differenze fra autisti soccorritori volontari e autisti soccorritori professionisti“.
Non si può però pensare che – da domani – in ambulanza possano esserci solo professionisti. Da un lato perché sarebbe una spesa insostenibile per il Sistema Sanitario Nazionale (oggi, drammaticamente, alle prese con una mancanza di medici mai vista prima ndr), dall’altro perché il volontariato non è soltanto un supporto per chi sta male, rappresenta un emblema della comunità e uno specchio di quello che un territorio è capace di esprimere.
“Ovviamente le associazioni di volontariato sono un tassello del territorio in cui vivono, che serve per dare alla comunità servizi ma soprattutto appartenenza e un senso di impegno civile che distribuisce benefici per tutti. Ma questo non vuol dire che il volontario può operare senza ricevere la corretta formazione. Esistono già percorsi in cui ottenere certificazioni abilitanti per il 118, della durata di diverse ore. E a fianco del 118 è sempre più presente anche l’attività di protezione civile.
Questa commistione ci permette di garantire – in caso di necessità – tantissime persone attive per il prossimo e per ridurre le conseguenze di un disastro. Chi vuole dare alla realtà in cui abita il proprio tempo e parte del proprio impegno deve sempre seguire percorsi codificati, studiati da sanitari e approvati dalle strutture del 118. Sarebbe impensabile il contrario”.
Porre però all’ingresso dei volontari una formazione così grande rischia di diventare un argine problematico, sicuramente per il volontariato ma – forse – anche per il professionismo. “Anche perché ANPAS, così come le altre sigle del volontariato, fanno uso dei professionisti per molte attività. Noi non vogliamo che si creino divisioni o limitazioni, perché rischieremmo di perdere la spinta del volontariato che invece dobbiamo coltivare e mettere a frutto nel migliore dei modi possibili. Altrimenti il rischio lo corre la collettività stessa, che non avrebbe una copertura di mezzi così estesa come è oggi, proprio grazie ai sacrifici e all’impegno dei volontari e delle associazioni”.
Insomma, il percorso per mettere d’accordo associazioni di volontariato, autisti soccorritori e 118 è ancora all’inizio, ma ci sono dei presupporti importanti. Arrivare ad una codifica del percorso giusto per salire in ambulanza come autista soccorritore è sicuramente solo una questione di tempo. E di confronto: senza paraocchi, senza paure e soprattutto pensando sempre al bene del paziente. Intanto non possiamo che lodare le iniziative di chi, con impegno, cerca di spingere sulla sicurezza e su attività di formazione per guidare al meglio in ogni condizione.